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Computers Posso parlare ancora di Fascismo?
scritto inedito di: Milost Della Grazia
Johanna - Churchill era veramente un democratico ?
Nel 1951 abitavo a Milano a Porta Romana, avevo 36 anni ed ero all’inizio della mia carriera universitaria. Dividevo la mia giornata tra la clinica di via della Commenda, la sede del PSI, a pochi metri da casa mia e la redazione dell’Avanti
in piazza Cavour, naturalmente solo quando dovevo scrivere un articolo sul  giornale. Una sera, mentre stavo rileggendo un mio articolo che doveva andare in stampa, arrivò in redazione Ugo Intini con una giornalista italo-americana, che stava visitando le redazioni dei giornali milanesi e, dopo via Solferino era arrivata nella nostra in piazza Cavour.
Il giorno dopo era sabato, non aveva impegni ed accettò la mia proposta di farle conoscere i posti più suggestivi di Milano. Aveva qualche anno meno di me, lavorava per il The New Jorker, era simpatica e colta, ci raccontammo le nostre vite e così io e Johanna diventammo amici. Andavo spesso a Londra al Middlesex Hospital per imparare da Turner-Warwick, l’urologo della regina, una tecnica operatoria molto complessa. Un paio di volte Johanna mi raggiunse e passammo dei tranquilli fine settimana sul mare a Brighton, circa 40 minuti di Tube da Piccadilly. Ai  primi di dicembre del ’53 mi arrivò una sua telefonata, se vuoi conoscere il tuo ex nemico Winston Churchill, vieni subito a Londra, gli hanno dato il Nobel per la letteratura e il mio direttore si è ricordato che tre anni fa l’avevo già intervistato ed ora mi ha chiesto di prendere parte alla conferenza stampa organizzata a Londra per il cinque dicembre.
Ci incontrammo all’aeroporto di Gatwick e con il Tube raggiungemmo il Sheraton Park Lane Hotel a Piccadilly dove erano già in attesa un gruppo di giornalisti. Johanna mi diede il compito di registrare l’intervista.
Churchill venne accolto da un grande applauso, aveva 78 anni ed un cervello ancora lucido. Passammo tutta la serata a parlare dell’intervista, lei lo conosceva dalla fine della guerra quando alle prime armi era riuscita ad intervistarlo. Sapeva che gli amici lo chiamavano Winny e conosceva quasi tutto della sua vita, da quando si era fatto notare come ministro della marina inglese, del suo fallimento politico dopo la tragedia dei Dardanelli , quando Kemal Ataturk aveva massacrato le truppe australiane e neozelandesi che aveva sbarcato a Gallipoli, squalificandolo davanti a tutto il mondo. Aveva capito l’importanza del ruolo che Churchill aveva avuto nella seconda guerra mondiale, della fama di cane ringhioso che si era fatto, delle sue accuse contro quei leader inglesi sempre pronti a calarsi le braghe davanti a Hitler.
All’inizio della guerra Churchill non era molto amato in parlamento a Londra e doveva subirsi le urla dei colleghi che l’invitavano a tornarsene a casa, ma quando le divisioni germaniche dilagarono per l’Europa e Stalin firmò con Hitler un patto per dividersi la Polonia ,re Giorgio VI comprese che la situazione stava degenerando. Del vecchio Winny conosceva la fermezza e l’ostinazione da vecchio mastino che aveva una grande stima di se stesso, tanto che qualcuno l’aveva sentito dire la Gran Bretagna ha un cuore da leone, ed io sono il suo ruggito.
