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Dalle steppe dell’Asia alla repubblica di Ataturk
vista con gli occhi di: Milost Della Grazia
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Non è passato ancora un millennio da quando le varie tribù turche hanno eletto a loro patria la penisola anatolica. 
Turkye Cumhuriyeti è oggi uno stato moderno, con 779.452 kmq di superficie, con 63 milioni di abitanti e con una densità media di 81 ab./kmq. 
L'85.7% della popolazione è turca, l’1.11% è curda, l’1.5% araba. 
L'80% sono mussulmani sunniti, il 19.8% sciiti, il 0.2% sono cristiani. Quando Maometto nel 622 abbandonò la Mecca e si trasferì a Medina, dove morì nel 632 senza eredi maschi e senza designare un successore, tra i vari clan nacque una lotta per la conquista del potere. 
Hussein, figlio di Alì, fondò la setta degli sciiti, secondo i quali Alì, genero di Maometto, avendone sposato la figlia Fatima, doveva essere il suo successore ed il califfato doveva spettare solo ai suoi discendenti. Alì nel 661 fu ucciso a pugnalate ed anche Hussein morì combattendo contro il potente clan degli Omayyadi. 
Questa è la storia che divide gli sciiti dai sunniti. 
Gli antenati dei turchi, i prototurchi, arrivarono dalla steppe 
dell'Asia Centrale e non avevano molto in comune con i veri mongoli, se non l’essere entrambi nomadi, abbastanza simili come linguaggio e come abitudini, entrambi primitivi e poco colti in quanto la vita da nomadi non consentiva loro di crearsi una cultura. Vivevano entrambi in grandi tende rotonde e si servivano dei cavalli per i loro rapidi spostamenti. 
Tenevano il bestiame in pascoli estivi ed invernali e la transumanza tra questi due pascoli costituiva il territorio della tribù. 
I prototurchi discendevano dalla tribù dei T'u-kue (nome cinese dal quale derivò la parola "turco"), che vivevano nelle steppe della Mongolia Centrale. All'inizio questa tribù costituiva un gruppo di scarsa importanza, ma a poco a poco la loro forza aumentò ed il nome passò a designare tutti quelli che parlavano la stessa lingua, il prototurco, che appartiene al ceppo uralo-altaico, come il mongolo, l'ungherese ed il finlandese. 
Le origini dei mongoli vanno invece cercate nel gruppo degli hsien-pei, insediati nella parte più orientale della Mongolia.  Per la loro unificazione aveva avuto un ruolo importante la tribù dei mong-wu (da qui il nome dato poi a tutta la razza) con il loro capo Temucin, chiamato Cing-gis Quan, a noi noto come Gengis Khan. 
Secondo alcuni storici fu la costruzione della Grande Muraglia Cinese ad accelerare l'evoluzione della storia in quanto queste irrequiete tribù di cavalieri nomadi, sempre alla ricerca di pascoli e di terre più ricche dove vivere, non potendo più sconfinare verso la Cina, dovettero ripiegare verso ovest, determinando un movimento a catena tra le popolazioni dell'Europa centrale, che a loro volta dovettero emigrare sotto la spinta di quelle provenienti dall'est. 
Tra le tribù turche che si affacciarono all'altipiano anatolico la più importante era quella dei selgiuchidi, così chiamata dal nome del capostipite Selgiuq. Rafforzata l’organizzazione militare, sotto la guida di Togril Beg (1038-63), considerato il fondatore dell'impero selgiuchide, stabilirono la loro capitale ad Esfahan nell'attuale Iran e qui vennero in contatto con la religione islamica, alla quale aderirono in massa, conquistando ben presto nel mondo islamico un potere politico e militare autonomo. Da qui si spinsero sempre più in Asia Minore, finchè nel XI° secolo si trasferirono definitivamente nella zona centrale dell'Anatolia, dove sorgeva Ankara. Quello che li attirava maggiormente era la grande affinità climatica con il Turchestan, dal quale provenivano e l'abbondanza di erba, che serviva da ottimo foraggio per il bestiame e dalla quale si poteva ricavare una bevanda fermentata che rendeva, secondo loro, feconde le donne ed invincibili gli uomini. 
I califfi arabi della vicina Bagdad, minacciati da continui disordini interni, si rivolsero, per risolvere i loro problemi, ai nuovi vicini, i quali furono ben lieti di aiutarli. Anche i Bizantini corsero il rischio di ripetere lo stesso errore, ma quando l’imperatore di Bisanzio si rese conto che questi turchi erano venuti in Anatolia per restarci, era troppo tardi e l’armata bizantina subì nel 1071 una dura disfatta a Manzikert nei pressi del lago di Van e lo stesso imperatore Romano IV Diogene fu fatto prigioniero dal sultano Alp Arslan, successore di Togril. 
