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La Finlandia moderna
vista con gli occhi di: Milost Della Grazia
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In una vetrina vedo esposti dei piatti molto caratteristici  e Leena mi spiega che la pittrice Raija Uosikkinen su ogni piatto ha voluto illustrare un episodio del poema epico nazionale il Kalevala , stampato una prima volta nel 1835 e poi ampliato nel 1849 dal dottor Elias Loennrot , definito l’Omero finnico.  L’opera comprende  32 canti con 12.000 versi, nei quali vengono raccontati canti popolari ed antiche leggende, canti detti “runi”, che in antico scandinavo significa “segreto sussurrato”, che Loennrot aveva raccolto, girando tutta la Finlandia, dalla bocca dei bardi. Erano il frutto dell’immaginazione popolare in cui i ricordi dei tempi pagani si allacciava ad elementi della dottrina cristiana, cantando la lotta tra l’uomo e le forze della natura. Questi “runi” venivano trasmessi oralmente dai bardi al suono del “cantele”, una antica cetra finlandese a cinque corde. Tutto questo mi raccontò Leena durante il pranzo e passeggiando per Imatra. Stiamo viaggiando verso nord per raggiungere in serata la casa di Maria, una amica di Leena che  lavora come geologa per conto del governo. Il traffico è molto scarso e possiamo viaggiare spediti; sulla nostra destra  abbiamo una immensa  foresta di pini che nasconde la nuova frontiera con la Russia.  Dopo pochi chilometri il paesaggio cambia completamente, entriamo nella piattaforma lacustre con i suoi sessantamila laghi.  In  Italia regoliamo la nostra andatura in base al calare del sole e la nostra stanchezza coincide con il sopraggiungere della notte. Qui in Finlandia, durante la stagione estiva con la  luce perenne, la stanchezza si fa sentire meno e può capitare che continui a guidare fino a quando il serbatoio della benzina ti segnala che sei in riserva.  Arriviamo a Kuopio, sulla costa occidentale del lago Kallavesi, piccola cittadina con poco più di 80.000 abitanti e dopo una decina di chilometri a nord della città siamo a casa di Maria, una graziosa casetta in legno in riva ad un piccolo lago, immersa  in un bosco di betulle. Alle undici di sera il sole, semi nascosto dagli alti tronchi, è ad una spanna sopra l’orizzonte e ci illumina con la sua calda luce rossastra. Entriamo nel capanno in riva al lago, immergendoci nell’intenso calore  e versiamo con un mestolo dell’acqua su dei sassi roventi, sollevando nubi di vapore che fanno bruciare la pelle e lacrimare gli occhi. Poi ci fustighiamo a vicenda con frasche di betulla, appena tagliate e la nostra pelle si unge di un olio aspro ed odoroso, che geme dai tronchi recisi. Apriamo la porta e, correndo verso un piccolo pontile, ci tuffiamo nell’acqua che frizza a contatto con la nostra pelle bollente. Seduti per terra su morbidi cuscini, in una veranda con vista sul lago, mangiamo gamberetti lessati, sorseggiando una buona grappa profumata e chiacchierando.  Leena mi racconta dei lapponi, molti dei quali vivono ancor oggi come duemila anni fa, quando le renne erano il loro unico alimento e quando nelle lunghe notti invernali illuminavano le loro tende con il grasso delle renne.  La porta della veranda è aperta e vediamo il camino crepitare. Sul lago e sulle cime delle betulle sta scendendo una lieve nebbia ed il silenzio è rotto soltanto dal latrato di un cane. 
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