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Figlio di Gian Galeazzo Visconti
e fratello di Giovanni Maria, prima conte di Pavia dal 1402, diventa terzo
Duca di Milano nel 1412, dopo aver sconfitto Estorre figlio di Bernabò,
acclamato Signore di Milano dai suoi accoliti, dopo l'assassinio di Giovanni
Maria Visconti. Sposò Beatrice Balbo Lascaris contessa di Tenda
già moglie di Facino Cane e, in seconde nozze Maria di Savoia; ebbe
due figlie da Agnese del Maino: Bianca Maria che sposò Francesco
Sforza e Caterina o Lucia.
Così ne parla Paolo Giovio: "Morto
che fu Giovan Maria, e in quel medesimo giorno ancora morendo Facino, Filippo
il quale simile ad un prigioniero ed incerto della salute sua nella rocca
di Pavia aspettava l'ultima furia della contraria fortuna, sollevato dall'improvviso
beneficio di Facino già suo nimico, ripigliò animo confortandolo
i capitani di Facino a non dubbia speranza di riaver lo Stato i quali riputandosi
a vergogna mancare della fede data nell'ultima volontà al loro capitano
quando ei moriva, siccome soldati che essi erano, cercavano ancora occasione
di far guerra. Mancavano i. danari, i quali sono il nervo d'adoprar la
virtù, ma questi danari con improvviso successo furono tosto impetrati
da Beatrice Tenda moglie di Facino, proponendosele di maritarla al nuovo
principe, il quale matrimonio dicesi che Facino lo persuase egli stesso
nell'ultimo punto di sua vita. Nè lo rifiutò Filippo, benchè
fosse diseguale d'età e di stato. Questa femmina leggiera dunque,
ingorda d'intempestiva lussuria e di maggiore stato, avendo appena rasciutto
le lagrime entrò nel letto dell'infelice matrimonio, e annoverò
per sua dote quattrocentomila ducati d'oro. Pérchè Filippo
senza indugiar punto, messo in ordine l'esercito, s'avviò a Milano:
aveva Astorre assediato la rocca, e circondatola con opre grandi; ma con
la guida di Francesco Carmagnola e di Castellino Beccaria, i soldati di
Filippo entrarono dentro ai ripari, e misero in rotta Astorre, il quale
valorosissimamente combatteva a porta Comasca. Allora Filippo entrato nella
città fece andare un bando per li trombetti nei luoghi pubblici,
ch’esso non era per esser nimico a nessuno, se non a coloro che avevano
ammazzato il fratello, e subito gridato principe con singolar favore di
tutto il popolo fu menato nella corte d'Azzone." |