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Posso
parlare ancora di Fascismo?
scritto inedito di: Milost Della Grazia |
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Divagazioni sull’arte di governare | ![]() |
![]() Tutti i filosofi sono concordi nell’affermare che la democrazia è figlia di Socrate, dell’uomo del dialogo e del dubbio, perché Socrate sottoponeva la politica ad una critica sistematica e impietosa e secondo lui tutti i cittadini, che ne avevano la capacità, dovevano partecipare alla vita politica della polis. Chi pensava solo ai fatti suoi non era un uomo libero, ma solo un servo o uno schiavo. Il filosofo Luciano Canfora, nel suo libro “Critica della retorica democratica”, prende lo spunto dalla condanna a morte di Socrate, per denunziare le ipocrisie della democrazia, in quanto fu possibile condannare Socrate per empietà grazie all’appoggio dei mass-media di allora, cioè di alcuni autori e attori di teatro, Aristofane in testa, decisi a squalificarlo davanti al popolo di Atene. Socrate con i suoi dubbi “rompeva” e la giuria popolare lo condannò a morte con 280 voti contro i 220 che lo ritenevano innocente, mediante una votazione pertanto impeccabile. Socrate avrebbe potuto fuggire, ma preferì morire che infrangere con la fuga le leggi di Atene. Tucidide era uno storico serio che non dava giudizi, ma faceva risaltare il buono e il cattivo dalla narrazione dei fatti e scrisse anche la vita di Alcibiade, uomo politico e generale ateniese, il quale aveva convinto i capi della polis che per vivere meglio gli ateniesi avevano bisogno di un impero che lui aveva individuato nella Sicilia. Continuava a predicare che si doveva preparare una spedizione per conquistare l’isola e quando questa fu pronta per partire, qualcuno nella notte mutilò alcune statue del dio Ermete. Era un cittadino molto dandy, amato dal popolo per il suo stravagante modo di vivere e di vestirsi e il sospetto cadde naturalmente su di lui. Non avevano prove valide per incriminarlo di empietà, ma gli tolsero il comando della spedizione, dandolo a Nicia, il quale come generale valeva poco. I siciliani di Siracusa erano dei dori di origine tedesca, che non si impressionarono quando videro le navi di Nicia, il quale nella battaglia perse tutte le navi e la vita. Alcibiade si salvò, ma non ebbe il coraggio di tornare ad Atene e si rifugiò a Sparta, mettendosi al servizio della città. Quando gli oligarchi spartani gli chiesero il motivo della sua scelta, Tucidide gli attribuisce queste parole: Nessuno sa meglio di me, che ne sono una vittima, che cosa sia in verità la democrazia ateniese. Anche Aristotele aveva delle idee personali e non vedeva nella democrazia il sistema migliore di governo. Preferiva un sistema misto, con un monarca, affiancato dalla aristocrazia e dal popolo nel quale però non tutti i cittadini avevano diritto di voto. L’altro metodo più comune per governare un paese è la dittatura o tirannide, cioè la presa del potere con mezzi rivoluzionari o truffaldini, per cui il dittatore è sinonimo di tiranno, con tutte le sue sfumature possibili che vanno da Francisco Franco a Stalin, del quale ultimo preferisco non parlare. ![]() Fu un dittatore poco illuminato che pensò prevalentemente al suo benessere e a quello della sua famiglia. Anche Kemal Ataturk fu un dittatore, il quale, avendo la Turchia perso la guerra, invece di mettersi a piangere e scappare, come fece Badoglio, si oppose allo smembramento della sua patria, proclamò la decadenza del sultano e in due anni di guerriglia riuscì a scacciare dal paese tutte le forze greche ed inglesi che avevano occupato parte della Turchia. Fu un dittatore illuminato e quando stava morendo tutta Istanbul si raccolse silenziosa intorno al suo palazzo sul Bosforo per essergli vicina nel momento più grave della sua vita. In Grecia il 21 aprile del 1967 un gruppo di sette colonnelli fecero un colpo di stato instaurando una dittatura, ma nessuno pianse quando il 23 luglio del 1974 furono costretti ad andarsene. Il giustizialismo fu un movimento politico fondato in Argentina da Juan Domingo Peron, basato su un nazionalismo contrario al fascismo ed al comunismo. Peron auspicava la formazione di un’unica classe sociale basata sulla collaborazione tra gli industriali e gli operai. Prese il potere nel 1946 e lo tenne fino al 1955 con la collaborazione di sua moglie Evita Duarte, fondatrice nel 1947 di una società a tipo assistenziale, che ebbe largo seguito tra i ceti più poveri, i “descamisados”. La demagogia è un modo squallido di governare, facendo promesse che si sa di non potere poi mantenere. L’oligarchia è una delle più antiche forme di governo in cui il potere è concentrato nelle mani di un ristretto numero di cittadini. Genova, Firenze e Venezia furono rette, ai tempi del loro massimo splendore, da una oligarchia. Andando più in la con gli anni si deve ricordare la gerusia o assemblea degli anziani di Sparta, di cui Licurgo fu il capo ed autore della costituzione, che programmava tutta la vita dei cittadini, dalla nascita alla morte, compreso come, dove e quando dovevano fare l’amore. Licurgo, per evitare di essere preso a bastonate da qualche dissidente, sparì dalla circolazione trasformandosi in una specie di divinità. L’anarchia era un’utopia, una teoria astratta, la quale, per realizzare la più completa libertà e uguaglianza sociale, proponeva l’abolizione di qualunque autorità, creando una società senza classi e senza leggi. Storicamente era stata ipotizzata durante la civiltà greca dal filosofo Zenone. Renzo De Felice ha inventato per la RSI il termine di “poliarchia anarchica”, in quanto a Salò c’era il governo di Mussolini, con i suoi ministri, i prefetti e un esercito regolare, ma in pratica i tedeschi comandavano loro, occupando tutto il paese, situazione più unica che rara. In Russia il nichilismo fu un movimento politico sviluppatosi nel 1860, ma non ebbe mai una applicazione pratica, rimanendo una pura utopia come la Città del Sole di Tommaso Campanella. Se dovessi dare un giudizio sulla migliore forma di governo concluderei, come disse Indro Montanelli, che in Italia è inutile cambiare sistema politico in cerca di quello buono, perché quello che manca è la materia prima, il cittadino, intendendo come tale un individuo consapevole, oltre che dei suoi diritti anche dei suoi doveri, a cominciare dal rispetto della legge che egli stesso si è dato, ma soprattutto rinunciando ad aggirarla per il proprio interesse. Concluderei pertanto questo capitolo con le parole che Alexis Tocqueville pronunciò nel 1841 alla Camera dei Deputati francese: “Sono un aristocratico per istinto, non amo, anzi temo la folla, ma amo con passione la libertà, la legalità, il rispetto dei diritti, non amo la democrazia e odio la demagogia. Perno della società è l’uomo con la dignità della sua persona che non si deve mai violare né mettere in discussione” |
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