Cappella di Cosma e Damiano
La prima notizia sicura è
dell'anno 1621 nei decreti della Visita pastorale dell'arcivescovo Federico
Borromeo. Si descrive la cappella dedicata ai martiri Cosma e Damiano,
una cappella che è detta "dei Rancati". L'altare venne consacrato
da monsignor Ortensio Visconti, vescovo di Lodi il giorno 11 luglio 1709;
fu posta sotto una delle due finestre da cui riceve luce l'altare,
quella di sinistra, un'iscrizione con queste parole: “D. O. M. Aram hanc
/ Ill.mus et Rev.mus D. D. Ortensius Vicecomes / Episcopus Laudensis /
ad Dei et SS. MM. Cosmae ed Damiani / Cultum / Die 11 Julii 1709 / consecravit
/ Reliquiis quae SS. MM. Victoriae et Reparatae / Decoravit / Annuente
perillustri M. R. D. Carolo Antonio Grancino / Praep. Meleniani Vic. For.
Pref.to Fabbricae / et Supp.bus Scholae Sodalibus /. Che significa: “A
Dio Ottimo Massimo. L'illustrissimo e reverendissimo signor Ortensio Visconti,
vescovo di Lodi, consacrò questo altare al culto di Dio e dei santi
martiri Cosma e Damiano e lo decorò con le reliquie delle sante
martiri Vittoria e Reparata, con l'approvazione dell'illustre molto reverendo
Carlo Antonio Grancino, prevosto di Melegnano, vicario foraneo, e con le
suppliche dei Soci della Scuola”, cioè della Confraternita. A questo
altare sono stati instituiti diversi legati di Messe, perchè questo
altare "privilegiato" godeva del privilegio della liberazione di un'anima
del purgatorio per ogni Messa che si celebrava ogni giovedì dell'anno,
nel giorno dei Morti e in tutti i giorni dell'ottava dei Morti. Nel 1639
era stata eretta una Confraternita popolarmente detta Della Carità
dei Vivi e dei Morti, che fu poi, per mezzo di Antonio Citrone nel 1660,
aggregata all'Arcìconfraternita dei Morti, di Roma. L'obbligo principale
di questa Confraternita melegnanese era quello di far celebrare in questa
cappella un Ufficio funebre dai canonici del capitolo e diciannove Messe
compresa una cantata, alla morte di ciascun confratello, come pure un altro
Ufficio funebre ogni giovedì dell'anno con Messa cantata per tutti
i defunti della confraternita. Si celebravano ancora in questa cappella
sedici Messe annuali, lasciate in legato nel 1742 da Giovanni Battista
Securi, canonico e illustre teologo della chiesa, secondo la norma
stabilita per le messe dei giovedì dell'anno. Inoltre, per un legato
dello stesso canonico Securi, si distribuiva un moggio di riso ai poveri
della comunità di Melegnano alla vigilia del santo Natale, ed altri
tre moggia di riso, stabiliti per legato lasciato nel 1743 dal chierico
Baldassarre Cremonesi con la condizione che fossero privilegiati i poveri
della sua famiglia. Ogni anno, a spese della Confraternita, si solennizzava
la festa dei martiri Cosma e Damiano nel giorno in cui la Chiesa ne fa
la commemorazione, cioè il 22 ottobre. Appena fuori della cappella
si trovava un banco di legno di noce con tre sedili sullo stesso stile
di quelli della cappella, con un postergale lavorato ad arabeschi entro
cui stava un medaglione scolpito in bassorilievo che esprimeva la virtù
della Carità con sottoscritte queste parole: "Subsidio vivis mortuisque
sufragio", cioè: per aiuto ai vivi e per il suffragio ai morti.
Il banco serviva per comodo di una persona delegata dalla confraternita
per inscrivere i nuovi confratelli e consorelle, per spedire le bollette,
per ricevere denaro, per riporre libri ed altre cose in uso della confraternita.
La cappella è stata ricostruita ex novo dalle fondamenta nel
1676 per iniziativa della Confraternita dei Morti, detta anche Scuola dei
Morti. Questa confraternita contrasse molti debiti per pagare gli operai
e gli altri addetti ai lavori che “somministrarono tutte le cose necessarie
per costruire la cappella riedificata dalle fondamenta con l'autorizzazione
e il consenso dei Superiori…”.
