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Computers Lunga storia degli Asburgo e .....
scritto inedito di: Milost Della Grazia e Machì Venera Milost
Preparativi della battaglia di Lepanto
Il Papa Pio V , dopo aver creato la Lega Santa, aveva chiesto al re di Spagna, al Doge di Venezia, al Doge di Genova ed ai Cavalieri di Malta, di incontrarsi a Messina con le loro Galee, per valutare insieme la situazione e studiare un piano d’attacco comune contro i turchi che con le loro truppe erano arrivati alle porte di Vienna ed avevano trasformato il Mediterraneo in un campo di battaglia. La notizia, dopo un paio di giorni, era di dominio pubblico, ma nessun turco se n’era preoccupato, avevano soltanto consigliato al loro ammiraglio Ali Pascià di non dare tregua alle isole adriatiche appartenenti a Venezia. La loro strategia era molto semplice, costringere Venezia a disperdere le sue forze, correndo in aiuto delle sue isole adriatiche, sulle quali Alì Pascià e i suoi sgherri avevano fatto i soliti soprusi, violenza sulle giovani donne, sequestro degli uomini robusti da destinare ai remi e profanazione delle chiese. I veneziani impegnati in queste isole non avrebbero avuto la possibilità di raggiungere Messina e la Lega Santa non sarebbe mai entrata in funzione. Ma il piano di Alì spesso non funzionava e infatti nel 1570 l’intrepido comandante veneziano Marcantonio Quercini aveva impedito ai turchi di sbarcare le loro truppe a Creta. Nella primavera del 1706 il famigerato Barbarossa, con 60.000 giannizzeri imbarcati su 400 galee, riuscì ad occupare una limitata zona ad ovest di Chania (Candia per Venezia vedi foto ), perdendo più del 50 % di questi soldati del Sultano. Ad un mio parente da parte di madre, Jury Mladinic, comandante di un gruppo di galee veneziane, avevano dato il compito di bloccare i rifornimenti di vettovaglie e munizioni tra le basi di Costantinopoli e le truppe sbarcate con il Barbarossa nei pressi di Candia. Ferito anche lui da una fucilata alle gambe, fece il possibile per aiutare la popolazione che si era rifugiata nella fortezza di Chania, terrorizzata dall’idea di cadere in mano ai turchi. Sistemò i pochi uomini ancora validi nelle posizioni più importanti, con accanto le loro mogli. Con la forza della disperazione riuscirono a resistere per 23 giorni. I pochi sopravvissuti si gettarono dalle mura piuttosto che essere torturati dai turchi. La salma di Jury fu portata dapprima nell’isola di Curzola, poi nell’isola di Brac, dove era nato. Come nei paesi sperduti delle tundre nordiche e siberiane gli uomini migliori continuano a vivere nei canti dei loro Minnesaenger, così nelle antiche isole dell’ Adriatico e del Mediterraneo il ricordo delle loro gesta resta vive nei canti dei suoi poeti. Nel 26 ° canto di una nota raccolta l’anziano Doge di Venezia, Francesco Molin, è triste e piange da quando gli hanno raccontato che Jury Mladinic è morto combattendo contro i turchi a Candia. Era un grande eroe, era il comandante della flotta che calpestò l’armata del Sultano. Jury, ala d’aquila, luce della nostra spada.. Il principe Marcantonio Colonna, al comando delle galee pontificie, arrivò a Messina tra i primi, poi arrivò Don Giovanni, il quale, come ammiraglio, pretese una ispezione delle galee, dei cannoni, di tutte le armi e munizioni, delle reti antiabbordaggio, delle vele, delle vettovaglie, Volle conoscere tutto il personale, ebbe parole di conforto e di speranza per i galeotti condannati ai remi. Finita l’ispezione, Don Giovanni si rivolto all’equipaggio e disse: « signori, andiamo a stanare questi turchi. » La maggioranza del equipaggio era cattolica e tra le persone più importanti presenti sull’Ammiraglia c’era l’ombra che Filippo aveva messo alle spalle di Don Giovanni, Luis de Requesèns, il principe Gianandrea Doria , Marcantonio Colonna, Prospero Colonna, il figlio di Marcantonio, Sebastiano Venier, l’ammiraglio veneziano Antonio Barbarico e l’amico fraterno di Don Giovanni Alessandro Farnese, che divideva la cabina con Don Giovanni. Alessandro era figlio di Margherita di Parma, figlia naturale di Carlo V. A Messina Don Giovanni fece salire sull’Ammiraglia il Duca di Bracciano, Paolo Giordano ed il suo gruppo di volontari romani che avevano chiesto l’onore di partecipare alla battaglia. Loro compito era quello di intervenire, in caso di arrembaggio, nel corpo a corpo con i turchi. A bordo della galea Marquesa c’era un volontario di qualche mese più giovane di Don Giovanni, Miguel de Cervantes, colui che poi scrisse il Don Chisciotte. Ogni Galea era provvista di reti antiarrembaggio, aveva più di quaranta cannoni in grado di lanciare palle di pietra pesanti tredici chilogrammi e in sottocoperta cannoni più piccoli. La Lega poteva contare su velieri per trasportare vettovaglie e munizioni. Don Giovanni aveva predisposto che lo spazio tra una galea e l’altra non doveva superare circa 160 metri
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