Cento anni fa, e precisamente nel 1893, l’ingegnere Giacomo
Frassi, una figura insigne nella storia melegnanese per la sua personalità
di politico nonché di amministratore dei beni ecclesiastici, destinò
con testamento olografo del gennaio 1893 la sua proprietà di uno
stabile allora denominato Albergo della Madonna, affinché tale proprietà
servisse in un futuro per i vecchi poveri. Questo stabile era situato in
via
Roma al numero 16. Il suo capitale era di lire 25.000. Però
tale donazione sarebbe entrata in vigore solo alla morte della sorella
dell’ingegnere Frassi, di nome Angela
che era usufruttuaria di tale lascito. Il preposto parroco locale
don
Enrico Orsenigo e il gerente dei Linificio e Canapificio Trombini e
C. ingegnere Clateo Castellini, stimolati
da quella che sarebbe stata definita “una santa idea” e animati da fervore
cristiano e umano, fondarono su un’area denominata storicamente il Castellazzo,
in Via Cavour, già di proprietà del Castellini,
il primo ricovero per i vecchi con il nome di “Casa della divina Provvidenza”.
L’iniziativa privata dei fondatori fu entusiasmante, appoggiata dalla popolazione,
la quale offrì ai primi ricoverati oggetti in natura, indumenti
e commestibili. Si narra che il giorno dell’inaugurazione avvenuta il 21
maggio 1894, esattamente un anno dopo la morte del benefattore Giacomo
Frassi, si formò un corteo di volenterosi cittadini che sopra
due carri preceduti dalla Banda musicale comunale girarono tutto il paese
per raccogliere indumenti, masserizie e viveri per le prime impellenti
necessità. Veniva così aperta “sotto gli auspici della divina
Provvidenza” in Melegnano, presso l’attuale via Cavour, una casa di mendicità
per il ricovero dei vecchi, uomini e donne, privi della necessaria assistenza.
Per essere accolti nella Casa era necessario aver compiuto i sessant’anni
ed aver abitato per almeno cinque anni nella parrocchia di Melegnano. A
parità di bisogno, si preferivano i più vecchi e di più
lunga permanenza in parrocchia. Gli eventuali sussidi che arrivavano per
i ricoverati erano versati nella cassa amministrativa per tutti. Inoltre
si era stabilito che, oltre al funerale cosiddetto di “carità” cioè
gratuito, vi fosse la facoltà di libere onoranze funebri un po’
più distinte a spese dei familiari. Nell’anno di fondazione
- 1894 - moriva in Melegnano il parroco fondatore don
Enrico Orsenigo, che ebbe solo il tempo di vedere gli inizi concreti
dell’idea di cui fu il promotore. Come successore fu nominato don
Enrico Pescò, e i primi anni dell’istituzione furono amministrati
da lui direttamente. Il nuovo prevosto don
Pescò seppe attirarsi la stima di Clateo
Castellini, uno dei fondatori e l’unico superstite il quale non solo
aveva messo a disposizione dell’Istituzione il podere detto il Castellazzo
ma riadattò i locali esistenti e ne eresse dì nuovi a proprie
spese. Don Enrico Pescò
amministrava la Casa con un sistema familiare. Non necessitava allora una
contabilità vera e propria: le entrate dei primi anni erano costituite
dalle offerte e dai contributi di varie persone caritatevoli e servivano
per far fronte alle spese per il vitto e per la manutenzione dei locali.
Per gli acquisti dei generi alimentari provvedeva la madre superiora che
aveva ampia facoltà per questo. Il primo triennio si concluse
con un avanzo di amministrazione di circa 800 lire, mentre don
Pescò si interessava da vicino allo sviluppo delle strutture
immobiliari, in modo tale che ben presto il caseggiato con ulteriori locali,
potè ospitare un numero maggiore di bisognosi. In particolare venne
riadattato un locale adibito a lavanderia; fu scelto un ripostiglio per
la legna; si scelsero alcune sale come refettorio e camere da letto; furono
alzati locali per le suore; venne sistemata una cantina, un pollaio e una
camera mortuaria. Lo stesso giorno dell’inaugurazione 21 maggio 1894 vennero
accolte tre donne anziane: la prima ricoverata si chiamava Teresa Radice.
Alla fine dell’anno 1894 il numero dei ricoverati era salito a dodici.
