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Giovanni Candia fu preposto dal 17 marzo 1766 all’11 agosto 1812. Fu
uno dei preposti che visse e che amministrò la prepositura più
a lungo, essendo stato preposto per 46 anni, morendo a 85 anni. Ebbe due
Visite pastorali, quella dell 1775 ad opera del cardinale arcivescovo Alfonso
Litta, e quella dell 1796 svoltasi in forma solenne ad opera dell’arcivescovo
Filippo Visconti, il quale era accompagnato da sedici persone del seguito,
rimanendo a Melegnano per sette giorni. Il periodo di Giovanni Candia (1766-1812)
fu tra i più intensi e particolarmente importanti, talvolta drammatici,
per la chiesa di Melegnano, per la parrocchia e per il paese tutto, sia
per la qualità degli avvenimenti religiosi e politici, sia per le
invasioni militari delle grandi potenze europee, sia per le grandi prove
che dovevano essere affrontate e superate: compiti grossi, vorrei dire
enormi, caddero sulle spalle del Candia. Mai un parroco di Melegnano è
stato coinvolto in avventure ed in condizioni ed in fermenti sociali tanto
gravi e tanto universali, con il pagamento di prezzi assurdi e spropositati
per l’ambizione dei potenti: la chiesa di San
Giovanni ricevette ferite profonde e mortali soltanto parzialmente
risanate dall’opera pastorale ed amministrativa degli ultimi nostri parroci,
Orsenigo, Pescò, Casero, Giovenzana, Francescutto.
A Giovanni Candia la cittadinanza melegnanese dedicò una strada. Le soppressioni dei Conventi e delle Confraternite Giovanni Candia fu testimone della soppressione del convento del Carmine e dell’Ospedale dei Pellegrini a San Pietro, con una legge generale austriaca di Giuseppe II° del 20 marzo 1769. I beni delle soppressioni furono messi in vendita con avviso pubblico del 29 maggio 1771, mentre il Candia otteneva che i vasi sacri e le suppellettili necessarie per l’amministrazione dei sacramenti non si perdessero; inoltre riuscì a salvare la proprietà e la sacralità della chiesa del Carmine, ormai privata del suo convento che vi era annesso, mentre i frati carmelitani cessarono la loro attività perché dovettero andarsene da Melegnano. Ma la vendita dei beni delle soppressioni avvenne in modo che alcune proprietà immobiliari diventassero il fondo di rendita per una nuova istituzione voluta dal Candia stesso: Il Luogo Pio di Carità, il cui primo amministratore fu ancora il Candia; questa istituzione cambiò denominazione più tardi diventando la Congregazione di Carità, poi si chiamò Ente Comunale di Assistenza, cioè l’E.C.A. Ben presto seguirono anche le soppressioni delle Confraternite del Carmine, di San Rocco, di San Pietro; ed anche la soppressione delle Compagnie della Croce sulla Piazza e nel Borgo del Lambro, e da ultimo anche di quella del Consorzio del Suffragio. Il Candia comunque poté frenare la dispersione dei beni di queste Congregazioni, creando una sostanza patrimoniale a favore della chiesa di San Giovanni. Nel settore propriamente pastorale il Candia operò miglioramenti sia per la spiegazione della dottrina cristiana, sia per il miglior decoro delle cerimonie: lezioni di catechismo affollate con la presenza di tutto il clero e novena di Natale in forma solenne. Curò la costruzione della chiesa dei Servi che fu eretta accanto a quella più piccola e più antica. La nuova chiesa, che è quella attuale, fu da lui benedetta l’11 maggio 1768. Un’altra questione da risolvere riguardava il cimitero: la nuova legislazione austriaca imponeva i cimiteri fuori dalle mura e lontano dalle case, mentre prima tradizionalmente si seppellivano i morti sotto il pavimento o accanto alle mura esterne delle chiese. Il Candia interessò tutta la popolazione e fu acquistato un pezzo di terreno oltre il Ponte di Milano, quel medesimo terreno che oggi è l’Ossario. Il nuovo cimitero, il primo costruito fuori le mura di Melegnano, sorse lì e fu benedetto dal Candia stesso il 6 settembre 1748. Il Monumento a San Giovanni Per tramandare alla memoria storica la riconoscenza verso il patrono san Giovanni Battista, d’accordo con i Deputati della Comunità, fece innalzare al centro della piazza un monumento a san Giovanni con questa iscrizione: «Ai molti e segnalati favori, ottenuti dal Santo Precursore Patrono del Borgo, massime in tempo di guerra». Questo monumento in seguito fu tolto dalla piazza perché impediva la circolazione ed il mercato ed allora nel 1806, dopo sette anni dalla sua erezione, fu collocato di fianco alla porta della chiesa; contemporaneamente per ragioni di simmetria si pose un altro monumento dall’altra parte della porta dedicato a san Maurizio; questi due monumenti rimasero ai fianchi della porta maggiore della chiesa fino al 1913; successivamente furono collocati nel giardinetto sul fianco destro, dove sono ancora oggi. Gli Oggetti sacri requisiti da Napoleone Più pesante e preoccupante fu il periodo napoleonico per il Candia: fu imposta una contribuzione militare che doveva essere pagata dai sacerdoti della parrocchia, una somma piuttosto grave, nella misura di lire 11.400, ridotta per