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La dissoluzione del Ducato visconteo
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Nonostante la buona volontà della duchessa reggente, il ducato conobbe contrasti politici, litigi, lotte ambiziose personali tra casate potenti, trame e congiure. Ritornò la vita difficile: si era ad un passo dalla guerra civile. In questo contesto turbolento alcuni parenti odiosi alla duchessa riuscirono ad impadronirsi del castello di Melegnano. La duchessa organizzò una spedizione militare. Ma l'impresa andò fallita in un primo tempo. Poi, con maggiori rinforzi, fu ricuperato e fortificato. Intanto il potere veniva assunto dal figlio, il duca Giovanni Maria che stava rendendosi conto della situazione tragica del suo ducato. Per far fronte alle grandi spese cercava soldi da ogni parte. E per un po' di tempo cedette anche il castello di Melegnano a Galeazzo Grumello; poi aprì un pubblico prestito per farsi dare dai cittadini milanesi quanto occorreva per ricuperarlo, e fu di nuovo suo.  Naturalmente Giovanni Maria si rendeva conto che gli era necessario un aiuto militare da parte di esperti condottieri: e scelse Facino Cane, già famoso per brillanti imprese militari a Napoli ed a Verona. Il ducato di Milano riprese forza, ed il duca respirò.  Nello stesso tempo fu intensificata la politica dei lavori pubblici: nel 1408 si diede l'avvio alla più seria manutenzione ai ponti sopra il Redefosso e particolarmente presso la porta per la quale si entra in Melegnano. Lo stesso duca si prende a cuore la causa fiscale di Michele Baldironibus da Melegnano, ordinando che non sia più molestato sul continuo controllo delle rendite che l'Ufficio dell'estimo di Milano continuava nei suoi riguardi. Ma nel settembre 1409, nel contesto della confusione politica e delle difficoltà diplomatiche, a Melegnano il custode del castello, Filippino da Desio, aiutato dai condottieri e capitani di Ventura fratelli Malatesta e da Giovanni Vignati, governatore di Lodi, si tenne per sè‚ il borgo ed il castello di Melegnano. Frattanto il duca Giovanni Maria aveva assunto per difesa del ducato il capitano di ventura Facino Cane, il quale entrò solennemente in Milano il 6 novembre 1409 come governatore del ducato. Il 25 maggio 1410 Facino Cane stipulò una tregua di un mese con il governatore di Lodi e con il castellano di Melegnano ribelle al duca. Verso l'autunno Facino Cane aveva deciso di ricuperare Melegnano. Ma il castellano, Filippino da Desio ed i suoi fratelli Antonio e Maffiolo, nell'impossibilità di difendersi, avevano consegnato il castello al condottiero Pandolfo Malatesta il quale, al servizio del Vignati di Lodi, veniva così ad avere una base di operazione avanzata contro Milano ed a difesa della città di Lodi: Giovanni Vignati fu, dunque, signore di Melegnano. Il 16 ottobre 1410 fu annunciata la spedizione milanese contro Melegnano, spedizione che poi non avvenne. Facino Cane si accontentò di ordinare al podestà di Milano di formare un solenne processo di tradimento contro quei castellani di Melegnano, confiscarne i beni, atterrare le loro case in Milano e a Desio. Intanto il duca di Milano, con diverse ordinanze, una delle quali più forte in data 10 ottobre 1410, stabilì la costruzione delle bastie (fortificazioni campali fisse o mobili per assediare un castello o un villaggio) per circondare Melegnano. La cosa doveva stare molto a cuore al duca il quale dall'ottobre 1410 al maggio 1411 emanò ben otto decreti, in alcuni dei quali imponeva anche l'arruolamento di fanti. La signoria di Giovanni Vignati, governatore di Lodi e di Melegnano durò per tutto il 1411. Intanto, però, avvenne un capovolgimento dei fronti. I castellani di Melegnano, Filippino e fratelli che si erano ribellati al duca, fecero ogni tentativo per ritornare nelle sue grazie. Difatti passarono dalla parte del duca, aiutarono il comandante militare di Milano, Facino Cane, a cingere d'assedio Melegnano. L'assedio durò per tutti i mesi di ottobre, novembre e dicembre 1411. Poi Melegnano cadde, ed il castello fu restituito al duca Giovanni Maria. Il duca comunicò ai nobili milanesi ed ai governatori della città e del contado ed al Vicario di Provvisione la restituzione del castello di Melegnano. Inoltre comunicò che il castellano responsabile, Filippino, aveva giustificato la sua condotta; ed ordinò che per tre giorni si facessero feste, giochi, luminarie. La grande soddisfazione del duca per la riconquista del castello di Melegnano si spiega con diversi motivi: il castello di Melegnano controllava tutta la zona del sud Milano ed era un punto fermo per il deposito di armati e di persone che regolavano l'amministrazione economica e fiscale. Inoltre il possesso di Melegnano voleva dire possesso delle terre che erano già state dei Visconti al tempo di Bernabò, fino a Pandino e fino a Sant'Angelo Lodigiano. La stessa attività agricola e commerciale, ed in modo particolare i mercati settimanali nella zona del Melegnanese assicuravano un'entrata sicura e continua nelle casse esauste del ducato milanese. Da ultimo, la conquista del castello di Melegnano si presentava come un segno forte ed efficace politicamente per la necessaria saldezza ed il nuovo urgente consolidamento del potere, sempre in pericolo per il duca di Milano. Tutto era stato possibile per la forza bellica di Facino Cane, come garanzia militare e valido sostegno del duca Giovanni Maria che poteva così sopravvivere. Ma Facino Cane si ammalò ed i nemici aperti ed occulti del duca ripresero animo, ordirono una congiura e lo uccisero mentre usciva dalle sue stanze per andare alla messa nella chiesa di corte che era quella di San Gottardo. Ed anche Facino Cane morì. Era il 1412. La vedova di Facino, Beatrice di Tenda, sposò l'unico Visconti superstite al vertice del governo, Filippo Maria
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