L’assistenza e la cura furono affidate in un primo tempo a persone generose,
poi a quattro suore dell’Istituto Bersani Dossena di Lodi dell’Ordine religioso
conosciuto sotto il nome di Santa Savina, coadiuvate da due inservienti
laiche. Esse vivevano alla pari dei ricoverati svolgendo un’attività
regolare, percependo una retribuzione annua di lire 150. Lo stabile era
dotato di una corte civile con una pompa per l’acqua, e l’ingresso nel
cortile era possibile per mezzo di un cancello grande con due ante di ferro
appoggiate su pilastri in cotto. Ed ecco che annesso al caseggiato si diede
ordine ad un terreno coltivabile a verdura e con qualche filare di vite.
Quasi subito dopo la fondazione vennero eseguite alcune opere murarie di
difesa e di separazione; la chiusura fu determinata con un muro di sicurezza
per custodia della sede e del giardino: fu questa una necessità,
perché l’istituto, trovandosi vicino al corso del fiume Lambro,
poteva presentare un continuo pericolo per i ricoverati. La, “Casa della
Provvidenza” si vide ben presto favorita di cospicui legati, tanto per
testamentarie disposizioni quanto per donazioni. Giuseppe Sangregorio di
Melegnano con testamento olografo del 30 maggio 1901 lasciò erede
della sua sostanza l’Ospedale Predabissi di Melegnano con un legato di
Lire 2.000 annue per il Ricovero dei Vecchi in Melegnano. Il 27 maggio
1904, morendo, la signora Maddalena Maderni ved. Trombini, lasciava al
Ricovero lire 2.000. In data 3 marzo 1906 venne eseguita dall’ing.
Gerolamo Maggioni una “descrizione e stima del caseggiato denominato del
Castellazzo sito in via Cavour, 23 in Melegnano”. La stima eseguita, tenuto
conto dello stato immobiliare ed essendo la via Cavour “assai larga e ricercata”
e la distribuzione dei locali “ventilati” attribuiva un valore complessivo
di Lire 23.818,48. Tali beni venivano donati dal proprietario ing.
Clateo
Castellini, unico fondatore superstite, allo scopo di permettere l’erezione
in Ente Morale dell’Istituzione. Le pratiche per ottenere dallo Stato italiano
il riconoscimento giuridico iniziarono nel 1907. Con tale riconoscimento
giuridico all’Ente era permesso di accettare con facilità i legati
e le donazioni e al tempo stesso si creava un assetto istituzionale più
stabile. L’ing. Castellini, che già
aveva divisato destinare parte della sua proprietà il Castellazzo
in perpetuo allo scopo, fece donazione con atto 5 novembre 1907 di tutta
la parte fabbricati antichi e nuovi costruiti in tale proprietà
ed il terreno per cortili, ortaglie, passeggiate annesse al ricovero. Tale
donazione era condizionata alla erezione del Ricovero in Ente Morale ed
alla accettazione dello Statuto compilato dagli amministratori. Il
17 marzo 1910 veniva verificato a rogito del notaio in Melegnano dott.
Ettore Ferrighi il testamento della defunta Angela Frassi, sorella dell’ing.
Giacomo, morta in stessa data. Esecutore del testamento era stato nominato
Pellegrino
Origoni. Con tale testamento la signora Angela Frassi lasciava alla
Casa della Provvidenza le case poste in Melegnano in piazza
Garibaldi e in Via Senna coll’obbligo però
di dare gratis in godimento due stanze nella casa in Via
Senna alla sua servente Marianna Bergomi da oltre quarant’anni al suo
servizio. Tale lascito era subordinato alla costituzione in Ente Morale
della Casa della Provvidenza. Tale testamento specificava altresì
che, se alla morte della signora Frassi la Casa della Provvidenza non era
ancora stata eretta in Ente Morale, l’amministrazione degli immobili veniva
esercitata dalla Congregazione di Carità di Melegnano la quale avrebbe
lucrato un decimo della rendita netta. Come da disposizione testamentaria
tutti i sopraccitati fabbricati hanno dovuto essere e sono stati amministrati
dalla Congregazione di Carità in via temporanea. Essendosi verificata
l’erezione in Ente Morale con regio decreto 25 maggio 1911, si radunarono
il giorno 21 settembre 1911 gli Amministratori della Congregazione di Carità
e della Casa della Provvidenza per eseguire la consegna dei documenti riguardanti
i due Frassi, compresi i fascicoli ‘Albergo
della Madonna con giardino e casa dello Zaina”. L’Amministrazione
provvisoria degli stabili per gli anni 1910/11 portò un avanzo di
amministrazione di lire 3.561,76 che il Tesoriere della Congregazione della
Carità, Guasconi G. Battista, consegnò “in buona valuta legale”
nelle mani dell’ing. Clateo Castellini, presidente.
Entrambe le Amministrazioni si impegnavano provvedere alla voltura nei
registri degli stabili in via Senna e piazza
Garibaldi. |