Dopo
la guerra avrò fatto almeno trenta volte la Cisa, passando sull’autostrada
vicino a Berceto e provando dentro di me una sensazione angosciosa
nel ricordare le ore passate in quell’ ospedale. Un giorno mi sono deciso,
con mia moglie sono uscito dall’autostrada ed a Berceto ho fermato una
persona di circa la mia età, nella speranza che mi aiutasse a trovare
l’ex ospedale. Ho avuto fortuna, perché mi ero imbattuto proprio
nel signor Marchetti, che a quell’epoica aveva 18 anni ed era il figlio
del falegname che forniva le casse da morto all’ospedale militare tedesco.
Fu gentilissimo, volle accompagnarci fino al parco. Il grande edificio
era disabitato e da anni adibito a colonia estiva per i ragazzi. Da sotto
un mattone prese la chiave ed entrammo a visitare l’ex ospedale. Sono riuscito
ad individuare lo stanzone dove ero stato degente. L’edificio, con
l’adiacente chiesa, risaliva al 700 d.C. con Liutprando, re dei Longobardi.
Dopo l’8 settembre 1943, il fronte si avvicinò ed i tedeschi lo
trasformarono in ospedale. militare. Il signor Marchetti ricordava tutti
i particolari, con il parco sempre occupato da ambulanze, con giorni in
cui i morti erano talmente numerosi da non trovare posto nella camera
mortuaria, per cui erano sistemati per terra nel parco, in attesa di sepoltura.
Da quando avevo lasciato Aulla per andare in linea non avevo mai potuto
lavarmi. Qui, appena arrivato, mi hanno spidocchiato e messo sotto la doccia,
non ostante le ferite, poi in un bel letto pulito. Dal letto parlavo con
altri italiani, con feriti tedeschi, con John, con qualche russo dell’armata
cosacca del Friuli. Un pomeriggio sento molte voci nel corridoio,
si apre la porta ed entra un generale tedesco, è il Feldmaresciallo
Albert Kesserlling, seguito da un codazzo di medici ed alti ufficiali tedeschi
ed italiani. Fanno un giro per lo stanzone, poi Kesserling si ferma
davanti il mio letto, mi stringe la mano e mi consegna una busta, dicendomi:
“Ich gratuliere fuer die Auszeichnung und fuer die Beforderung”.
Ricordo come oggi la sua voce ed i suoi occhi azzurri, il suo modo di sorridere.
Mi aveva consegnato la medaglia d’argento al valor militare sul campo e
la promozione a sottotenente. Kesselring, a mio giudizio, è stato
il migliore generale tedesco, un geniale manovratore, sicuramente migliore
di Rommel, soprattutto mai crudele ed aveva pure simpatia per gli italiani,
nonostante che Vittorio Emanuele, la mattina del 8 settembre, poche ore
prima di darsela a gambe con il suo degno compare, rassicurasse ancora
Kesselring sulle buone intenzioni del governo Badoglio di restare fedele
all’alleanza. Sarei felice di rivederlo, ma penso che sia ormai morto e
con la morte “tutte le fiamme dell’ira” si spengono, come dice un poeta
tedesco, in tutto il mondo, esclusa l’Italia naturalmente. Natale
era vicino e noi tutti, italiani, tedeschi, americani e russi, aiutavamo
le infermiere ad ornare un grande abete. Eravamo tutti piuttosto malinconici,
anche le infermiere tedesche soffrivano di nostalgia come noi, in silenzio.
Mentre dal mio letto fisso le candeline, cerco di capire perché
sono finito in questo letto.
Tutto
è iniziato il 10 giugno 1940, quando la gente cominciava ad affluire
in piazza Venezia già nelle prime ore del pomeriggio perché
Mussolini doveva parlare al popolo italiano. A Milano avevo ben altro da
fare, perché da due mesi con Franco Vergani stavamo preparandoci
per l’anatomia umana. Il 10 giugno, alle otto del mattino eravamo
in via Mangiagalli all’Istituto di Anatomia. Feci per primo
l’esame e presi il massimo dei voti, dopo mezz’ora lo fa Vergani e prende
soltanto una sufficienza, rovinandogli la media. La reazione di entrambi
al dispiacere di Franco si conclude in una solenne sbornia, con la
balorda idea di tornare in via Mangiagalli, dove Franco vuole contestare
il voto. ll professor Bruni era un buono, non perse la calma, sospese
per qualche minuto le interrogazioni, fece arrivare una ambulanza e finimmo
ricoverati entrambi al Pronto Soccorso del Policlinico. Arrivò
mia madre, angosciata, quasi piangendo: dottore, cos’ha mio figlio ?
Signora, non ha nulla di particolare, ma non vede che è sbronzo
?
Mi svegliai lentamente e, guardandomi in giro, chiesi: mamma,
che cos è questo casino ?
Sssst! mi rispose, Mussolini sta parlando, sta dichiarando guerra alla
Francia ed all’Inghilterra. Da una radio in corridoio si sentiva l’urlo
della folla che invocava: Guerra !! Guerra !! Naturalmente
nessuno aveva chiesto il mio parere, le armate di Hitler stavano dilagando
da tutte le parti ed avevano appena terminato una tranquilla passeggiata
fino a Parigi, Germania e Russia si erano mangiate metà
Polonia a testa e Mussolini temeva di rimanere volta a digiuno. Gli servivano
cinquemila morti per sedersi, insieme agli altri, al tavolo della pace. |