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Computers Posso parlare ancora di Fascismo?
scritto inedito di: Milost Della Grazia
Conclusione
E’ impossibile trarre delle conclusioni da una storia  in cui numerose pagine sono ancora bianche, una storia in cui i vari attori sembrano il più delle volte controparti senza volto, che fanno pensare al coro di una tragedia greca. 
Mussolini fu sicuramente un dittatore, ma all’italiana, e nella notte  del 25  luglio del’43 il dittatore andò a dormire dopo che il Gran Consiglio del Fascismo l’aveva licenziato.  Aveva i suoi pretoriani, la Milizia,  a pochi metri da lui, poteva far arrestare tutti,  ma invece ordinò anche a loro di andare a dormire e la dittatura, il regime terminò, senza un solo colpo di pistola, non certo per volere del popolo, ma dagli stessi fascisti che l’avevano creato. 
La sua  fu una dittatura all’italiana. Figlio di un fabbro socialista, era nato povero e morì povero, il suo cuore fu sempre di sinistra e di sinistra volle anche morire. 
A sessanta anni dalla sua morte non si conosce  ancora con certezza il posto, la data e da chi fu ucciso ed il paese non ha avuto ancora il coraggio di chiudere  i conti con il passato e con la storia.
Molti  autorevoli personaggi all’estero si erano chiesti come avesse fatto l’Italia, potenza di secondo ordine a giungere, durante il periodo fascista alla ribalta della storia e la voce  più autorevole era quella di Winston Churchill, il quale, in visita a Roma, confessò di avere subito il fascino di Mussolini. Se fossi italiano, disse riprendendo il motivo del pericolo bolscevico, sono sicuro che sarei stato con lui dal principio alla fine della sua lotta vittoriosa contro i bestiali appetiti del leninismo. 
Mussolini non era razzista, Mi è capitato per le mani un libro di Stefano Biguzzi  “ L’orchestra del Duce” Utet, Torino 2003” 
178 divertenti pagine che mettono in luce uno degli aspetti meno artificiosi del Duce e che dimostrano che Mussolini non era razzista. e mi hanno rivelato un suo aspetto poco noto. 
Da molti anni avevo nel mio studio una sua fotografia  piuttosto insolita. Abituato a vedere foto mentre trebbia il grano, mentre pilota un aereo, con una feluca in testa, mentre sale agilmente una scalinata facendo due gradini per volta, mentre  parla alla folla nella solita posa istrionica, mento volitivo sollevato e mani sui fianchi, posa sicuramente studiata dal  Gabriele D’Annunzio di “Fiume o Morte”, oppure mentre sale a cavallo, ( tutti in Italia sapevano il ritornello “spunta il sole, canta il gallo, Mussolini salta a cavallo ). Niente di tutto questo, nella mia foto si nota un Mussolini in piedi, in abiti borghesi, con i lineamenti completamente  rilassati, che tiene sotto il mento un violino, mentre con l’archetto nella destra si appresta a suonare. Mussolini amava la musica classica, non sopportava  Wagner e Verdi, la cui musica giudicava garibaldina, da banda di paese e probabilmente questa ostilità era legata all’immagine dell’italiano “eterno tenore e mandolinista”, immagine che . Mussolini rifiutava,  illudendosi che era sufficiente far indossare agli italiani la camicia nera per trasformarli in un popolo di eroi. 
Come ho già ricordato il Duce fu il promotore del Maggio Musicale Fiorentino, prima biennale poi, dopo il grande successo, dal 1937 annuale. Nel 1938 il grande direttore d’orchestra Bruno Walter, costretto ad abbandonare la Germania, perché ebreo, prima di emigrare stabilmente negli Stati Uniti,  poté dirigere l’0rchestra del Maggio Musicale Fiorentino sia nel ’38 che nel ’39, con il Requiem tedesco di Brahms. 
Nel 1942, in piena guerra e quando la sua  sudditanza militare e politica nei confronti di Hitler era ormai purtroppo palese, volle presentare all’Opera di  Roma il  dramma musicale Wozzeck di Alban Berg, vietatissimo in Germania, perché considerata arte musicale degenerata di un ebreo. .
La passione musicale di Mussolini non era un vezzo, fu il primo ed unico uomo di Stato del regno unito che abbia suonato uno strumento musicale e suonava il violino, magari male, ma lo suonava  con foga e con passione, anche se, sembra, non tenesse molto conto dei tempi. Per lui suonare  era uno sfogo, lo faceva nei momenti di tensione o nei momenti più oscuri della sua vita. 
Due ore prima dell’incontro per la firma dei Patti Lateranensi nel 1929, forse quando gli venne in mente il suo passato di socialista ateo e rivoluzionario,  il capo ufficio stampa, che aveva dei documenti urgenti da fargli firmare, attese per più di un’ora che Mussolini smettesse di suonare nel suo modesto appartamento di via Rasella a Roma, perché il domestico non osava disturbarlo fino a quando dal suo studio non finirono di filtrare le note del violino. 
Sapevo che aveva riempiti molti muri con le sue massime, ma questa non l’avevo mai letta: 
il fascismo è una grande orchestra, dove ognuno suona uno strumento diverso. 
Finito di sfogarsi con il violino, indossò il battichiappe e l’uomo più amato e più odiato dagli italiani andò a firmare quei patti con il Vaticano che l’avrebbero poi fatto diventare “ l’uomo della Provvidenza mandato  a Dio per salvare l’Italia “.
Ripeto, Mussolini non fu mai un razzista , ma ad un dato punto dovette adeguarsi al volere di quel pazzo di Hitler e lo conferma quello che Sigmund Freud pensava di lui. Gioacchino Forzano, l’uomo di teatro molto vicino a Mussolini, gli aveva chiesto un consulto per una sua giovane parente. Al momento di congedarsi dal grande psichiatra, Forzano gli chiese un libro da portare a Mussolini e Freund prese dalla sua grande libreria un libro che aveva pubblicato l’anno precedente “ Warum Krieg ?” e di suo pugno scrisse  la dedica in tedesco:  “A Benito Mussolini, con i rispettosi  saluti da un vecchio ebreo che riconosce nel Governante l’eroe della cultura “. Quando fu ucciso il suo corpo fu vilipeso e sputacchiato dal popolo.
Sul  suo corpo scaraventato per terra una gentildonna  si alzò la gonna e sghignazzando urinò sul cadavere, poi l’appesero per le gambe. Dopo qualche ora  arrivarono gli americani del generale Crittenberger, che fece finire lo scempio.
Penso che il popolo infierì sulla salma non perché era stato un dittatore, ma perché li aveva delusi, aveva loro promesso di vincere anche questa volta, come al tempo dell’impero, invece aveva perso e questo era per il popolo imperdonabile. 
Per gli americani il fascismo era diventato un mito e Mussolini era visto come l’uomo di frontiera che avanza in un territorio sconosciuto , che piega gli eventi invece  che sottomettersi ad essi. Per me Mussolini fu l’uomo che mi diede quella  patria che, da slavo, non avevo mai avuta e mi insegnò ad amarla e ad essere orgoglioso di essere italiano. Per me è stato l’uomo che ha saputo restaurare in Italia gli antichi valori e le più solide virtù che devono essere la base etica di un uomo, la lealtà, la fedeltà alla parola data, il senso del dovere, l‘obbedienza e l’amore per Dio e per la Patria.
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