L'Oca
In passato l'oca (Anser anser) era uno degli animali da cortile allevati
dalla gente del popolo per la produzione di grasso da impiegare come condimento,
da solo o mischiato con grasso di maiale. La gastronomia d’élite
invece ne ricercava il fegato per la preparazione del paté, celebrato
sino dal periodo imperiale romano (i Romani nutrivano le oche con fichi
per fare loro ingrossare il fegato, iecur, che diveniva così iecur
ficatum, da cui il nostro termine fegato). Nel mondo contadino l’oca rivestiva
un’importanza rituale negli ambiti della propiziazione, che ne faceva uno
degli alimenti ricorrenti in particolari festività: nel Nord della
Francia era ricercato per i matrimoni; in Germania e in Boemia si mangiava
per San Martino (11 novembre), in Inghilterra per San Michele (29 settembre),
in Lombardia per San Siro (9 dicembre) e per San Silvestro, nelle Marche
e in Umbria per Ognissanti. In tutta Europa costituiva una delle attrazioni
delle fiere di paese il cruento gioco rituale del tiro dell’oca in cui
i giovani dovevano riuscire a staccare la testa del pennuto vivo, appeso
per i piedi ai rami di un albero, saltando o passandogli sotto a cavallo.
Fu particolarmente apprezzata nelle zone con comunità ebraiche molto
numerose, dove rivestiva un ruolo simile a quello occupato del maiale nella
cultura cristiana. Nella fascia prealpina l’oca, molto rara in passato,
era oggetto di allevamento sporadico a livello familiare. Se ne sfruttavano
particolarmente per il grasso e la piuma, mentre le carni si cucinavano
più o meno come quelle dei polli. Ancora oggi le oche sono allevate
in numero limitatissimo, in Lombardia, soprattutto nella zona di Mortara,
e il mercato italiano si avvale per lo più di capi provenienti dall’estero,
proponendoli come specialità, a prezzi solitamente elevati. La tradizione
lombarda rischia così di perdere (oltre alla salumeria anserina:
salami e salamelle, prosciutti e ciccioli) alcuni dei suoi monumenti gastronomici:
l’oca arrosto e quella ripiena di marroni e salsiccia, con (o senza) contorno
di prugne; l’oca con i fagioli borlotti della Lomellina e quella in salmì
del Comasco (per non parlare delle fricassee di lingue d’oche descritte
nel ‘500 da Bartolomeo Scappi nella sua Opera).
|
|