La Cappella del Battistero
Nella
chiesa di San Giovanni Battista in Melegnano sta una Cappella, che nei secoli
di sua vita ebbe diversi nomi: Cappella della Concezione, Cappella del Battistero,
Cappella Viscontea, Cappella Buttafava, Cappella del Crocifisso. La denominazione
che durò più a lungo fu quella di Cappella del Battistero.
Essa rappresenta la parte più antica della chiesa, e forse è
l'unico resto della chiesa che esisteva prima di questa. Si è tramandata
fino a noi l'ipotesi che questa Cappella, che sta nella navata di destra
all'ingresso della chiesa, all'altezza della prima campata, abbia avuto
origini nobili, cioè fosse stata costruita in occasione della morte
del duca Gian Galeazzo Visconti che finì i suoi giorni a Melegnano
colpito (forse) dalla peste il 3 settembre 1402 e qui sepolto in attesa
di solenni onoranze funebri in Milano. Ad avvalorare questa ipotesi sta
il fatto che nei lavori di restauro avvenuti tra il 1913 ed il 1915 fu scoperto
un affresco in una vela della volta a crociera e rappresentante Cristo seduto
in trono con carattere e tecnica di scuola prefoppesca, opera di ignoto
pittore lombardo della prima metà del secolo XV°. Questo è
il parere più autorevole dei critici d'arte e della Sovrintendenza
alle Gallerie di Milano nel 1941. Finora però lo storico non può
dire nulla sulla verità dell’origine nel 1400. Un'altra ipotesi,
suggerita dallo storico del Settecento, Giacinto Coldani, riferisce che
Gian Giacomo Medici, marchese di Melegnano, morto
in Milano l'8 novembre 1555 fosse stato portato qua e sepolto nell'antica
Cappella della Concezione fino al 1562 quando in tale anno fu trasportato
nel duomo di Milano. Ma anche questa ipotesi è tutta da verificare.
E' certo che nel 1567, quando Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano,
venne a Melegnano per la Visita pastorale, non nomina questa Cappella. Sugli
Atti della Visita si scrive però che esisteva un altare dedicato
alla Concezione della Beata Vergine Maria con la Scuola della Concezione.
La prima notizia sicura che troviamo di un'autentica Cappella è del
25 febbraio 1590 quando si viene a sapere che il priore generale della Congregazione
della Dottrina Cristiana, Lanfranco Antonelli, stabilì che le donne
dovessero servirsi della Cappella della Concezione per fare la Congregazione.
Verso la fine del 1500 questo angolino sacro è ancora tranquillo,
ma entro la chiesa di San Giovanni si agita il problema della collocazione
definitiva del Battistero. Ai tempi di san Carlo il Battistero era ancora
nella navata di sinistra, proprio dove oggi si vede il bell'affresco di
sant'Ambrogio. Lì vi era una nicchia, lì
si battezzava. San Carlo nel 1581 ordinò che il Battistero fosse
trasferito in fondo alla chiesa, sempre sul lato sinistro, e scrisse con
parole piuttosto secche, così tradotte: “Tutto questo si faccia dai
periti della fabbrica dopo aver procurato i soldi necessari dalla comunità”.
Il prevosto di allora Pietro Maria Vegezzi era dunque avvisato. Ma San Carlo
morì tre anni dopo, e il battistero nuovo non era stato fatto. Nel
gennaio 1609 venne a Melegnano in visita pastorale il cardinale Federico
Borromeo e riprese il terna del Battistero. Con esplicita decisione ordinò
che lo si erigesse "nella Cappella che sta all'angolo della porta laterale,
dove prima vi era l'altare della Concezione, nella parte sud della facciata".
Il Battistero fu eretto e qualche questione sorta tra il prevosto ed i soci
della Confraternita della Concezione fu risolta dopo qualche resistenza.
Nel gelido 9 febbraio 1621 ecco nuovamente Federico Borromeo a Melegnano,
visitò il fonte battesimale nella Cappella e suggerì di portarvi
qualche quadro. L'anno dopo venne anche un Visitatore straordinario, don
Orazio Salario, prevosto di San Giuliano Milanese, il quale visitò
il battistero ed ordinò che vi si mettesse qualche quadro e specialmente
il quadro del Battesimo di Cristo di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone,
una preziosa opera d'arte nostra. Intanto la Cappella serviva alle funzioni
del battesimo. Passarono circa ottant'anni. Si arrivò all'aprile
1704 e venne in Visita pastorale il cardinale Giuseppe Archinti. Trovò
che la Cappella era rovinata, ammuffita, malridotta. Ordinò che essa
fosse rimessa in buon stato. Le parole del suo Decreto sono: "I responsabili
della chiesa devono consultare i periti e considerare bene se il danno continua
a diventare maggiore; e perché il danno sia fermato essi devono subito
preoccuparsi nel modo migliore e devono decidere senza perdere tempo". Un
forte richiamo: decidere senza perdere tempo. E si decise. Quarant’anni
dopo la Cappella era abbastanza in condizioni felici, aveva i cancelletti
di ferro guarnito con lavori in ottone. Nel mezzo stava un magnifico vaso
di marmo variegato, coperto da una piramide di noce a forma triangolare.
