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Nascita e declino di un Impero
vista con gli occhi di: Milost Della Grazia
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Quando nel lontano 1932 frequentavo le "medie", il programma di storia comprendeva gli assiri ed i babilonesi, l'Egitto,la Grecia e Roma. Dopo aver letto un libro dello scrittore turco E. Akurgal sull’Anatolia ho sentito il bisogno di schiarirmi le idee sulle varie culture che, nei quattro millenni a cavallo della nascita di Cristo, si erano sviluppate sul altopiano anatolico, in particolare quella degli ittiti, che avevo sempre considerati non più importanti dei frigi o dei luvi. 
Pertanto mi sono posto il quesito: ma chi erano questi ittiti e da dove provenivano? Già nel 2300 a.C. vi era stata in Anatolia una prima invasione di popoli indoeuropei, i luvi. Quelli poi definiti ittiti erano il risultato della fusione dell’antica popolazione indigena, i proto-hatti,  con le tribù indoeuropee giunte in Anatolia verso il 1750 a.C. 
Fu un’immigrazione graduale, non una conquista, senza distruzioni, senza alcuna violenza. Non imposero i loro dei ai proto-hatti, di cui rispettarono le usanze, l’ olimpo dei nuovi arrivati era scarno, esseri umani immortali, che lavoravano, soffrivano, morivano temporaneamente per poi risorgere, ma la loro divinità più importante era il dio della tempesta, consci che il benessere dipendeva dal buon raccolto e questo dal tempo più o meno favorevole. Assimilate le usanze dei proto-hatti, gli indoeuropei iniziarono ad imporsi militarmente e a impadronirsi del potere, non solo per la loro maggiore capacità, ma soprattutto per la litigiosità dei principi proto-hatti, che continuavano a combattersi tra loro. Gli indoeuropei riuscirono anche ad imporre ai proto-hatti la loro lingua, accettando da loro il nome di hatti, hattiti, poi ittiti.
La loro società era basata su due classi: da un lato la grande massa della popolazione, gli hatti, che viveva nei villaggi, coltivando la terra e curando il bestiame, dall’altro lato la classe dominante, l’aristocrazia guerriera dei grandi proprietari terrieri, indoeuropei, che imposero la figura di un re, dapprima come  capo patriarcale ed elettivo, poi si affermò il principio della trasmissione della corona agli eredi ed il re divenne comandante supremo dell’esercito, sommo sacerdote e supremo giudice. 
Scelsero Hattusa come capitale, nei pressi di Bogazkale, probabilmente per la favorevole posizione strategica e per l’ abbondanza di acqua durante tutto l’anno. Il loro territorio comprendeva inizialmente l'ampia ansa del fiume Kizil Irmak, zona estesa circa come il Peloponneso e la loro prima capitale fu Kussara, che molti storici ritengono possa essere localizzata nella zona degli scavi di Alaka Hoyuk, pochi chilometri a nord-est di Bogazkale. Nel triangolo Bogazkale-Hatussa, Alaka Hoyuk e Yazilikaya è compresa tutta la zona monumentale, mentre i tesori estratti sono esposti al Museo Archeologico di Ankara. L'enciclopedia tedesca Meyer del 1871 dedicava agli assiri ed ai babilonesi pagine intere, agli ittiti soltanto sette righe, definendoli "popolazione cananita, assoggettata da Salomone ed abitante nella regione di Hebron in Palestina". La fonte di queste notizie era la Bibbia, Antico Testamento, Pentateuco (Genesi 15, 18), dove viene anche definito il territorio di questi Ittiti, "l'Eterno fece patto con Abramo, dicendo: Io do alla tua progenie questo paese, dal fiume d'Egitto al grande fiume Eufrate", elencando le varie tribù, tra cui gli Ittiti. 
In un altro punto della Genesi (26, 34-35 e 23, 3-26) si parla delle trattative di Abramo con i "figli di Het" per acquistare il terreno per la sepoltura di Sara, terreno situato nella terra di Canan. 
Nei Libri Storici del Vecchio Testamento (1 Re 9, 20 e 2 Re 7, 6 ), gli Ittiti sono definiti Cananei e Hittei e nel Libro Storico II Samuele(11-27) Uria, marito di Betsabea, è un guerriero ittita, che sta combattendo per re Davide, il quale lo fa uccidere per poter sposare Betsabea. 