Questa vittoria aprì in modo definitivo le porte dell’Anatolia ai Turchi. Nel 1087 i selgiuchidi erano arrivati al Bosforo, dopo aver conquistato Kayseri, Erzurum e Nicea ed aver fondato il sultanato di Rum con capitale Iconio, l'attuale Konya. 
Questa deliziosa città merita una breve parentesi. Al tempo del sultano Alaeddin Keykubat (1219-1236) ebbe il suo periodo di massimo splendore, ma città antichissima, era molto amata anche al tempo dei romani e negli Atti degli Apostoli del Nuovo Testamento, capitolo 14, si può leggere: "A Iconio, Paolo e Barbara entrarono nella sinagoga dei giudei e parlarono in maniera che una grande moltitudine di giudei e di greci credette "
San Paolo e Santa Barbara vissero infatti a Konya predicando ed a loro si deve la conversione di Santa Tecla, una delle sante più venerate del cristianesimo orientale. A Konya è di notevole interesse anche il mausoleo di Mevlana Celaeddin Rumi, vissuto nel XIII secolo. Il sultano Keykubat l’aveva chiamato per insegnare  nel convitto mussulmano della città. 
Dopo qualche anno aveva abbandonato l’insegnamento per dedicarsi alla meditazione ed alla scrittura di opere che hanno avuto una grande importanza nella letteratura religiosa islamica. La sua filosofia era basata sulla continua ricerca del bene e del bello, con la massima tolleranza verso gli altri uomini, mirando ad una giustizia sociale per la quale tutti gli uomini sono uguali, con una dura condanna della poligamia e della schiavitù, operando sempre con umiltà ed evitando ogni ostentazione. Credeva nella virtù della musica e della danza per avvicinarsi a Dio ed ancora oggi, all'inizio di dicembre, si può assistere allo spettacolo di queste danze rituali, simbolo di un graduale processo per arrivare all'unione mistica con Dio. 
Arrivarono anche le crociate, la terza con Federico Barbarossa, che conquista Iconio, annegando poco dopo nel fiume Saleph in Cilicia, la quarta con la conquista di Costantinopoli da parte dei crociati, con massacri e violenze inaudite contro i cristiani. 
Nel 1402, passando per la porta della Cilicia, Timur Lenk (Tamerlano), invase l’Anatolia con le sue  orde di mongoli. Valoroso e feroce condottiero, era riuscito in pochi anni a ripristinare l’impero di Gengis Khan, seminando il terrore ovunque passava. Il sultano Beyazit I Yildirim arrivò da Costantinopoli con una  potente armata e lo scontro avvenne nella pianura di Ankara. Bayazit, sconfitto e fatto prigioniero, morì dopo pochi mesi e l’impero selgiuchide si frantumò in tanti piccoli emirati, sottoposti per circa un secolo al controllo dei mongoli.
Verso l’inizio del XIV secolo, quando la potenza dei mongoli cominciava a declinare, arrivò un fertile periodo con Ertogrul e con suo figlio Osman, con una lunga serie di conquiste, che porterà i turchi alle porte di Vienna. Osman fondò un stato turco autonomo nei pressi di Konya ed i suoi discendenti presero da loro il nome di osmanli (ottomani). 
Orhan (1326-59), figlio di Osman, occupò prima Brussa (Bursa),loro nuova capitale, poi Gallipoli, prima località in Europa conquistata dai turchi. Suo figlio Murad I (1359-89) assunse il titolo di sultano, conquistò Adrianopoli (Edirne) in Tracia ed il 15 giugno 1389, giorno di San Vito, sconfisse i Serbi nella battaglia del Kossovo, morendo in battaglia. 
Con Maometto II il Conquistatore (1429-1481)inizia la storia della grande Turchia. Il 5 aprile del 1453 più di 150.000 turchi, appoggiati da una grande flotta e da una forte artiglieria, iniziò la battaglia per la conquista di Costantinopoli. La città si difese con la forza della disperazione, ma fu un massacro ed anche l’imperatore Costantino, alla testa dei suoi uomini, cadde sulle barricate colpito a morte. 
Come premio per la vittoria l’esercito turco ebbe il permesso di saccheggiare la città per tre giorni, compiendo ogni sorta di atrocità. 