Vi era pure un armadio di noce per le necessarie suppellettili sacramentarie.
Sopra l'armadio stava il famoso quadro del Battesimo di Cristo. La seconda
metà del settecento e la prima metà dell’ottocento non lasciarono
in pace la Chiesa. A Melegnano il prevosto don Giovanni Candia, che resse
la parrocchia dal 1766 al 1812, dovette affrontare dure prove di ogni genere,
dovute alle novità riformistiche di Giuseppe II° nostro governante,
e alle confische di Napoleone. La Cappella non riceveva più le cure
straordinarie e l'umidità faceva strazio. Nel gennaio 1853 fu in
mezzo a noi il cardinale Bartolomeo Carlo Romilli in Visita pastorale. Si
accorse subito che la mancanza di finestre nella Cappella era causa non
ultima dello scempio dell'umidità. Del resto, prima di allora non
si potevano aprire finestre perchè immediatamente dietro la Cappella
stava il Cimitero parrocchiale, il quale era ormai stato costruito fuori
le mura. Nel frattempo la Cappella era anche usata come magazzino e ripostiglio
di piccoli attrezzi ed arnesi, tappeti e sedie. Un notevole avvenimento
venne a scuotere l'interesse per la rinascita della Cappella: con Notifica
del 18 giugno 1912 la chiesa di San Giovanni fu dichiarata d'importanza
artistica, e quindi soggetta alle disposizioni dl legge sulle Opere d'arte.
Questo fatto stimolò un gruppo di persone a costituirsi in Comitato
per i restauri della chiesa stessa. Ne fecero parte il prevosto don Fortunato
Casero, l'avvocato Angelo Valvassori Peroni deputato al Parlamento del nostro
Collegio elettorale, don Michele Spinelli, l'ingegnere Antonio Maggioni,
Giuseppe Tavazza, Donato Rusconi, Pellegrino Origoni. Fu interpellata la
Sovrintendenza dei Monumenti per la Lombardia, la quale incaricò
l'ingegnere Emilio Gussalli a compiere gli opportuni studi e prove e contatti
per iniziare il risanamento. Si cominciò nel 1913 e si terminò
tutto nel 1915 con chiara soddisfazione di tutti specialmente di coloro
che avevano dato i fondi finanziari. Nella vela della volta fu riscoperto
un affresco, rappresentante Cristo seduto in trono, in posizione frontale,
in veste rossa e manto verde, che leva la mano destra in atto di benedire,
mentre appoggia la sinistra su un libro aperto con la scritta: Ego sum lux
(Io sono la luce). Sotto il Cristo, nella lunetta, fu pure scoperto un altro
affresco rappresentante l'Annunciazione alla Vergine, cioè
il momento della sua Concezione: la presenza di questo affresco pose il
problema ed avvalorò l'ipotesi che in questo posto non solo vi fosse
la sede della Confraternita della Concezione, ma che vi fosse pure un piccolo
edificio, anche se non vera Cappella, per raccogliere l'altare della Concezione
nominato da San Carlo Borromeo. Furono scoperti anche affreschi rappresentanti
anfore e fiori e girali stilizzati. Ma l'emozione più grande fu quella
di aver scoperto graffiti rappresentanti il Biscione dei Visconti, simbolo
proprio della famiglia ducale, cui appartenne Gian Galeazzo Visconti, morto
qui a Melegnano. Un carattere chiaramente gotico ha la stessa architettura
0interna della Cappella, quello stile che aveva la nostra chiesa quando
fu restaurata dopo il 1400. Intanto già dal 1886 il quadro del Bergognone
era stato collocato in altra parte della chiesa, ed i restauri del 1913-15
ridonarono dignità e stima alla Cappella, che non fu più il
Battistero. Vi si collocò un altare dorato appositamente costruito
in legno con un Crocifisso antico e venerato da lunghe generazioni di melegnanesi.
