I Rann
Attualmente, le difficoltà sia di approvvigionamento sia di
preparazione (spellatura e pulitura), non congrue con i tempi della società
postindustriale, ne fanno un cibo piuttosto costoso e non comune, da gustarsi
quasi esclusivamente al ristorante. Nella gastronomia lombarda le rane
si preparano in frittata; in guazzetto, con burro, brodo, aglio e prezzemolo;
in umido, con sugo di pomodoro; si utilizzano per arricchire risotti e
per cucinare un brodo energetico, che in passato veniva ammannito agli
ammalati, e dal quale, con l’aggiunta di riso e prezzemolo, si ricava il
noto ris e rann e, con un soffritto di verdure da rovesciare su fette di
pane abbrustolito, l’altrettanto celebrata zuppa di rane.
La discriminante culturale, nella preparazione delle rane, è
tra chi ne utilizza soltanto le coscette posteriori e chi le cuoce tutte
intere. La gastronomia popolare predilige la rana completa, semmai con
le zampe ripiegate su se stesse, per evitare che la contrazione dei muscoli
durante la cottura dia loro quell’aspetto vagamente umanoide che disturba
la sensibilità di molti commensali. Una volta cotta, la rana, se
è di piccole dimensioni, si sgranocchia completamente, ossa comprese,
come si faceva anche con gli uccellini. La gastronomia colta invece seleziona
solo le parti carnose, cioè le cosce posteriori, ma non varia, nella
sostanza, le modalità di cottura. E’ probabile che, nella sua semplicità,
una tra le più antiche ricette per friggere le rane sia quella riportata
da Bartolomeo Platina nel De honesta voluptate (1474): "Si friggano nell’olio
dopo averle avvolte nella farina".
E’ un anfibio della specie degli
Anuri, presente in Italia in molte varietà, tra cui la più
comune è la rana verde. Ha carni candide, tenere, proteiche, quasi
del tutto prive di grasso e dunque ottime dal punto di vista dietetico,
anche in relazione alla ricchezza di ferro e di proteine.
Un tempo le rane, pescate di
giorno con una bacchetta di bambù cui era fissato un filo con l'esca
(un ranino maschio) e di notte con la lampada, rappresentavano una risorsa
gratuita offerta dal territorio alla tavola della povera gente, che vi
trovava un apporto proteico difficilmente sostituibile. Così era
nel Milanese, ad esempio, per l'abbondante presenza di acque irrigue e
canali. Oggi le rane sono molto meno numerose che in passato a causa dei
diserbanti impiegati in agricoltura, ma anche per il mutamento della configurazione
dei terreni coltivati (perfettamente livellati) e della sistemazione razionale
(e della cementificazione) delle rive. Il terreno dal profilo ondulato
creava infatti pozze d'acqua persistenti dove gli zoccoli dei cavalli utilizzati
nel lavoro dei campi e le ruote dei carri formavano nicchie più
o meno profonde, un habitat naturalmente adatto alle rane.
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