In quel periodo i turchi occuparono anche vari possedimenti veneziani e genovesi in Medio Oriente e sbarcarono sulle coste pugliesi occupando Otranto. 
L’Europa assisteva impotente all’agonia dell’Impero d’Oriente e non seppe organizzarsi quando sarebbe stato facile colpire a morte l’impero ottomano: la prima volta nel 1243, sfruttando la vittoria di Tamerlano, che aveva messo in crisi l’intera costruzione statale turca, la seconda volta nel 1443 quando l’indomito Janos Hunyadi, padre di Mattia Corvino e Giorgio Brankovic, con un possente esercito di ungheresi, serbi, valacchi e tedeschi, erano piombati sui turchi nei pressi di Nis in Serbia, sbaragliandoli dopo una furiosa lotta. 
Il culmine della potenza turca fu raggiunto con Selim I(1512-21), che  estese l’impero alla Siria ed all’Egitto, assumendo nel 1517 la qualifica di califfo, cioè massimo capo dell’islamismo e con Solimano il Magnifico (1520-66), che conquistò Belgrado nel 1521 e invase l’Ungheria, battendo gli ungheresi a Mohacs nel 1526, conquistando Buda ed assediando Vienna nel 1529. Grazie all’alleanza con il re di Francia Francesco I e con gli stati corsari di Algeria e di Tunisi Solimano nel 1522 raggiungeva l’Iraq, Aden e la costa occidentale dell’Arabia. 
La sua grandezza non era legata soltanto alle sue vittoriose conquiste, 
ma soprattutto alla sua grande e moderna capacità di gestire il potere, creando un sistema amministrativo e fiscale perfetto per uno stato multietnico, dividendo l’impero in tante regioni che affidava ai suoi collaboratori più fidati. Creò un esercito efficiente applicando il sistema del <timàr>, già noto ai legionari romani, che venivano remunerati per il loro servizio con concessioni terriere, con notevole contrazione delle spese militari e creando un corpo di pretoriani di massima fiducia, i famosi <giannizzeri>, storpiatura del turco Jeri Cheri, cioè Nuova Truppa. Praticò una politica di grande tolleranza verso i cristiani, che erano soltanto soggetti a pagare allo stato le tasse e molti di essi, specie greci ed armeni, divennero impiegati amministrativi ed interpreti dell’impero turco. Il quartiere ebraico di Balat nel 1453 era rimasto intatto ed ebrei, greci ed armeni furono liberi di vivere e di pregare come volevano. Molti cristiani si convertirono all’islamismo, grazie alla vitalità anche culturale  dei turchi. Uno dei più autorevoli collaboratori del sultano fu un serbo, Sokollo, che sposò una sua figlia e divenne grande ammiraglio della flotta turca. Quando gli ebrei nel 1492 furono banditi dalla Spagna da Isabella di Castiglia e da Ferdinando d’Aragona furono accolti a braccia aperte dagli ottomani per le loro grandi doti professionali. 
Dopo Solimano, con Selim I (1512), con Murad III (1574) ed suoi successori iniziò la decadenza dell’impero. Il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana, comandata da Don Giovanni d’Austria, distrusse a Lepanto la flotta turca. Maometto IV (1648-87) tentò di ripristinare l’ordine nel impero, riuscì a strappare Creta ai Veneziani e concluse nel 1664 con l’Austria un favorevole trattato di pace. Ma nel XVII secolo, con l’avvento al trono dei Romanov, comparve sulla scena dei Balcani l’impero russo in fase di espansione e i turchi subirono una serie di sconfitte. Ebbe inizio un progressivo declino, con i sultani più impegnati a gestire gli intrighi di corte che a governare e l’impero ottomano, vittima dell’espansionismo russo, perse man mano la Serbia, la Romania, la Bulgaria e la Grecia, che ottennero l’indipendenza.
Alla fine dell’800 si andò formando in Turchia, di fronte alla nuova realtà, una organizzazione detta dei <Nuovi Ottomani>, che gettò le basi di quel movimento noto più tardi come <Giovani Turchi>, che portarono avanti il concetto di nazione turca, idea allora rivoluzionaria in un paese multietnico. Lo sfaldamento territoriale ebbe all’interno dello stato una notevole ripercussione ed il sultano Abdul Hamid nel 1876 fu costretto ad emanare una nuova costituzione, che prevedeva l’istituzione di un parlamento bicamerale, ma il provvedimento non fu sufficiente e nel 1909 il sultano, sotto la pressione dei Giovani Turchi, fu costretto ad abdicare. Il nuovo sultano Mehmet V (1909-1918) formò un governo costituzionale al quale dette ben presto lo stampo di dittatura militare. Chi governava veramente era il partito dei Giovani Turchi, con la collaborazione del Comitato Unione e Progresso, con a capo Enver Pascià, favorevole ad un avvicinamento alla Germania. 
