Mosč era il condottiero del popolo di Israele e i suoi rapporti con Geova erano ottimi, anche dopo lincidente di Gades, dove si erano accampati
dopo quasi quaranta anni di vita da nomadi.
Gli ebrei sono brava gente, ma spesso intolleranti per le fatiche, per la scarsitā di cibo e di acqua, molti di loro rimpiangevano di essere fuggiti dallEgitto, dove non stavano poi tanto male. Geova aveva dato continuamente una mano a Mosč, facendo piovere manna e dirottando stormi di quaglie per appagare le loro esigenze, spesso fuori luogo, come quando si misero ad adorare un vitello doro, facendo imbestialire Mosč che dovette tornare due volte sul Monte Sinai per farsi consegnare le pietre con i dieci Comandamenti e le Leggi, tavole che Mosč, quando vide il Vitello doro aveva scaraventato per terra, mandandole in mille pezzi.
Quello che lo infastidiva al massimo era il lamento ma come si stava bene prima , dimenticandosi le fatiche e le frustate che si prendevano tutti i giorni. Durante la pausa a Gades, dove si erano accampati per riposarsi qualche giorno, la situazione, il clima peggiorō.
Mosč era particolarmente stanco e nervoso. per le solite lamentele degli ebrei che avevano sete e di acqua non se ne vedeva in giro. Mosč, esausto, si dimenticō di rispettare la gerarchia e con il bastone percosse con rabbia una roccia che aveva di fronte, dalla quale immediatamente uscė acqua fresca, scordandosi che i miracoli non programmati erano di competenza di Geova. Mosč sentiva che gli ebrei quel giorno erano pių noiosi del solito e deve essergli scappata lesortazione: ma sė, bevete e non rompetemi pių le ......, non pensando che questo poteva procurargli un rimprovero da parte di Geova che vedeva la cosa da un altro punto di vista e si offese. Geova comprese che Mosč era ormai molto vecchio e stanco e decise che a portare il popolo nella Terra Promessa non sarebbe stato lui Mosč, ma Giosuč, che era diventato un grande guerriero e capo carismatico grazie agli insegnamenti di Mosč. Alluniversitā, quando qualcuno di noi andava in pensione, diceva quattro parole ai giovani medici: anni or sono ci hanno consegnato dei locali vuoti e noi dal nulla abbiamo creato una scuola sempre allavanguardia su tutto. A voi il compito di continuare a lavorare insieme, cercando di migliorare ulteriormente il nostro prestigio. Buona Fortuna.
Con Geova, Mosč non poteva certo usare questo tono. Penso che disse: sono veramente stanco e sono felice di andarmene. Andō alla base del monte Nebo e spiegō agli ebrei che il suo posto e la sua qualifica di condottiero veniva presa da Giosuč e benedė lui ed il suo popolo.
Salė sul monte Nebo da solo, per ammirare, tra le lacrime, il panorama della Terra Promessa. E morė.
Mentre scrivevo queste righe, mi veniva in mente un altro Mosč, il mio amico Lerner Moshč, padre di Gad Lerner, e mio paziente, diventato poi mio amico, lui e la sua compagna Mima, la cui morte fu uno shock per tutti noi. Moshč parlava perfettamente sette lingue, compreso larabo ed il russo. Ero giā stato un paio di volte in Israele, nel periodo in cui mi occupavo della frantumazione dei calcoli renali ed i migliori apparecchi per questa tecnica venivano costruiti da una ditta di Haifa, per cui dividevo il mio tempo tra Haifa, Tel Aviv e lUniversitā Hadassah di Gerusalemme, quella con le vetrate di Chagall. Le serate le passavo in qualche ristorante mitteleuropeo di Tel Aviv, in compagnia di Mosč e di mia moglie Vera, nel quale aspettavamo lalba, parlando dei nostri ricordi e cantando antiche melodie viennesi, con il cameriere, viennese anche lui, che ci accompagnava con il violino.
Non volle seguirci quando noleggiai una macchina per affrontare, insieme a Vera, il deserto del Negheb fino alle antiche miniere di rame di Salomone della valle di Timnā e il golfo di Eilat e di Aqaba.
Credo che ci giudicasse due pazzi, mentre noi stavamo andando a vedere le localitā, in assolito, pių belle del mondo, di questo affascinante paese che č Israele
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