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Storia e Mitologia

scritto inedito di: Milost Della Grazia
Medio Oriente: gli Ittiti
Mi stavo interessando dell’origine degli ittiti, il popolo ricordato più volte nella Bibbia, quando Abramo acquitò da un ittita il terreno ed una grotta per seppellire la moglie Sara, quando Esaù, il fratello di Giacobbe, sposò Judit, figlia dell’ hittita Elon e a proposito di David e Betsabea. Secondo vari studiosi gli ittiti, sicuramente indoeuropei, sono dei sassoni che molti anni fa abbandonarono il loro paese, la Sassonia, per stabilirsi in Anatolia. Dopo ottocento anni decisero di tornare in Germania, ma cambiarono direzione e, invece che a Dresda, andarono a stabilirsi nella più occidentale Assia. Un certo numero di questi sassoni rimasero in Anatolia, creando negli antropologi una discreta confusione. Di queste emigrazioni di popoli tra l’Europa e l’Anatolia ve ne furono altre, tipica quella dei venedi in Italia. Programmai un viaggio in Anatolia per visitare l’antica Iconium, dove nel maggio del 1190 Federico Barbarossa, prima di morire annegato, e con lui la Terza Crociata, nel fiume Goksu, sconfisse duramente gli ottomani. Poi andai a visitare Catal Huyuk, scoperta nel 1952, sotto una collinetta dall’ archeologo inglese J. Mellaart ( huyuk è l’equivalente turco di tell, cioè colle ). Fu probabilmente la cittadina più antica del mondo e venne abbandonata a causa di qualche catastrofe. Gli abitanti erano uomini primitivi , i quali, grazie al culto dei morti, avevano fatto il primo passo verso il sacro o, come precisa J. Ries, avevano iniziato la strada della trascendenza (vedi mio lavoro: Anatolia, paese delle 14 civiltà-melegnano. net) Prima di lasciare l’Anatolia andai a rivedere le rovine di Troia e la piana dell’Ellesponto, dove lottavano i greci contro i troiani . Ho sempre provato una grande emozione a rivedere questa piana e pensare ai protagonisti.. Quegli anni tra il 1930 ed il 1940 sono stati i migliori della mia giovinezza. Il professor Gritti, mio insegnante di greco al ginnasio-liceo di Milano ci leggeva con voce tremula per l’ emozione qualche episodio dell’Iliade, molto spesso l’addio di Ettore alla moglie Andromaca ed al figlio Astianate, momento patetico in cui piangono tutti e tre abbracciati, perchè il dono delle lacrime è l’accettazione virile della sofferenza, tanto che un antico detto popolare greco afferma che il pianto si addice ai valorosi. Mentre leggeva, al professor Gritti piaceva bloccare le pause, creando momenti in cui l’azione resta sospesa, come in “ Strano Interludio” di O’Neil, e ci sembrava di udire il respiro di Ettore che aveva un attimo di esitazione e di dubbio se affrontare o no Achille, che lo sta aspettando davanti alle mura di Troia. Ma Ettore, dinnanzi alla morte diventa più uomo che mai, perchè pensa solo alla gloria ed alla immortalità che la morte gli avrebbe assicurato. Perchè ho voluto ricordare l’Iliade di Omero con tutti i suoi eroi e l’epopea di Gilgamesh ? Perchè questi uomini, il loro modo di comportarsi, come sapeva descriverli il professor Gritti, avevano lasciato una profonda traccia nel nostro cervello ancora morbido, creando le basi della nostra etica comportamentale, insegnandoci il concetto di lealtà, di fedeltà, di amore per la propria terra, di onestà, di importanza della parola data. Le letture del professor Gritti, per me e per i miei compagni, erano state quello che altri, in genere un padre, non sono stati capaci di farlo. Anche il cardinale Martini, con il quale non ho mai potuto parlare, era il mio vescovo, mi ha insegnato, con un suo scritto, che nella vita non è obbligatorio essere degli eroi, ma uomini si. Peccato che un uomo come lui non abbia mai avuto il tempo per insegnarci cosa vuol dire avere fede, spiegarci che cosa crede la gente che dice di essere credente. Tutto il resto, a parte i miei studi universitari, fu solo nozionismo, una storia d’Italia piena di falsità storiche, per non parlare delle varie dittature di destra e di sinistra. La guerra forse mi ha dato qualche lezione, come quel mattino sul fronte greco-albanese. Dopo una nottata di pioggia, mi alzo intirizzito, con la divisa fradicia di pioggia e, disarmato, faccio quattro passi oltre la mia postazione, in cerca di un raggio di sole. Sento il rumore di un rametto che si spezza. Mi giro di scatto e vedo un sottufficiale greco con il mitra puntato contro di me. Gli dico kalimera. Mi guardò un attimo poi mi fece un cenno con il capo, sparisci. Era un greco onesto, come la maggior parte dei greci che ho conosciuto nella mia vita, sicuramente anche per lui Socrate era quello che il filosofo rappresentava anche per me. Tornato alla mia postazione, dopo aver bevuto un caffè, dissi al mio amico Romei: Benito, per cortesia, se e quando torneremo a valle, ricordati che sono debitore di un gallo ad Esculapio.
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