Dopo
un mese che eravamo in Italia il generale Carloni, preoccupato per le conseguenze
che quella lurida guerra civile poteva avere sul nostro morale, insistette
presso il Feldmaresciallo Albert Kesserling per il nostro trasferimento
al fronte. Finalmente il 14 ottobre l’ordine arrivò e la Divisione
occupò una fetta di Linea Gotica, dal monte Altissimo sulle Alpi
Apuane al fiume Serchio. Alla nostra sinistra avevamo il 285°
reggimento di fanteria tedesco. Questo settore della Linea Gotica era considerato
un fronte relativamente tranquillo.Con il nostro arrivo si risvegliò
bruscamente, forse grazie ai partigiani che avevano avvisato gli Alleati
che la linea era tenuta da “novellini”. Il 26 ottobre una compagnia
dell’Aosta, 300 uomini in tutto, aveva sostituito un battaglione tedesco
che presidiava un settore di oltre due chilometri di fronte. I partigiani
avevano trasmessa subito la notizia agli Alleati ed all’alba del 28 ottobre,
dopo un intenso fuoco d’artiglieria, tre battaglioni brasiliani attaccarono
la compagnia dell’Aosta, mentre un distaccamento di partigiani li attaccavano
alle spalle. Si creò una falla ed i brasiliani avanzarono
per quattro chilometri, ma dopo 24 ore, grazie ad un contrattacco, furono
costretti a ritirarsi, lasciando sul terreno numerosi morti Il due novembre
la 92° la divisione americana aveva sostituito i brasiliani. I suoi
uomini erano chiamati i “soldati bisonte”, in quanto discendevano dal famoso
9° Cavalleria, composto esclusivamente da soldati negri, che nel 1850
aveva combattuto contro gli indiani, quadagnandosi questo soprannome
dagli Apaches.
Erano anche chiamati “Eleonor’s Own Royal Rifles”, cioè
fucilieri personali della moglie del presidente Roosevelt, che aveva insistito
per la loro formazione per un problema politico di integrazione razziale.
Questi soldati facevano parte del Corpo d’Armata del generale Crittenberger
e la solita trasmittente partigiana aggiustò subito il tiro della
loro artiglieria che iniziò a versare un diluvio di cannonate sulle
nostre linee. La speranza, andando al fronte, di liberarci dalla guerra
civile si dimostrò vana, anzi il rischio di cadere in una imboscata
di partigiani aumentò, perché questi molto spesso indossavano
la nostra stessa divisa, che proveniva dai disertori. Con il mio
plotone di pionieri me ne stavo tranquillo ad Aulla nella valle del Serchio
ed unico segno della guerra vicina era il lontano brontolio delle granate
ed il bagliore delle esplosioni. Il
4 novembre arrivò un nuovo ordine, anche il mio plotone doveva andare
in linea, con armamento leggero, portando solo un tascapane. Doveva
essere un’azione rapida, un’altra falla da turare, invece non sono più
tornato ad Aulla, dove è rimasto il mio zaino con il diario che
tenevo giornalmente dai tempi di Feldstetten. Dopo una cinquantina di chilometri
fatti in autocarro fino a Castelnovo, nei pressi di Eglio iniziamo la salita
verso la prima linea. Ogni 30-40 secondi si sente il sibilo di una granata
che sta arrivando ed ogni volta ripetiamo il famoso esercizio “a terra-in
piedi“, mentre le granate esplodono ad un centinaio di metri da noi, sollevando
frammenti di alberi e zolle di terra. Per nostra fortuna non ci sono radio
partigiane ad aggiustare il tiro. A quota 1021 incontro il capitano
tedesco Weintz, ufficiale di collegamento ed il tenente Reiter, giovane
e simpatico ufficiale, nato a Capri, che comanda il mio plotone pionieri.
La mia postazione è un grosso buco, due metri per due, con un tettuccio
di frasche ed una ampia feritoia , dalla quale domino tutta la valle del
Serchio. Con il capitano osservo dalla feritoia, con il binocolo, Gallicano,
dove dovrebbe essere il comando della 92° Divisione americana. A
sinistra si distingue il piccolo paese di Barga. Non è chiaro dove
inizi la linea , per cui questa notte dovrò uscire con una pattuglia.
Alle sette di sera posso camminare tra le varie postazioni, il buio mi
protegge, ma ho paura lo stesso. Cerco due volontari, ci anneriamo il volto
e con un berretto nero in testa usciamo dalla mia postazione e strisciamo
lentamente per un centinaio di metri.
Sentiamo le loro voci, sono a circa cento metri da noi, stanno fumando
tranquillamente. Rientrando lentamente mi imbatto nel cadavere di
un “bisonte”, gli frugo nelle tasche e trovo soltanto delle caramelle e
dei soldi. Ritornati nelle nostre linee riferisco al capitano Weintz
quello che ho visto e gli consegno le am-lire, la moneta in corso
nell’altra Italia. Quando esco dalla sua postazione, mi raccomanda:
pass auf ! Attento a che cosa? A non prendere freddo, come mi direbbe mia
madre, oppure attento a non farmi scannare da un partigiano? Sono stanco,
predispongo il servizio di guardia e mi ritiro nel mio buco. Comincia
a piovere ed il freddo penetra nelle ossa. Mi ricordo delle caramelle,
ne succhio una, ma ha un gusto strano di pistacchio che mi disgusta.
Sento in lontananza una campana che batte le ore ed il lieve rumore della
pioggia. Dopo qualche minuto risento i rintocchi di una campana,
è
sicuramente quella di Barga Mi vengono subito in mente i Canti di Castelvecchio,
il liceo Carducci di Milano, gli anni felici della mia giovinezza,
“E’ tardi, è l’ora, ritorniamo dove son quelli che ti amano ed ami”. |