L’errore più grande dei Giovani Turchi fu quello di schierarsi, nel 1914, a fianco della Germania, fatto che provocò la dichiarazione di guerra alla Turchia da parte della Russia, Francia ed Inghilterra. 
Durante la guerra 1914-18 Churchill, nel tentativo di piegare la Turchia alleata della Germania, fece sbarcare a Gallipoli il 25 aprile 1915 un contingente di 150.000 soldati inglesi, francesi, australiani, indiani e neozelandesi, al comando del generale Hamilton. 
I turchi, comandati dal generale Mustafa Kemal e dal generale tedesco Liman von Sanders, li tennero sotto un continuo bombardamento e fu un massacro.  Gli alleati persero più del cinquanta per cento delle loro truppe, più alcune navi da guerra che proteggevano lo sbarco. Il 31 ottobre 1918 il sultano Mehemed V dovette firmare l’armistizio con gli alleati a Moudros nell’isola di Lemno ed il nuovo sultano Mehemed VI, manovrato dai diplomatici alleati, aveva accettato nell’agosto 1920 il trattato di Sevres, che prevedeva lo smembramento della Turchia, con la perdita dei Dardanelli, delle isole dell’Egeo e di Smirne a favore della Grecia. La Grande Assemblea Nazionale nell’aprile 1920 conferiva a Mustafà Kemal i pieni poteri e fu a Gallipoli che Mustafà Kemal, dopo essersi appellato ai soldati reduci di quattro anni di guerra e per di più sprovvisti di una attrezzatura adeguata, iniziò la grande ribellione contro la decisione degli alleati.
Mustafà Kemal aveva dedicato tutta la vita alla sua Turchia che tanto amava. Già a ventidue anni, giovane ufficiale, aveva iniziato a battersi contro la politica di Enver Pascià, troppo favorevole ad una stretta alleanza con la Germania, che avrebbe dopo poco tempo trascinato la Turcia in una disastrosa guerra. Dopo l’armistizio del 3 ottobre 1918 si era ritirato a vita privata, ma quando nel 1919  i greci sbarcarono a Smirne, comprese che era giunto il momento di reagire, dando vita ad un movimento nazionale di resistenza e la Grande Assemblea nel 1920 gli aveva dato carta bianca. L’unica forza che li sosteneva  era l’orgoglio nazionale, 
ma Mustafà  Kemal, con l’aiuto dei suoi soldati, in due anni di guerra, riuscì a sconfiggere i greci che avevano già occupato parte della Turchia e la Conferenza di Losannna del 1923  accettò la vittoria di Kemal, restituendo alla Turchia Istanbul, la Tracia orientale fino al fiume Meriç, le isole Imbro e Tenedo nei pressi degli Stretti, Smirne e l’Armenia occidentale.
Nel 1922 una gran folla si era raccolta accanto al ponte di Galata per acclamare il trionfo di Mustafà Kemal, padre della nuova Turchia. 
Fu lui a modernizzare e laicizzare lo stato. Era infatti riuscito ad introdurre, in un paese in cui il sultano era anche il califfo cioè il papa, il concetto di netta separazione fra religione e stato, vietando persino l'uso del fez rosso, simbolo dell'integralismo religioso. Era un dittatore, ancora oggi venerato dal suo popolo ma, soltanto con i suoi metodi poco democratici ed usando una spregiudicatezza a volte spietata, fu in grado di creare una vera repubblica sulle rovine di una teocrazia. 
Introdusse l'alfabeto latino ed il sistema metrico decimale, cambiò il calendario, proibì la poligamia, favorì l’emancipazione della donna  e diede un cognome a tutti i turchi. Alla fine ha avuto “le bon ton” di morire precocemente nel 1938, a cinquantasette anni, nel suo letto in un palazzo sulla riva del Bosforo, pianto da tutto il popolo.
BIBLIOGRAFIA:
Mamma li Turchi Ed. Bibl. Immagine-R.Gargiulo 1998
Turchia Fodor’S  Valmartina Editore 1996
La battaglia di Lepanto  Rusconi  J. Beeching 1982
Serbi,Croati,Sloveni Universale Il Mulino  J.Pirjevec 1995
Le origini etniche dell’Europa VIELLA  Walter Pohl  2000
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