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L’Asen e ‘l Caval
In centinaia di paesi delle regioni subalpine, tra la primavera e l’autunno, si corrono i palî di àsen, a rinverdire nella memoria popolare la continuità con le epoche bertoldesche della cultura padana. Concluso il periodo delle feste della natura, dall’autunno alla primavera, l’eventuale macellazione degli asini e dei cavalli vecchi contribuiva, in passato, a portare, assieme al sacrificio del maiale, un po’ di abbondanza e una qualche variazione proteica sulle tavole rustiche assoggettate alla tirannia di diete ceralicolo-erbacee. Le parti meno nobili dei quadrupedi ormai inadatti al lavoro erano tritate e mischiate con grasso di maiale, per ricavarne salami e cacciatori. Le interiora, le trippe e i ricercatissimi testicoli, si cucinavano come quelli di bue. Gli altri tagli erano utilizzati per stufati, brasati e stracotti. 
L’attuale scarsa reperibilità del prodotto (del resto quasi tutto d’importazione) ha fatto decadere la tradizione di una cucina della carne equina, così che sui ricettari di questo secolo ne rimangono solo poche tracce. Nella tradizione ottocentesca, laddove non c’era disponibilità di carne bovina, lo stufato d’asino costituiva il piatto di carne domenicale, soprattutto nel periodo freddo, ma anche la pietanza che, per le sue specifiche modalità di cottura, era possibile trovare sempre pronta nelle osterie. Generalmente si preparava con il culaccio, ma quasi ovunque, in campagna, si usavano anche i tagli più nervosi ricavati il più delle volte da animali non propriamente giovani.. Per questo motivo, la stufatura (o la brasatura, ottenuta appoggiando le braci accese sopra il coperchio del tegame) durava spesso 8-10 ore e rendeva morbida e sugosa una carne altrimenti difficilmente commestibile, fornendo abbondante sugo per il condimento della polenta. Usando carne d’asino, più asciutta, è tradizionalmente d’obbligo la lardellatura, ma la migliore qualità del prodotto oggi in commercio renderà sufficiente una cottura di 2-3 ore.
Oltre agli stracotti, o brasati o stufati che chiamar si vogliano, da cui si può ricavare il ripieno per i ravioli o il ragù per la pasta, si ricorda lo spezzatino d’asino con verdure, gli involtini con la pancetta affogati nel sugo di pomodoro e, nelle zone occidentali, al confine con il Varesotto, i bruscitt, carne tritata grossolanamente col coltello e brasata nel vino, la cui origine è fatta risalire alla cultura delle popolazioni nomadi. Qualche artigiano delle zone alpine produce ancora bresaole con carne d’asino o di cavallo, mentre salami di varia pezzatura si producono anche a livello di piccola industria.
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