 A
pochi metri da noi sento una voce che canta, mi dicono che è un
joiku, un loro canto senza musica, modulato sulle melodie del vento e del
silenzio di questa tundra dove pullulano gnomi e folletti, le cui storie
sono l’argomento base di questi canti. Secondo Vuovru, un loro esperto,
è un elfo che va a visitare i saami (i lapponi) durante la notte
e cerca l’acqua per dissetarsi. Se non la trova potrebbe anche succhiare
il sangue del saami addormentato. Vuovro poi racconta che nelle lunghe
notti invernali si possono udire le risate di Runtamas, strana femmina
con il corpo di donna e zampe di orsa, che cerca di adescare i giovani
saami per una notte di amore. Quando una persona non riesce a svegliarsi
al mattino qui si usa dire che ha passato la notte con Runtamas. Passo
una notte tranquilla nel mio sacco a pelo, Runtamas non è venuta
a trovarmi, probabilmente sono troppo vecchio per lei. Mi sveglia un lappone
con una ciotola di latte bollente che mi riscalda lo stomaco. Faccio quattro
passi raccogliendo una manciata di mirtilli, mi siedo sulla riva
del lago su di un morbido tappeto di muschio e mi accendo la pipa.
Capo nord è ad un paio d’ore di macchina e penso che non valga
la pena ritornarci. L’unica volta che l’ho raggiunto è stata
una delusione, un dirupo immenso a strapiombo sul mare e nella nebbia
intensa solo il fragore delle onde che si infrangevano sulle rocce.
Mi hanno detto che il tempo è sempre così; tra
il Capo ed il Polo Nord ci sono solo le isole Spitsbergen, dalle quali
partì Nobile nel 1928 con il suo dirigibile e non è
possibile individuarle neppure con un cielo limpido, perché
distano oltre settecento chilometri. Preferisco rimanere ancora
per qualche ora sulla sponda di questo lago e godermi la solitudine e la
dolcezza di questa terra. Intorno a me crescono splendidi cespugli di erika.
Penso che ne raccoglierò un bel mazzo per portarlo, sulla strada
del ritorno, a Helsinki a Carl Gustav Mannerheim. |