Il
nuovo signore di Milano impressionò tutta Italia per la sua spregiudicatezza
nell'eliminare Bernabò, zio e suocero,
e nel disperdere i figli del vecchio tiranno, che erano una trentina tra
legittimi ed illegittimi. Galeazzo Visconti seppe presentare all'opinione
pubblica una sua difesa altrettanto spregiudicata, mostrando che Bernabò
stava tramando contro di lui e contro i suoi figli. Gian
Galeazzo non era un uomo d'armi e non guidò mai un esercito;
però era fornito di immense ricchezze ed aveva al suo servizio i
migliori condottieri del tempo, sapendoli muovere al tempo giusto, con tutti
gli accorgimenti della politica. Fu un lavoratore instancabile, sollecito
del benessere pubblico e di una amministrazione bene ordinata ed economa,
sorretto da buona intelligenza al servizio di ambizioni personali. Tentò
di costruire in Lombardia uno Stato moderno, favorendo autonomie locali.
Tenne una splendida corte; iniziò la costruzione del duomo di Milano
e della Certosa di Pavia che sono monumenti insigni dell'arte gotica e del
Rinascimento; raccolse da ogni parte statue antiche, codici preziosi, dipinti
pregevoli, ed ebbe la singolare passione della raccolta delle reliquie dei
santi. Si sposò due volte: la prima con Isabella di Valois
di Francia da cui nacque Valentina; la seconda volta con Caterina Visconti,
figlia di Bernabò da cui nacquero Giovanni
Maria e Filippo Maria. Un capolavoro della
sua politica fu l'amicizia e l'alleanza con il re di Francia, Carlo VI°,
promettendo al fratello del re la figlia Valentina come sposa fin dal 1387.
Difatti avvenne il matrimonio con Luigi d'Orleans, fratello del re, e la
sposa portò in dote oro e argento da stupire tutta la corte di Francia,
inoltre anche la città ed il territorio di Asti, aggiungendo il diritto
di successione a Milano in mancanza di eredi maschi. Tra il 1395 ed
il 1396, per dare maggior solidità al proprio dominio all'interno
e all'esterno della Lombardia, aveva acquistato dall'imperatore Venceslao
il titolo di duca di Milano e conte di Pavia, cioè il riconoscimento
ufficiale del potere effettivo su quasi tutta la Lombardia: ed è
il primo esempio del genere, con una solenne festa dell'incoronazione avvenuta
in sant'Ambrogio
il 5 settembre 1395 per mezzo di un delegato imperiale. Il territorio milanese
era così uno stato secondo la legge e legato al Sacro Romano Impero,
e Gian Galeazzo divenne vassallo dell'imperatore.
Da allora nello stemma ducale apparve l'aquila imperiale. La sua politica
estera contemplò l'amicizia con Venezia per poter avere mano libera
su Vicenza e Verona, minacciando anche Mantova. Poco dopo si mosse contro
la potenza di Firenze: occupò la Lunigiana prendendo Pisa, Siena,
Perugia, Assisi, Spoleto. E finalmente marciò contro Bologna per
isolare completamente Firenze; ed il suo generale, Jacopo dal Verme, entrò
nella metropoli bolognese il giugno 1402. Tutti avevano l'impressione che
Gian Galeazzo occupasse l'Italia intera. Gian
Galeazzo infatti si preparava al regno d'Italia e a cingere la corona.
Atti amministrativi di Gian
Galeazzo per Melegnano
Con un editto del 16 febbraio
1386 steso a Melegnano, il duca ordinò che nessuno dovesse andare
nei boschi delle cacce riservate alla corte che erano in Melegnano, in
Pandino e in Sant'Angelo Lodigiano. Con un'ordinanza del 1393 stabilì
che fosse il suo vicario in Melegnano a giudicare le cause giudiziarie
civili e penali. Nella primavera del 1394 permise che la contessa sua moglie
inviasse a Melegnano il nobile Giovanni da Casate per la custodia dei suoi
figli. Un ricco melegnanese, amico del duca, Stefano de Bruxatis, fece
una donazione di un terreno alla corte ducale nell'anno 1396. E durante
il 1400 gli amministratori dei beni del duca, per suggerimento della moglie,
vendettero i terreni nella zona di Colturano, dai quali prima si ricavavano
alcuni affitti. |