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Trilogia dell'amore
scritto inedito di: Milost Della Grazia |
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Antica Roma | ![]() |
![]() Le vittorie delle legioni romane in Africa ed in Oriente fecero affluire a Roma grandi ricchezze, dalle miniere d’argento spagnole, dalle somme enormi che i paesi vinti dovevano versare ai romani, dalle tasse che tutti i cittadini dell’impero dovevano pagare, dai dazi e dal sale che veniva prodotto dal monopolio dello stato romano. Tutto questo danaro migliorò il tenore di vita dei cittadini, ma soprattutto l’aspetto della città e la cultura dei romani, che potevano avere pedagoghi greci, migliorò la situazione delle donne, che potevano permettersi di avere in casa una esperta pettinatrice, una “ornatrix”, capace anche di truccarle il volto. Presso i romani era costume “fidanzare” la giovane figlia molto presto, anche se rimaneva sotto la tutela del pater familias, dalla quale si liberava solo al momento del matrimonio, per passare a quella del marito, che in genere le lasciava una notevole libertà. Una volta coniugata la donna diventava la matrona, quella che custodiva tutte le chiavi, salvo quella della cantina, della quale si interessava il marito. Esisteva il divorzio ed anche la donna poteva ripudiare il marito, tanto che Seneca aveva amaramente scritto che certe donne divorziano per rimaritarsi e si sposano per divorziare. Alludeva a quelle donne emancipate che non volevano avere figli per non perdere la bellezza della loro figura, donne che si occupavano di politica e parlavano perfettamente il greco omerico, cercando di eguagliare in tutte le cose il sesso maschile. Durante il periodo dell’impero trionfò questa specie di femminismo e l’imperatore Augusto, senza ottenere un grande successo,.aveva cercato di ripristinare una certa moralità, ma inutilmente, tanto che qualche senatore aveva cercato di far passare la propria concubina come moglie e Scipione l’Africano non cercava di nascondere la sua senile infatuazione per la bella serva. L’Urbe era piena di ruffiani, di papponi e di prostitute, giunte dai territori conquistati. I costumi peggioravano sempre più, come si può leggere nelle epistole di Cicerone e ogni tanto uno scandalo scuoteva la capitale, come quello del poeta Caio Valerio Catullo, che ebbe la cattiva idea di abbandonare la dolce Sirmione, per trasferirsi a Roma. Avere una relazione con una prostituta non era vietato, bastava che il capriccio non si trasformasse in passione, ma Catullo si innamorò perdutamente della spregiudicata Lesbia, sorella del tribuno Clodio Pulcro, ucciso a furor di popolo. Anche Catullo morì a trenta anni, bruciato dalla vita dissoluta che Lesbia e suo fratello gli avevano fatto fare. Di lui ci è rimasta una notissima poesia con l’invocazione a Lesbia di dargli mille baci, mille “basia od oscula “. |
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