La dinastia Tang che governò la Cina tra il 618 e il 907 aveva lasciato il paese in una situazione di discreto ordine e benessere. Per diventare una nazione moderna dovevano trovare un capo preparato e onesto che facesse delle scelte ben precise per poter offrire a tutti i cittadini, una casa confortevole in cui vivere, allevare i figli, avere cura degli anziani e degli infermi, tutto in armonia con i dettami di Confucio. Invece la politica bloccò ogni iniziativa, l’urto tra il Giappone e la Russia, rivali per l’egemonia in Estremo Oriente, era solo questione di tempo, anche l’Inghilterra era preoccupata che la Russia potesse minacciare i suoi interessi in India. Invece il 27 maggio del 1905, nelle acque di Tsou-shima, la flotta del Baltico, al comando dell’ammiraglio Rozdestvenskij, dopo sette mesi di un avventuroso viaggio, veniva distrutta dalla flotta nipponica dell’ammiraglio Togo e la Russia dovette ritirarsi da tutta la Manciuria, cedere al Giappone la metà inferiore dell’isola di Sakhalin e Port Arthur. Questa inattesa vittoria del Giappone, fu il primo successo di un paese asiatico contro una potenza europea e dimostrò che anche gli asiatici potevano competere con gli europei. L’esigenza di assicurarsi l’accesso all’immenso mercato cinese spinse le grandi potenze europee e gli Stati Uniti d’America a rompere il secolare isolamento dell’impero dei Manciù.
Il valore delle merci introdotte in Cina era di gran lunga inferiore a quello dei beni che venivano prelevati e nel 1839 un funzionario zelante dei governi imperiali bruciò pubblicamente oltre 20.000 casse di oppio, dando inizio alla cosiddetta guerra dell’oppio (1840-1842). Il 19 marzo del 1840, lord Palmerston dichiarò alla Camera dei Comuni che si doveva inviare una squadra navale. la quale, appena giunta, si impadronì di Canton e di Schangai. Con il trattato di Nanchino la Cina dovette cedere agli Inglesi Hong Kong e aprire al commercio inglese cinque città costiere. Nei decenni che seguirono la guerra dell’oppio, la Gran Bretagna e la Francia, fecero un piano per spartirsi tutto il territorio cinese. Il trattato di Pechino concesse alla Francia e all’Inghilterra il diritto di navigare lungo lo Jang-Tze. A metà del XIX secolo anche il Giappone corse il rischio di essere invaso dalle due famigerate potenze europee e nel luglio del 1853 una squadra navale degli Stati Uniti, impose l’apertura del mercato ai Giapponesi, ma l’imperatore Mutsuhito ristabilì l’autorità della corona trasferendo altrove la capitale. A sua volta il Giappone, in aperto dispregio degli impegni internazionali, iniziò l’aggressione alla Cina nel settembre 1931, con il proposito di estendere l’occupazione a tutta la Cina settentrionale. Tutte le correnti più progressiste, riunite in una setta segreta fondata da Sum Yat-sen nel 1911 deposero la Dinastia imperiale e proclamarono la Repubblica. Organizzati da Sum Yia-sen in partito, il Kuomintang, Yuan Shi-kai ne assunse la presidenza (1912). Un nuovo periodo di travaglio si concluderà solo con il prevalere delle forze di ispirazione comunista. Un altro guazzabuglio fu il governo del generale Li Yuan-hug, che decise di entrare in guerra contro la Germania a fianco dell’Intesa. Quelli del Kuo-min tang si rifugiarono nel sud, a Canton, formando un governo dissidente, mentre a nord imperversavano i cosiddetti “ signori della guerra”. La confusione era al massimo e Li Yuan-hug proclamò la legge marziale e respinse le pretese dei giapponesi.
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