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Scusami Adolfo
scritto inedito di: Milost Della Grazia
Qui  inizia la mia fantapolitica. Mussolini era ormai completamente esautorato e messo ad una specie di arresti  domiciliari alla Rocca delle Camminate nella sua Predappio. dove ancora  tutti l’amavano.  Era diventato un pensionato qualunque e si faceva curare l’ulcera dal medico del paese invece che dal dottor Menghele del suo amico Adolfo. Parlava discretamente il tedesco, tanto che era riuscito ad incantare, prima della guerra, anche i tedeschi con un discorso in una piazza di Berlino. Mi immagino la sua telefonata a Hitler: scusami Adolfo, ma non c’è la faccio più, sono stanco ed ammalato, ormai sono più di danno per la vittoria che d’aiuto e poi sono certo che se tenti di liberarmi, qui a Predappio, i carabinieri mi fanno subito fuori. Non mi perdono d’occhio, giorno e notte, quindi, per favore, lasciami in pace. Ti chiamo ogni due, tre giorni, ciao.  Per non annoiarsi avrebbe scritto le sue memorie,  facendo soffrire molta gente. Se fossero arrivati gli alleati a prelevarlo sarebbe stato un problema loro se portarlo o meno a Norimberga. Aveva nascosto da qualche parte dei documenti che sarebbe stato meglio, per molta gente, che non saltassero fuori.  Invece, come succede spesso in Italia, le cose si fanno male. Ebbero la brutta idea di arrestarlo, con un inganno ,in casa del re a Villa Savoia e Mussolini diventò la vittima per antonomasia, facendo incavolare anche la regina Elena che strapazzò Vittorio Emanuele, ricordandogli che in casa di suo padre Nicola di Montenegro, certe porcherie e vigliaccate non si erano mai fatte. Dopo qualche anno e in punto di morte, il re confesso a sua figlia Giovanna di Bulgheria: "Arrestando il Duce in casa nostra ho fatto una bella fesseria e non so se gli storici me la perdoneranno".  Mussolini andò dal re alle ore 17 e il colloquio durò venti minuti esatti. Il re si era completamente raggrinzito e sembrava ancora più piccolo del solito. Recitò a memoria, quasi balbettando, il discorsetto che si era preparato: "Cavaliere Benito Mussolini, lei ha ormai in Italia un solo amico, Vittorio Emanuele III, che sono io, ma come ha potuto vedere le cose stanno andando male. Per difenderlo da qualunque pericolo lo faccio trasportare con una ambulanza in un posto sicuro".  Fatta la ramanzina lo fece veramente portare via con l’ambulanza in stato di arresto, accompagnato da un capitano dei carabinieri. Sarebbe stato molto più opportuno raccontare ai giornalisti che Mussolini, molto emozionato dagli eventi, dopo avere salutato cordialmente il re, purtroppo era inciampato malamente in un tappeto ed era caduto dalle scale battendo la testa contro uno spigolo. Nonostante il pronto intervento di un medico e tutte le cure del caso, era spirato serenamente. Non ci avrebbe creduto nessuno, ma anche Sant’Agostino nel suo De Mendacio, spiega che ci sono otto tipi di bugie e  buona parte di queste sono utili e non costituiscono peccato.  Invece no, lo arrestano davanti a molti testimoni, Badoglio per telefono consiglia al questore Polito di buttarlo in acqua facendo finta di niente, mentre il generale Roatta consiglia esattamente il contrario. Mussolini si guarda bene dallo scappare, aveva capito che non aspettavano altro per sparargli alle spalle. Dopo l’arresto lo portano in giro tra l’imbarazzo della scorta che non ha ancora capito bene se lo devono chiamare Eccellenza o pigliarlo a calci in culo. Venne portato un po’ al mare, prima a  Ponza,  poi alla Maddalena ed infine in montagna a Campo Imperatore, dove passava il tempo leggendo i giornali che i carabinieri gli procuravano e si godeva la buona aria di montagna.   Invece quel rompiscatole di Hitler, subito informato dove lo nascondevano, gli inviò un capitano delle SS, il quale, da bravo tedesco, senza alcuna fatica e con la massima precisione, atterrò con un minuscolo aereo in pochi metri quadrati e prelevò un Mussolini  profondamente scocciato, il quale, per educazione,  lasciò due righe per la sua scorta la quale, appena sentito il ronzio di un motore di aereo, aveva sentito l’urgente bisogno di andare nel bosco circostante per raccogliere legna. 
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