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Scusatemi se non v'aspetto
scritto inedito di: Milost Della Grazia
Il Duce aveva scritto: scusatemi se non vi aspetto, ma i tedeschi hanno una fretta del diavolo, grazie di tutto, se avessi immaginato sarei venuto con voi nel bosco a raccogliere la legna. Molto cordialmente, vostro Benito Mussolini.  Appena sentirono che l’aereo era ripartito i carabinieri si misero a ballare dalla gioia per essersi liberati da una simile grana. Il capitano delle SS portò Mussolini  prima a Vienna e da lì a Rastenenburg, dove l’accolse un Hitler raggiante. Mussolini dovette anche ringraziarlo, a questo punto non poteva certo raccontargli che avrebbe fatto molto meglio a lasciarlo dove era. Per telefono la cosa sarebbe stata forse possibile, ma Hitler aveva fatto trasportare in Germania anche la sua famiglia, per cui, per salvare la faccia e la famiglia, fu costretto a continuare il suo ruolo di Duce.  Occupata Roma, gli americani volevano dare la priorità al fronte  francese,  con un eventuale sbarco in Provenga, per costringere i tedeschi a dirottare alcune divisioni dalla Normandia alla Provenza. Invece Winston  Churchill ed il generale Alexander  proponevano  di continuare la guerra in Italia.  Hitler oscillava tra la soluzione politica, sfruttando il Duce e l’occupazione militare, con l’annessione di ampi territori italiani, dei quali Roberto Farinacci sperava di diventare il  Gauleiter. Anche la Weermacht era di questo parere, soltanto che Rommel voleva portare il fronte oltre il Po, a  ridosso delle Alpi, mentre Kesserling voleva resistere sulla Linea Gotica, tenendo il fronte più lontano possibile dalla Germania.  Ribbentrop appoggiò la soluzione politica e nacque  la RSI, instaurando una  “occupazione amichevole”, la quale  evitò la deportazione di  milioni di operai italiani che avrebbero dovuto lavorare nelle fabbriche sparse in tutta la Germania.  I  tedeschi avevano tutto l’interesse a mantenere tranquilli gli operai che nelle fabbriche italiane lavoravano per loro. Ebbero la collaborazione degli industriali italiani  in cambio del mancato trasferimento degli operai, contenti anche loro perché restavano in Italia,  guadagnavano bene e non correvano il rischio di essere richiamati alle armi.  In qualche fabbrica gli operai arrivarono al punto di applaudire i controllori tedeschi, contenti anche loro per il buon andamento della produzione industriale. In compenso i tedeschi tolleravano la borsa nera, proibita in Germania, accettando l’innata arte degli italiani di arrangiarsi. Per questi motivi pratici la RSI fu utile per il paese, oltre ad essere, in quei momenti drammatici l’unica manifestazione palese della volontà di essere ancora uno stato.  La Monterosa fu la base del suo esercito, formato soltanto con ragazzi del  1924 e 25, chiamati alle armi con regolare leva e da ufficiali e sottufficiali  dell’ex regio esercito.  Ventimila uomini, addestrati in modo perfetto, che parteciparono, con i battaglioni tedeschi del 285°e del 286° reggimento, più quello di Mittenwald  all’offensiva chiamata in codice Wintergewitter.  Il generale Carloni alle ore 4.26 del 24 dicembre ordinò l’attacco ed il nostro  fu l’unico punto  della Linea Gotica dove le truppe della RSI, con i camerati tedeschi,  sfondarono il fronte della 5°ed 8°armata americana, con possibilità di aggirarle, ma Keselring aveva altri problemi da risolvere.  La Monterosa  arrivò combattendo fino ai Bagni di Lucca e per i suoi soldati fu un momento di vera gloria.  I  partigiani che operavano nella valle del Serchio, rendendoci la vita difficile erano quelli  della XI Zona, comandati da Ducceschi Manrico, giovane studente di filosofia, con nome di battaglia dapprima   Pontito, poi Pippo. (dal libro di G. Petracchi). Il suo fu il nucleo partigiano più attivo dell’Italia Centrale.  In una lettera attribuita a Palmiro Togliatti e conservata nei  National  Archives  USA,  notizia ripresa dal bellissimo libro di Giorgio Petracchi--- Al  tempo che Berta filava, Palmiro Togliatti si lamentava dei sentimenti anticomunisti di Pippo, che recavano danno al partito comunista e  non giovavano alla loro naturale inclinazione verso l’Unione Sovietica, per cui Togliatti  ordinò di infiltrarsi  nelle file di Pippo e di  disgregare al massimo la loro organizzazione. Questo era il Palmiro Togliatti delle malghe di  Porzus e della mia città, Trieste, che voleva regalare a Tito. 
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