Questo è quello che si sapeva degli ittiti verso la fine del secolo XIX. E’ interessante come si arrivò a capire chi erano e dove vivevano. La moglie di un contadino egiziano, frugando tra le macerie, trovò dei cocci con dei caratteri cuneiformi, che riuscì a vendere a dei turisti. Circa duecento pezzi, finiti al Cairo, furono ricuperati ed acquistati in parte dal British Museum di Londra ed in parte dal Museo di Berlino. 
Dopo un’attenta valutazione, gli studiosi giunsero alla conclusione che provenivano dall'archivio del re egiziano Akhenaton, giudicato eretico per aver nel 1300 a.C. introdotto in Egitto il culto del dio del sole Aton, fondando sul Nilo, a trecento chilometri a sud del Cairo, una città oggi chiamata dagli archeologi Tell el-Amarna.  Le tavolette d’argilla, pazientemente ricostruite con i cocci ricuperati, furono chiamate "lettere di Amarna". Una di queste era una lettera inviata da Suppiluliumas, re degli Ittiti al re eretico Akhenaton. E' il primo documento che parla degli Ittiti, non come piccola tribù vivente in Palestina, ma come popolo che dal nord dell'Anatolia arrivò fino in Siria. Nel 1872 l'archeologo George Smith di Londra localizzava l'antica città di Ninive, trovando nella biblioteca del re Assurbanipal circa 24.000 tavolette. Era un esperto di scritture cuneiformi e quando iniziò a tradurle, comprese che stava leggendo la storia del diluvio universale. Tornato in Inghilterra pubblicò un articolo che sconvolse la gente perché aveva dimostrato che un testo pagano anticipava di molti secoli la storia del diluvio universale, per cui l’Antico Testamento non poteva più essere considerato l’unica rivelazione. In quell’epoca non si conosceva ancora completamente la vera natura di Moshè, anche se nel Nuovo Testamento stava scritto: “Moshè fu quindi istruito in tutta la sapienza dagli egizi”(Atti degli apostoli(7)Discorso di Stefano 2), frase che dimostrava come il profeta biblico fosse tenuto in grande considerazione presso gli egiziani e per di più fosse vissuto in Egitto all’epoca del faraone monoteista Akhenaton. 
Jan Assmann, in un recente libro, ripropone l’antica tesi sulla grande affinità tra l’inno ad Aton di Akhenaton  <Quando tramonti all’orizzonte d’occidente/la terra è al buio/in stato di morte/Tutti i leoni escono dalla loro tana /tutti i serpenti mordono/Gli uomini si svegliano e si mettono in piedi/Tutto il paese si accinge al lavoro>  ed il Salmo 104 dell’Antico Testamento  <Tu distendi le tenebre/allora sbucano fuori tutte le bestie della selva/ruggiscono i leoni in cerca di preda/Sorge il sole ed essi si ritirano/ si accovacciano nelle loro tane/Allora esce l’uomo al suo lavoro/all’opera sua fino a sera>  e vede una netta relazione tra Moshè ed il faraone monoteista. Sigmund Freud, nel suo ultimo libro del 1938 “L’uomo Moshè e la religione monoteista”, arriva alla conclusione che il monoteismo del personaggio biblico deriva da quello del sovrano egizio, per cui Moshè aveva predicato agli ebrei dell’esodo il monoteismo di Akhenaton. Il profeta biblico Moshè aveva poi riportato nel suo Pentateuco quello che aveva letto sulle tavolette d’argilla a proposito della genesi e del diluvio universale. 
A.H. Sayce, studiando il materiale di G.Smith, morto di peste, aveva notato su alcuni cocci una scrittura cuneiforme del tutto particolare e concluse che questi reperti erano di un popolo sconosciuto di grande cultura. Il dottor H.Winckler di Berlino trovò la soluzione in modo piuttosto insolito. Dopo un inutile viaggio nel Libano, tornato a Berlino, gli arrivò per posta un pacco speditogli da un impiegato del museo di Istanbul, del quale era diventato amico, pacco che conteneva una tavoletta con quei caratteri cuneiformi particolari, già notati da Smith e da Sayce e da loro definiti lingua arzawa, cioè ittita e che lui aveva inutilmente cercato in Libano. andò subito ad Istanbul e l'amico gli raccontò che la tavoletta non proveniva dal Libano, ma da Bogazkale, villaggio dell'Anatolia del nord, a pochi chilometri ad est di Ankara. 