Le finestre diedero più luce, lo sgombero dei materiali crearono
più ampio respiro. L'edificio fu nel suo giusto valore. Il Battesimo
veniva amministrato presso una nuova fonte eretta in fondo alla chiesa a
sinistra, dove ora vi è la statua di sant'Antonio. Il paziente lavoro
di riscoperta degli affreschi è stato fatto dal pittore milanese
Paolo Vanoli, approvato dalla sovrintendenza e da lei guidato. Con i due
prevosti, don Giovenzana e don Francescutto, la Cappella non è soltanto
una parte integrante della chiesa, ma è il continuo assillo e desiderio
di un luogo da valorizzare e tenere valorizzato. Don Giovenzana vi
riportò il Battistero, con una vasca di marmo ed un coperchio di
rame sbalzato della ditta Politi, mentre il pavimento fu rifatto in granito
di Cuasso al Monte. Tutto questo avvenne nel 1961. Con don Francescutto
la Cappella divenne un segno di fede, oltre a rimanere un angolo sacro.
Due opere meravigliose sono alla venerazione ed alla stima della comunità:
il quadro del Bergognone, rubato nella notte tra il 16 ed il 17 dicembre
1975 e ritrovato il 7 aprile dagli Agenti della Squadra mobile di Milano,
ed ora conservato nella teca protettiva blindata offerta dal Lions Club
Melegnano il 16 marzo 1978; l'altra opera è il Crocifisso ligneo
di pregevole fattura e raro modello d'arte sacra melegnanese.
Il "Battesimo
di Cristo" del Bergognone
Nella cappella del battistero sta
il quadro raffigurante il Battesimo di Cristo, di Ambrogio da Fossano detto
il Bergognone; la tavola è entro ricca e recente cornice lignea intagliata
e dorata, appositamente costruita in occasione del suo restauro nel 1903.
Essa faceva parte di un polittico commissionato da Francesco Osnago nel
1505. La tavola misura metri 1,05 per 0,76. E’ in buon stato di conservazione
e la sua proprietà è della chiesa di san Giovanni. La scena
riproduce il fatto evangelico del battesimo di Cristo da parte di Giovanni
Battista sulla sponda del fiume Giordano. Il quadro ha un cartiglio in basso
a sinistra con parole di difficile lettura che direbbero così; “Ambrosio
di fosano bergognono / ine... lo... de Mediolano / pinxit / 1..6 ...s /
februarii”. La scena del battesimo ha un'atmosfera pittorica tanto cara
al Bergognone: una visione pacata, calma, velata di malinconia; ciò
rende evidente non soltanto l'importanza del fatto battesimale, ma è
la prima chiara manifestazione della divinità del Cristo, che sta
al centro e che, da solo, inclina a rendere soltanto complementari le altre
figure del quadro. Il colore che tende al chiaro, al trasparente, rappresenta
nella varietà di toni la componente nella quale si confrontano due
figure, ed in ultima analisi due epoche: Giovanni e Cristo. Giovanni Battista,
sicuro di sé, asceticamente vigoroso nella penitenza, consapevole
senza drammi di dover concludere una lunga stagione pre messianica; Cristo
invece appare nuovo, incontaminato, innocente nella materia storica. Avverti
pure una vena di platonismo, cioè di una preoccupazione di rendere
attraverso le due figure di Giovanni e di Cristo, due idee: l'ascesi penitenziale
e l'innocenza redentrice. Il corpo di Cristo è, per questo, un corpo
bello e perfetto, composto attuando le regole della perfezione atletica
maschile nella purezza delle linee e delle proporzioni teoretiche, una regola
che era già stata formulata ed applicata dallo scultore greco antico
Policleto. Il pittore ha tenuto presente l'idea che Giovanni aveva del Messia:
l'agnello di Dio che toglie i peccati. Di qui, la scelta pittorica
di rendere nella scena le idee che sono simbolo dell'agnello di Dio e della
redenzione, attraverso una descrizione dove la perfezione delle forme, l'atteggiamento
composto del Cristo, l'austerità di Giovanni sono i contenuti estetici
che sviluppano il tema principale e lo risolvono. Le due figure a destra
sono soltanto ornamentali; più convenzionale la prima che sta
davanti, meno convenzionale e più realistica quella che sta dietro,
nella quale forse è da ravvisare il volto di qualche persona conosciuta
dal Bergognone. Il paesaggio fluviale crea lo sfondo naturalistico dell'avvenimento
evangelico. |