l’intervento del Candia stesso, che del resto non poté evitare la consegna di oggetti d’argento per circa 20 chilogrammi, oggetti che erano dote liturgica della chiesa di San Giovanni: croce, busti di vescovi, ostensorio, bacili e anfora. Un ufficiale fece strappare anche il quadro del Battesimo di Cristo del Bergognone portandoselo via incartato all’Albergo delle Due Spade (dove oggi è la Bottega del Caffè vicino alla Farmacia Balocco in via Roma). Il Candia si precipitò all’albergo, cercò l’ufficiale ed il quadro e con decisione si riprese il prezioso dipinto in mezzo alle risa triviali e volgari degli ufficiali napoleonici ubriachi. Infine per ordine napoleonico, prima venne imposto il versamento di una ulteriore somma di denaro al Capitolo dei Canonici, poi il Capitolo stesso fu soppresso ed i suoi beni e le sue rendite incamerate dal governo, il novembre 1800. Prima di morire il Candia doveva ancora provare grosse sofferenze: la soppressione degli Ordini Religiosi e la chiusura dei loro conventi: i frati Cappuccini, che erano dove ora è il cimitero; i servi di Maria alla chiesa dei Servi in via Piave; i frati Minori di san Francesco, dove oggi è la zona dello stabilimento della ditta Monti e Martini; le suore Orsoline nella zona attuale tra via Trento e Trieste e via Cavour; a stento il Candia riuscì a salvare le campane del campanile di san Giovanni, la notte dell 6 maggio 1811 quando passò da Melegnano, in forma privata, Napoleone stesso. Il Candia, sulla porta della chiesa all’interno tutta illuminata, con la partecipazione di tutti i sacerdoti in solenni paramenti, attese l’arrivo dell’imperatore da Lodi. Quando Napoleone giunse davanti al tempio, il Candia uscì con tutta la processione del clero e del popolo. L’imperatore si fermò, il Candia si avvicinò alla carrozza: nessuno può immaginare quello che provò il prevosto di Melegnano davanti all’imperatore che aveva incarcerato il papa Pio VI°, indebolito ed infermo, e trasportato nella fortezza francese di Valence all’età di 81 anni fino alla morte; l’imperatore che fece rapire il successore Pio VII° in Vaticano da violenti francesi facendolo rinchiudere nella residenza di Fontainbleau, privandolo dei suoi amici più cari, sequestrandogli tutta la corrispondenza, togliendo al papa perfino la penna ed il calamaio. Il prevosto Candia morì l’11 agosto 1812, dopo aver retto la parrocchia per 46 anni, all’età di 85 anni. Fu sepolto al limite dell’ingresso della cappella del cimitero vecchio (dove ora è l’Ossario) con una lapide che ricordava le sue virtù sacerdotali. Più tardi la sua salma fu trasportata nella chiesa di San Giovanni. In occasione dei restauri operati alla chiesa nell’anno 1913, in un foro riaperto per erigere l’impalcatura per il restauro della facciata della chiesa di San Giovanni, fu rinvenuta un’ampolla contenente uno scritto che ricorda il restauro eseguito nel 1806. Ecco il testo dello scritto: “L’anno del Signore, 13 giugno 1806. La facciata della Prepositurale fu fatta dal celebre signor Carlo Comaschini, milanese, e l’affresco del rosone fu fatto dall’insigne Antonio Schieppatti pure milanese. Promotori i signori Pietro Maestri, Giuseppe Lapis e Dionigi Orlandi mediante oblazioni del divoto popolo, dell’insigne borgo e parrocchia di Melegnano. In attesa di ciò, firmati: canonico Cesare Un della chiesa collegiata di detto borgo; Giuseppe Moro, parrocchiano; Gaetano Maestri, Domenico Maestri. E tutto questo si è fatto in rendimento di grazie al nostro grande protettore San Giovanni Battista”. Nel 1797, quasi alla fine del secolo, a Melegnano il clero era così composto: Giovanni Candia, prevosto, di anni 69 canonico Giovanni Domenico de Luca, di cui non si conosce l'età canonico Gaetano Baruffi, di anni 56 canonico Francesco Ciceri, di anni 60 canonico Domenico Baruffi, di anni 52 cànonico Carlo Antonio Allemani, di anni 68 canonico coadiutore Cesare Un, di anni 46 canonico curato Carlo Codeleoncini, di anni ignoti canonico Giuseppe Carrera, di anni ignoti canonico con obbligo di coadiutore-vacante e teologato con obbligo pasto-rale-vacante beneficiato Carlo Magnetti, di anni 61 beneficiato Santino Reina, di anni 44 beneficiato Alessandro Tensali, di anni 28 cappellano mercenario Pietro Lapis di anni 76 cappellano mercenario Carlo Marziali, di anni 75 cappellano mercenario Carlo Antonio Cremagnani, di anni 61 cappellano Angelo Griffini, di anni 67 cappellano mercenario Pietro Busnè, di anni 52 cappellano mercenario Nemesio Bertuzzi, di anni 54 cappellano mercenario Giovanni Gallina, di anni 52 cappellano Giuseppe Maiocchi, di anni 56 cappellano Giovanni Antonio Baronio. Lo Stato d’anime della parrocchia, per l’anno 1795: Melegnano, famiglie 572, abitanti 2622 Riozzo, famiglie 90, abitanti 501 Colturano, famiglie 62, abitanti 394 Vizzolo, famiglie 91, abitanti 611 Pedriano, famiglie 57, abitanti 257 Mezzano, famiglie 35, abitanti 180 Rocca, Rampina, Santa Brera, famiglie 36, abitanti 194 Totale famiglie 943 Totale abitanti 4759 |
tel. 02 9837517 Melegnano Via Castellini, 27 |