Herbert Marcuse, il filosofo tedesco, emigrato in California nel 1934 era
diventato l’idolo degli studenti con la sua “Teoria critica
della società “, nella quale affermava che la civiltà
tecnologica contemporanea, anziché liberare l’uomo, lo stava opprimendo
e lo alienava, per cui non era più in grado di proporsi forme
di vita alternative, mentre Marcuse invece sosteneva che l’uomo poteva
liberarsi mediante un uso alternativo della tecnologia, purché
rifiutasse l’attuale società. La contestazione studentesca
arrivò da noi in modo piuttosto subdolo, per colpa di una “ Zanzara
“, un giornalino che gli studenti del liceo Parini pubblicavano saltuariamente,
nel quale esponevano i loro problemi e le loro richieste. Il Parini è
il liceo più aristocratico della città ed aver conseguito
la maturità classica al Parini è un punto qualificante da
sottolineare nel proprio curriculum. All’inizio del 1966 su questo giornalino
comparve una specie di inchiesta sul sesso, nella quale gli studenti denunciavano
la necessità di una educazione sessuale, problema praticamente
tabù per colpa, secondo loro, dell’insegnamento della religione,
che su questo argomento creava soltanto complessi di colpa. Al giorno d’oggi
questo problema avrebbe fatto ridere, ma nel 1966, non in Sicilia ma a
Milano, si poteva solo passeggiare con la fidanzata, dandole il braccio,
sotto l’occhio benevolo di una parente. L’articolo provocò un pandemonio,
la magistratura incriminò gli studenti che l’avevano scritto e rinviò
a giudizio anche il preside del liceo. Il presidente del Tribunale
Luigi Bianchi d’Espinosa ebbe il buon gusto di sdrammatizzare la situazione,
evitando di rendersi ridicolo e assolvendo tutti gli imputati, con la preghiera
di darsi tutti una bella calmata. Quelli del liceo Parini si calmarono,
ma la miccia si era accesa, grazie anche ad un diffuso malcontento per
tute le strutture scolastiche, per cui nel 1967 la contestazione era dilagata
in tutto il paese. A quei tempi ogni facoltà, in base alle sue strutture,
poteva accettare un numero chiuso di studenti e, per ottenere l’iscrizione,
lo studente doveva rientrare tra quelli compresi nel numero chiuso,
graduatoria fatta sulla base di un difficile esame scritto preliminare.
Con la contestazione tutto cambiò, l’Università, per volere
degli studenti, diventò una scuola di massa. I famosi Baroni,
i capi carismatici o Mandarini, come li chiamavano a Parigi, erano dei
professionisti molto preparati, indubbiamente poco democratici, ma professori
che avevano dedicato tutta la loro vita all’insegnamento. Improvvisamente
si trovarono con un numero doppio o triplo di studenti, con aule e strutture
inadeguate. Il ministro democristiano di Roma, per calmare le acque, scelse
una strada sbagliata, rendendo l’esame di maturità, una volta
molto selettivo, estremamente facile, spalancando così le porte
delle Università e gli studenti, alla fine di un esame disastroso,
pretesero il 6 politico, cioè una sufficienza rubata, ottenuta senza
alcun merito. Quelli di Trento pretesero una loro Università, illudendosi
che, nella tranquillità di una città estranea ai grandi sconvolgimenti
sociali, questa Università potesse diventare una fabbrica di managers,
mentre invece creò solo dei terroristi, come Curcio e la Cagol. |