L'inizio
della lotta
L'opera degli imperatori svevi, Federico
e suo nipote, non riuscì a bloccare o a rallentare lo sviluppo economico
e politico di Milano e del territorio milanese. Nella seconda metà
del XIII° secolo il territorio milanese si suddivideva in nove contadi:
1) Milano; 2) Seprio ovvero Varese e la Valcuvia; 3) Martesana cioè
la Brianza; 4) Stazzona che comprendeva: Angera, Bregno, Invorio, Locarno;
5) Ossola; 6) Lecco; 7) Bazana con Pontirolo, Gorgonzola e Corneliano; 8)
Treviglio; 9) Bulgaria con Corbetta, Trecate e Settimo. Le industrie
che fiorivano allora sono ancora ricordate dai nomi di alcune vie della
città di Milano : Armorari, Spadari, Speronari, Pennacchiari, Boesinari,
Mercanti (d'oro) ecc. Le fabbriche d'armi avevano resa Milano famosa in
tutta Europa e, a dire di Galvano Fiamma, persino
Tartari e Saraceni ricercavano le armi lombarde. L'arte della seta portata
a Milano da Palermo da un certo Frà Daniele degli Umiliati, dava
all'epoca, lavoro ad oltre quarantamila persone, mentre il lanificio degli
Umiliati occupava sessantamila operai, in tutta la Lombardia. In questo
periodo furono pure iniziati i lavori di scavo della rete di canali che
avrebbe contribuito a rendere più fertile la pianura lombarda, salvaguardandola
dal rischio di piene. Il primo canale era stato iniziato nel 1179
e, finito nel 1257, portava a Milano l'acqua del lago Maggiore e del Ticino;
un secondo canale, la Muzza, inizialmente chiamata Adda Nuova, prelevava
le acque dall'Adda a Cassano e ve le riconduceva presso Castiglione, dopo
aver contribuito ad irrigare le terre del sud milanese e del lodigiano.
Di quei tempi è pure lo scavo della Vetabbia. La storia aveva
insegnato ai cittadini dei comuni lombardi che era necessario organizzarsi
per non soccombere e che lasciare alla struttura feudale il compito della
difesa voleva dire mettersi mani e piedi legati in mano di chi deteneva
il potere che era allora la Credenza dei Consoli, corpo nobiliare tradizionalmente
al vertice della struttura feudale. Avvenne così che le corporazioni
artigiane e dei commercianti si coalizzassero formando una propria società
che chiamarono Credenza di sant'Ambrogio;
la società scelse al proprio interno i giudici e si appropriò
di una parte delle rendite del comune. Il popolino, maldisposto verso
la nobiltà, la vecchia detentrice del potere, il gau,
e altrettanto maldisposta verso la borghesia, istituì una propria
congregazione cui diedero il nome di Motta, assemblea, da un luogo tra Lodi
e Milano dove venne combattuta una battaglia tra capitani e valvassori (il
vocabolo Motta nel significato di assemblea, riunione, trova corrispondenza
nella Muta Sapientum
di Parma e nella Muta degli Anziani
di Bologna). Si erano così costituiti più che trè
partiti, trè veri e propri Comuni, indipendenti se pur collegati,
all'interno del Comune vero e proprio, tanto da arrivare ad avere contemporaneamente
trè diversi Podestà uno per ogni blocco. Con un va e
vieni di podestà, Consoli, Capitani, ogni anno comanda qualcuno di
diverso e mai con un'autorità completa, ma sempre di parte. Dopo
un periodo di contese che sfociano a volte in vere battaglie, si trovano
antagonisti l'Arcivescovo Leone di Perego che coagulava gli interessi della
nobiltà e il duce della credenza di sant'Ambrogio,
Pagano della Torre, campione della parte guelfa, era un vecchio feudatario
della Valsassina, Val Taleggio e Valle Imagna, già autorevole per
la partecipazione alle Crociate e nella campagna contro il Barbarossa.
Alla sua morte venne dichiarato Padre della patria per le benemerenze acquisite
difendendo gli interessi di Milano; nell'abbazia di Chiaravalle dove è
sepolto una lapide cita:
MAGNIFICVS POPVLI DUX TVTOR
ET AMBROXIANI
ROBVR IVSTICIE PROCERVM IVBAR
ARCA SOPHIE
MATRIS ET ECCLESIE DEFENSOR
MAXIMVS ALME
ET FLOS TOTIVS REGIONIS AMABILIS
HVJVS
CVIVS IN OCCASV PALLET DECOR
YTALUS OMNIS
HEV DE LA TURRE NOSTRVM SOLAMEN
ABIVIT |
Era di fatto iniziata la Signoria
dei Torriani. |