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Computers Il Pensiero filosofico e religioso
Eraclito aveva ragione

scritto inedito di: Milost Della Grazia
Bin Laden
Al di là della barricata troviamo Osama Bin Laden, sempre che sia vivo. Mi è venuto questo dubbio quando ho letto che Abu Musad Al Zarkawi, un giordano di 37 anni, è diventato il numero uno dei terroristi. In attesa di notizie più precise, considero ancora Bin Laden la controparte di Bush. L’unica persona in grado di presentarci questo carismatico leader è Rahimullah Yusufzai, direttore del The News, uno dei più diffusi quotidiani pachistani e corrispondente della Bbc da Peshavar. Rahimullah è l’unico giornalista che riuscì a intervistare due volte l’uomo più ricercato del mondo, la prima volta a Kandahar il 25 maggio del 1998, la seconda il 23 dicembre dello stesso anno nei pressi di Khost. Il giornalista così descrive il loro primo incontro: Bin Laden vive in un bunker scavato nella roccia a 47 metri sotto terra. Quando entrai nel suo rifugio vidi subito un uomo alto e magro con una  lunga barba grigia, seduto accanto ad una lampada a gas. Si alzò, insieme ai due figli Omar e Saad, e mi disse, benvenuto in Afghanistan, Passammo  tutta la notte a discutere, mentre i due figli dormivano a terra su dei cuscini. Il giorno dopo una pioggia di missili americani distrusse la sede dove si erano incontrati, per rappresaglia al bombardamento delle ambasciate americane del Kenia e della Tanzania. Qualche ora dopo il bombardamento Osama Bin Laden telefonò al  giornalista, dicendogli, ridendo: Ha visto, hanno sbagliato obbiettivo, io ero a una decina di chilometri di distanza. Rahimullah descrive Osama come uomo educato e molto gentile, che ti mette a tuo agio quando gli parli, ha un vivo senso dell’umorismo quando ti racconta, ridendo, di aver dichiarato guerra da solo agli Stati Uniti. Alto un metro e novantasei centimetri, è magrissimo, parsimonioso al massimo e vegetariano, va a farsi la spesa da solo, poi ti invita a pranzo e con quattro uova fa una frittata per dodici persone. Nella storia del pianeta non c’era mai stato un uomo come Bin Laden, miliardario e terrorista, asceta e uomo d’affari, ingegnere, agronomo e teologo coranista, nemico dei russi e degli americani, una specie di francescano frugale nel mangiare e nel vestirsi, un Che Guevara del nostro tempo, in parole eleganti un ossimoro, figura retorica di qualcosa che non esiste in natura, come non esiste il ghiaccio bollente e la luce buia. Osama ha carisma, umiltà  e dolcezza per piacere alla gente, con un unico limite, o sei un musulmano, oppure un infedele, il discorso che i cristiani e i musulmani amano un unico Dio, che poi è sempre lo stesso Dio, per lui non vale.
Osama è nato a Riad il 10 marzo del 1957  in una famiglia di imprenditori immobiliari.
Avevo letto che era il principale finanziatore dell’integralismo islamico, mentre invece sembra che sia Al Quaeda a finanziare le operazioni terroristiche con i milioni di dollari provenienti per lo più dal Golfo Persico, in particolare dall’Arabia Saudita.  La Cia aveva identificato la monarchia saudita come la principale fonte di sostentamento di Bi Laden  fino a quando, dopo una serie di tre attentati realizzati da Al Quaeda a Riad, i  principi di casa Saud capirono che la Jihad in Arabia Saudita era un boomerang che rischiava di far saltare tutta la monarchia saudita. Quando le truppe russe invasero l’Afghanistan Bin Laden combattè con i volontari arabi contro l’invasore sovietico. Nel 1992 si rifugiò in Sudan, nel 1996  tentò di rientrare in Arabia Saudita, ma il paese gli tolse la cittadinanza e lo respinse. Si rifugiò in Afghanistan, dove creò il gruppo terroristico Al  Quaeda e da dove lanciò la guerra santa contro gli Stati Uniti, per lui, dopo la guerra del Golfo, il nemico numero uno. Osama  Bin Laden diceva sempre: in Afghanistan eravamo in pochi e con pochi mezzi ed abbiamo sconfitto la Russia, la  più grande potenza militare della Terra. Ora è il turno dell’ America, a mio giudizio molto più debole. Come leader del Fronte Islamico Internazionale, aveva , come braccio destro, Ayman Al Zawahiri, capo della Jihad egiziana  e, come numero tre Muhammad Alef.  I suoi obbiettivi sono: scacciare gli americani dal suolo dell’Arabia Saudita, rovesciando la monarchia al potere, scacciare gli ebrei dalla Palestina, sconfiggere anche gli americani. Ma la sua posizione in Afghanistan non aveva basi sicure. A suo tempo aveva combattuto a fianco dei mujaheddin, militanti islamici di base in Pakistan, contro l’invasore russo, ma i tempi ora erano cambiati. Quando arrivò in Afghanistan il personaggio politico più importante del paese era Ahmad Massud, chiamato il leone del Panshir. Massud era stato giudice della corte suprema di Kabul, presidente del Fronte Nazionale Islamico, comandante in capo dei mujaheddin e primo ministro ad interim nel 1992. Era sopratutto al di sopra dei signori della guerra, era stanco di combattere e conscio che il paese aveva bisogno di pace, Massud aveva preso contatto con gli attuali capi dei mujaheddin, i quali a loro volta si erano messi  in contatto  con il console generale degli Stati Uniti a Peshawar, David Ketz, con il vecchio amico e compagno d’armi Gulbuddin Hekmatyar e con  il presidente del Tagikhstan Rabbani.
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