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Milano presero forza sempre più i due blocchi tra loro ostili: i
partigiani dell'imperatore appoggiati dall'arcivescovo, i ghibellini contro
i mercanti, gli artigiani ed il popolo minuto, i guelfi. La Credenza
di sant'Ambrogio
offrì ad un nipote di Pagano, Martino della Torre, la guida della
città, a lui si deve, dopo aver fatto eseguire un censimento fondiario,
l'introduzione di una tassa patrimoniale, la prima che mai venisse imposta
al paese, l'Officium Fodrorum, avente come scopo il riequilibrio del bilancio
largamente deficitario del Comune. Morto Martino, gli succedette il
fratello Filippo con il titolo di Signore Perpetuo del Popolo carica che
tenne fino alla morte avvenuta nel settembre 1265. La giovane età
del figlio Savino non permise un passaggio ereditario diretto, il titolo
passò quindi al cugino Napoleone della Torre. I Torriani, rappresentanti
del partito guelfo erano diventati invisi al popolo per il loro modo dittatoriale
di gestire le cose pubbliche. La famiglia della Torre era in contrasto con
Pavia, Novara, Vercelli, Como, Lodi ed il Monferrato, mentre a Brescia dalla
loro parte c'erano Francesco e Raimondo della Torre. Guelfi e ghibellini
rappresentavano le sezioni politiche locali dei due schieramenti a livello
europeo; ma rappresentavano anche le tensioni sociali ed economiche tra
le varie classi di cittadini, in quanto, come sempre i guelfi erano non
solo dalla parte del papato, ma soprattutto dalla parte della civitas,
cioè del popolo, mentre i ghibellini rappresentavano il gau,
il potere feudale, oltre ad essere il partito dell'imperatore. Nel 1240
la parte popolare, per la difesa dei suoi interessi, elesse con la carica
di capitano del popolo Pagano della Torre. Il capitano del popolo
aveva speciali attribuzioni militari e politiche per la difesa dei ceti
bassi e medi contro la prepotenza delle classi ricche dominanti. Del resto
l'amministrazione della città non era facile. Basti pensare che,
nel settore della difesa, Milano era costretta a mantenere un gran numero
di stipendiati per presidiare parecchi luoghi fortificati, tra cui Melegnano. A
Pagano della Torre successe un altro dei Torriani, Napo della Torre che
nel 1264 con l'avallo del governo del comune milanese, ordinò un
censimento della cittadinanza, tramite il quale, nota ormai l'entità
delle famiglie milanesi, dispose la coscrizione obbligatoria di circa un
uomo e mezzo per ogni famiglia, onde ne risultò una forza complessiva
di 28.500 uomini d'arme, ovviamente stipendiati per garantire la fedeltà
al suo comandante. Per potenziare la difesa della città si fece anche
ricorso all'arruolamento di compagnie di ventura straniere, dei mercenari
che avevano fatto dell'uso delle armi un mestiere vantaggioso, il mitico
carroccio che aveva coagulato attorno a sè le forze migliori del
comune, per convinzione e per passione campanilistica, aveva lasciato luogo
a truppe straniere prive di motivazioni, nel contempo si era ridotta la
possibilità dei cittadini di difendere il proprio paese. Napoleone
della Torre fu anche nominato vicario imperiale, cioè poteva esercitare
in Milano l'autorità, in sostituzione ed in rappresentanza dello
stesso imperatore, il quale ancora si illudeva di avere un suo supremo potere
sui Comuni: un potere che in realtà stava solamente nelle sue intenzioni.
Era, all'epoca, arcivescovo di Milano Ottone Visconti,
anch'egli appartenente ad una delle famiglie ambrosiane, figlio di quell'Uberto
Visconti da Piacenza primo Podestà di Milano; l'arcivescovo pretendeva,
per consuetudine politica, di intromettersi anch'egli negli affari della
città, malgrado il tentativo di mediazione dell'allora Papa Gregorio
X° che cercava di conciliare le due famiglie, Torriani e Visconti.
La confusione dei poteri diventava frequente motivo di gravi disordini;
proprio per questo, il contrasto tra i Torriani ed i Visconti si dovrà
decidere fatalmente con uno scontro armato. I Torriani erano diventati
i capi del guelfismo lombardo, perché avevano esteso la loro
influenza politica su Bergamo, Como, Novara, Lodi, Vercelli, Brescia. Era
dunque naturale che non riconoscessero l'autorità dell'arcivescovo
di Milano, Ottone Visconti, neppure in campo
ecclesiastico: essi facevano ogni tentativo per metterlo in difficoltà
e per diminuire la sua autorità religiosa. La situazione incerta
consigliò l'arcivescovo ad uscire da Milano per una vita di esilio,
e con lui anche molti suoi amici e partigiani: fu eletto arcivescovo il
22 luglio 1262 al posto del candidato Raimondo della Torre, figlio di Pagano,
e la nomina venne direttamente dal papa Urbano IV°, proprio per bilanciare
il potere dei Torriani. Alla notizia dell'elezione arcivescovile di Ottone
Visconti, in Milano, Martino della Torre ed il marchese Pelavicino occuparono
immediatamente i beni immobili e mobili che erano nella sede dell'arcivescovado,
mentre Napo diventava vescovo di Lodi ed era riuscito a farsi nominare vicario
imperiale, come abbiamo già detto. Ad Ottone
Visconti non rimase che uscire da Milano e starsene esule per quindici
anni. I seguaci della famiglia Visconti non si davano per vinti e, quando
potevano, facevano invasioni nel territorio milanese. Dopo due battaglie,
a Castelseprio e Angera, a Desio il 21 gennaio 1277 i Torriani furono sorpresi
e duramente sconfitti, Francesco(fratello del Signore di Milano) e Andreotto
della Torre ( suo nipote) furono uccisi: Ottone
Visconti entrò in Milano e Napo della Torre, assieme al figlio
Mosca e ad altri suoi consanguinei e sostenitori fu fatto prigioniero, venne
loro risparmiata la condanna a morte, ma furono, dai Comaschi, tradotti
al castello di Baradello dovee vennero rinchiusi in gabbie di ferro a marcire,
ivi morì Napoleone della Torre il 16 agosto 1278. Gastone della Torre,
mentre si combatteva a Desio, si trovava a Cantù con le sue truppe
mercenarie tedesche e, conosciute le sorti della battaglia, si precipitò
su Milano, dove il popolo insorto aveva saccheggiato e incendiato le residenze
appartenenti alla sua famiglia e si era schierato contro di lui. Respinto
da Lodi e da Crema non gli restò che rifugiarsi in Parma allora ancora
guelfa. |