Dopo
aver letto un articolo di Indro Montanelli avevo concluso che la
dietrologia, cioè la politica dei “se” e dei “ma”, serve molto poco,
d’altronde, quando da anni un tarlo del pensiero, ben celato nel mio subcosciente,
trafora nella notte il mio cervello, ritengo che possa essere di grande
conforto un attento riesame di una situazione che da anni mi disturba.
Qualcuno ha scritto che quando inizia una guerra la prima vittima è
sempre la verità, le bugie dei vincitori diventano la storia, mentre
i vinti non hanno alcun diritto di parlare. Come soldato della Monterosa
ero un “vinto”, ma con noi non c’erano bugie da smascherare, perché
quello che ci fecero dopo la resa è ampiamente documentato
e fa ormai parte della storia. Si salvarono solo quelli che ebbero
la possibilità di consegnarsi agli alleati ed
è qualificante notare che ai nostri istruttori tedeschi, che ci
avevano seguito in Italia e che si erano arresi insieme a noi, non fu torto
un capello. Molti altri, soldati di un esercito regolare, non fascista,
vennero massacrati, seviziati, linciati senza pietà, compresa
la mascotte di quindici anni di un reggimento e non certo per opera
dei veri vincitori. Come potevamo sapere che tra i camerati c’erano
anche quelli che si occupavano della soluzione finale degli ebrei e degli
zingari, che esistevano campi di sterminio con forni crematori. Per quale
ragione gli anglo-americani, oltre alle bombe che distruggevano l’Italia,
non hanno sommerso le città con foglietti che illustravano, magari
con foto, quello che stava succedendo in Europa. Quando sono partito da
Vercelli, credendo di finire a Salerno, nessuno mi ha raccontato degli
ottomila ebrei italiani, alcuni miei cari amici, vittime di un razzismo
idiota e criminale. Sono arrivato alla conclusione che giudicare
è un compito estremamente complesso, perché si devono valutare
moltissime circostanze, soprattutto sul luogo, sulla cultura del paese
in cui si nasce, del momento in cui uno viene al mondo. A
Norimberga si riunirono molti giudici, provenienti da tutto il mondo,
per giudicare dei criminali di guerra, ma quelli che li giudicarono
erano i rappresentanti legali di altri ipotetici criminali che hanno
massacrato a loro volta una infinità di esseri umani, come Stalin
e come Tito, che ebbe il privilegio di morire nel suo letto, curato
e rispettato, non ostante avesse sulla coscienza una infinità di
esseri umani gettati nelle foibe del Carso o uccisi alle malghe di
Porzus. Se Stalin e Tito fossero nati in Inghilterra o in America, quale
sarebbe stata la loro sorte ?. E se Eisenhower fosse nato, cresciuto e
diventato generale in Germania ?. Napoleone Bonaparte diceva
sempre ai suoi soldati: “Ciascuno di voi porta nel suo zaino un bastone
da maresciallo “, dimenticando però di precisare in quale
paese ed in quale periodo doveva nascere. Prendo come esempio
proprio Napoleone Bonaparte, che qualche storico ha definito
un rivoluzionario alla conquista di un impero. Figlio di Carlo Bonaparte,
di origine lombarda e di Letizia Ramolino, di stirpe toscana, ebbe
la fortuna di nascere nel 1769 ad Ajaccio, suddito di Luigi XV grazie alla
vittoria dei francesi sui corsi, che portò all’annessione definitiva
della Corsica alla Francia nel 1789. Vinse molte battaglie, ma perse,
non una ma ben due volte, la guerra. Con le sue illuminate idee sconvolse
il mondo di allora, dalla Spagna a Mosca, fino alle Piramidi. Causò
infinite sofferenze ovunque mise piede e condusse a morte una infinità
di esseri umani. Nella sola battaglia di Waterloo morirono 41.000 soldati
solo francesi, eppure per la Francia è un vero mito, una gloria
nazionale, della quale i francesi sono gelosi e fieri ed ha pure il privilegio
di riposare nella cripta del Dome des Invalides agli Les Invalid nel cuore
di Parigi. Fosse nato in Italia, nel secolo scorso, sarebbe finito,
appeso per i piedi, insieme ad una Josephine di turno, in qualche piazza
d’Italia, vilipeso e sputacchiato dal popolo sghignazzante. Non mi
importa se Antonio Spinosa ha scritto che il tribunale della storia
ha già condannato Mussolini e nessuno potrà tentare un processo
di riabilitazione. Ma di quale storia parla Spinosa ? Per me anche
Benito Mussolini era un rivoluzionario ambizioso, anche se di serie
B e preferisco evitare ogni discorso sulla loro diversa importanza
storica. Napoleone era un genio militare e non credo che pensasse
ad una Europa unita. Mussolini ha tentato, sulla scia di una guerra
vittoriosa, di creare un nuovo tipo di italiano, anche se il vecchio feldmaresciallo
Hindenburg pensava che nemmeno Mussolini sarebbe riuscito a fare
degli italiani niente altro che degli italiani. |