Nel
1922 l’instabilità in Italia era al massimo , i vari governi
Giolitti, Bonomi e Facta incapaci di dominare la situazione, la borghesia
era spaventata e temeva una guerra civile. Il re, spaventato anche
lui, chiamò a Roma, con il famoso telegramma, Benito Mussolini e
gli conferì l’incarico di formare un governo. Come tutti
i partiti, anche quello fascista ebbe la sua parte di gente seria
ed onesta e la sua parte di fanatici e farabutti e questi ebbero
la brillante idea di uccidere l’onorevole Matteotti. Era sufficiente un
minimo quoziente di intelligenza per comprendere che avevano
fatto la cosa più idiota che si potesse fare. Bene o
male Mussolini non perse il posto, fece molte cose buone, molte sbagliate
ed il fascismo, il primo esperimento di istituzionalizzazione di
una nuova religione laica dal tempo della rivoluzione francese, con l’aiuto
del filosofo Giovanni Gentile, cercò di insegnare agli italiani
un nuovo modo di concepire la vita, soprattutto amando la patria. Anch’io,
figlio di genitori slavi e senza una vera patria, mi sentì fiero
di essere italiano. Mussolini ebbe al suo fianco uomini intelligenti
e valorosi come Italo Balbo, Dino Grandi, Bottai, altri solo avidi
di potere come Roberto Farinacci. Ad un dato punto il consenso fu
generale e, mentre Mussolini parlava ad una folla stipata in tutta
la piazza, dalla facciata del Duomo di Milano pendeva un enorme drappo
sul quale il cardinale aveva fatto scrivere : “ Ringraziamo Iddio
che ci ha fatto incontrare l’uomo della Provvidenza ”. Lo stesso
papa Pio XI aveva detto: “Per ridare Dio all’Italia e l’Italia a
Dio ci voleva un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare
“. Qualcuno
ritenne, credo Bottai, che era arrivato il momento di mitizzare ulteriormente
la figura di Mussolini, che divenne il Duce, “sorge il sole, canta
il gallo, Mussolini sale a cavallo“, nuotava al largo
di Rimini, come poi avrebbe fatto Mao, correva in motocicletta,
saliva le scale due gradini per volta, per far capire ai gerarchi
che lo seguivano ansanti, che dovevano smettere di rimpinzarsi, pranzo
e cena, di pasta, pilotava sempre personalmente l’aereo, andava a
trebbiare il grano a torso nudo, amato dalle donne per le quali era diventato
un idolo. Gli andarono bene un paio di guerre, quella in
Spagna contro i comunisti, dando una mano a Franco e quella in Africa,
dove la Francia, l’ Inghilterra, il Belgio ed il Portogallo si erano già
appropriati delle fette migliori. Il 9 maggio del 1936 dal
balcone di piazza Venezia proclamò a venti milioni di italiani deliranti
d’entusiasmo che Italia “Sui colli fatali di Roma è riapparso l’Impero”.
Fu anche fortunato, perché, quando andò in Libia, colpita
da una lunga siccità, quando giunse a Tripoli e ritto
su un cavallo bianco tese verso il cielo la spada dell’Islam, si
mise a piovere e così per gli arabi diventò anche il
mago della pioggia. Aveva un completo disinteresse per la ricchezza
e per i titoli nobiliari, che gli avevano offerto, in compenso era
ambizioso e dal grado di ex caporale della prima guerra mondiale
passò a quello di Maresciallo dell’Impero, da lui inventato,
commettendo il grave errore di ritenersi uno stratega, lo stesso
errore già fatto quando pensò che fosse
sufficiente far indossare agli italiani la camicia nera per trasformarli
in tanti piccoli superuomini. Riuscì a governare per
qualche anno ancora con il consenso di almeno il 90 % della popolazione
italiana per la semplice ragione che agli italiani faceva comodo che qualcuno
pensasse per loro e sono sicuro che a ben pochi mancasse
la libertà. A loro era sufficiente avere la libertà di raccontare,
senza rischiare molto, barzellette tipo “chi non mistica non
mastica”, alludendo all’opera “Mistica Fascista” di Giovanni Gentile. |