Giorgio VI comprese che Winny era l’unica persona alla quale poteva affidare l’Inghilterra. Churchill aveva 65 anni, accettò la sfida concentrando nelle sue mani il ruolo di primo ministro e quello di ministro della difesa. Poche ore prima che Churchill spiegasse al popolo il suo programma, un sommergibile tedesco aveva affondato in pochi minuti in una sicura baia inglese, la corazzata Royal Oak con tutto l’equipaggio. Churchill, parlando dal parlamento ebbe l’onestà di riconoscere la superiorità dei tedeschi e di congratularsi con il comandante del loro sommergibile. Agli inglesi disse poche parole: i tedeschi sono forti, per vincerli dovremmo essere ancora più forti, io posso offrirvi soltanto sangue, sofferenze, sudore e lacrime ma vinceremo ed alzò la mano destra formando con le dita la famosa V. Quando alla conferenza si parlò del Premio Nobel per la letteratura tutti furono d’accordo che il Nobel l’aveva ricevuto non per i sei volumi che aveva scritto, ma per quello che aveva fatto salvando l’Europa. Alla fine chiesero a Churchill quale era secondo lui il migliore sistema per governare un paese. Rispose che il classico che amava di più era Aristotele il quale faceva un ragionamento molto semplice da lui definito sillogismo.
Se A =B e B=C, anche A=C, il che voleva dire che se la democrazia era basata sulla maggioranza e la maggioranza era ignorante, si doveva dedurre che la democrazia si basava sull’ignoranza della gente, per cui la democrazia era sicuramente la peggiore forma di governo, ma non ne conosceva altre. Con questa facezia terminò l’intervista. Lasciammo la sala per ultimi e Johanna si avvicinò a Churchill per salutarlo e presentarmi. 
Pensando a Dresda mi venne quasi la voglia di mandarlo al diavolo perché nel febbraio del 1945, mentre l’Armata Rossa avanzava verso Berlino, violentando brutalmente e uccidendo le donne e  strangolando i bambini e gli anziani, valanghe di profughi tentavano con ogni mezzo di sfuggire all’Armata Rossa,  mescolandosi con i reparti della Wehrmacht in ritirata, decimati dal freddo terribile, dalla fame e dalla disperazione, Churchill aveva pensato di aiutare l’alleato sovietico bloccando quella marea in fuga per facilitare la loro avanzata e non trovò nulla di meglio che invitare il Maresciallo dell’Aria Harris, detto il macellaio, a studiare qualcosa per bloccare i tedeschi in fuga dalla Slesia verso Berlino. Harris scelse come obbiettivo Dresda, un gioiello dell’arte, priva di qualsiasi importanza  militare, ma con le strade che si stavano intasando di profughi. Alle ore 22 del 13 febbraio 1945   224 bombardieri inglesi Lancester  sganciarono il loro carico di bombe dirompenti ed incendiarie, seguiti tre ore dopo da una seconda ondata di  529 bombardieri  e all’alba da decine di fortezze volanti americane, uccidendo e bruciando vivi  mezzo milione di inermi civili, una delle infamie  più scellerate e inutili  della seconda guerra mondiale. Quando il Maresciallo Harris, parlando con Churchill, si dimostrò piuttosto perplesso per quello che aveva fatto,  Churchill gli rispose: personalmente i suoi sentimentalismi non mi toccano. Quando ci avvicinammo a Churchill prima di andarcene, avrei preferito non salutarlo, ma mi ricordai dell’infernale macchinetta Ultra che gli aveva permesso di vincere la guerra decodificando tutti  i nostri messaggi, mi ricordai soprattutto che, pur di non perdere questo prezioso aiuto, aveva permesso ai tedeschi di distruggere la città di Coventry.  Allora mi fu chiaro perchè re Giorgio aveva scelto Churchill  per salvare l’Inghilterra e sconfiggere  Hitler, perchè solo un uomo duro e gelido come lui poteva farlo,  con i sentimentalismi  purtroppo non si vincono  le guerre.  
Churchill si ricordava la giovane giornalista che l’aveva intervistato tre anni  prima e parlarono per qualche minuto poi borbottò qualcosa verso di me afferrandomi la mano che gli porgevo. Una volta in strada, Johanna mi indicò un antico palazzo barocco in Hyde Park Gate, a due passi dal Sheraton, e mi disse che  W. Churchill abitava lì da sempre. 
Questo era l’uomo che si definiva il ruggito dell’Inghilterra, l’uomo che aveva salvato l’Europa dal nazismo, comunque mi sembra di avere capito che, come Aristotele, non amava molto la democrazia.
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