Winckler raggiunse questa zona nel 1905 ed accanto al piccolo villaggio di Bogazkale trovò un muro di cinta, con imponenti porte e ruderi di templi e comprese che quelle erano le rovine della capitale degli ittiti. 
Ottenne di poter iniziare degli scavi e dopo pochi giorni ricuperò una tavoletta d’argilla con quei caratteri cuneiformi particolari, che Winckler chiamava lingua arzawa. Gli scavi proseguirono e furono ricuperate centinaia di tavolette in ottime condizioni che un esperto d’origine polacca, B. Hrozny, riuscì a decifrare, arrivando alla conclusione che, essendo quella una lingua sicuramente indoeuropea, dovevano esserlo anche gli ittiti, che la parlavano. 
Gli storici distinguono un antico impero ittita, che va dal 1680 al 1500 a.C. ed un nuovo impero, che va dal 1400 al 1200 a.C.
I primi re dell'antico impero furono Pitkhana e suo figlio Anittas, ricordato per la guerra che fece contro il re di Nesa, città identificata con l'attuale Kanesh in Siria. Aveva in tutto 1400 cavalieri e 40 carri da guerra e questo era sufficiente a quei tempi per renderlo il re più potente dell'Anatolia, passando alla storia con il padre come fondatori dell'impero ittita. Ma il vero fondatore della dinastia regale è stato Tabernas (1680 a.C.) e con lui si ha una serie continua di re fino alla fine dell'antico impero. I re importanti di questo primo impero furono 
Hattusilis I (1630 a.C.), il successore di Tabarnas, che trasferì la capitale a Hattusa ed estese i confini dello stato sia in Anatolia che in Siria, conquistando numerose città. Alla sua morte divenne re il figlio adottivo Mursilis (1600 a.C.), che conquistò Haleb (Aleppo) e Babilonia, rovesciando la dinastia di Hammurabi. 
Ritornato nella capitale fu assassinato e gli successe Hantilis, che fortificò Hattusa per difendersi dagli attacchi dei kaska e dei hurriti, tribù che scendevano dalle montagne della Mesopotamia settentrionale.
Telepinus (1520) va ricordato per aver promulgato un decreto che stabiliva norme precise per la successione al trono. 
Fondsatore del secondo impero fu Suppiluliumas (1380 a.C.) il quale vinse in modo definitivo i kaska e rese vassallo lo stato hurrita di Mitannni nell'alta Mesopotamia, estendendo i propri domini fino alla Siria. La conquista dell’Anatolia occidentale portò i confini dell'impero fino all'Egeo. Morì nel 1346. Di rilevante importanza fu Muwatallis (1300 a.C.), il re ittita che con soli 12.000 guerrieri sconfisse nel 1285 a Kadesh il potente faraone Ramsete II, con il quale poi stipulò un trattato di pace rimasto famoso perché inciso su lastre d'argento, delle quali è rimasta una copia su tavolette d'argilla trovate a Bogazkale. 
Ultimo re fu un altro Suppiluliumas (1200 a.C.), il quale qualche anno prima del 1200 a.C. offrì al re di Troia Priamo il suo aiuto militare contro gli achei greci e con lui finisce il secondo ed ultimo impero ittita. 
Quando Troia nel 1200 a.C. fu distrutta molti achei non tornarono più in patria e si stabilirono in Anatolia, integrandosi con le popolazioni indigene. Fu in quel periodo che i dori invasero la Grecia e la civiltà minoica finì, in Italia arrivò un popolo asiatico, gli etruschi, gli egiziani e gli ittiti decaddero completamente. 
Come un tempo erano stati loro ad entrare in Anatolia e ad impadronirsi del potere per seicento anni, così, poco dopo il 1200, arrivarono i frigi che crearono un loro regno  con metodi ben diversi, distruggendo città e villaggi, compresa Hattusa e massacrando gran parte degli abitanti. Secondo la tradizione fu il loro re, Mida, a fondare Ankyra, futura capitale della moderna Turchia. Dei frigi a noi è rimasto ben poco, solo un berretto, basso sulla fronte e con la punta ripiegata in avanti, che faceva tanto ridere i greci, che lo trovavano molto buffo e tanto piangere i francesi, che andavano verso la ghigliottina, scortati dai rivoluzionari con in testa quel berretto frigio, chiamato poi giacobino. 
Il regno di Frigia durò fino al VII secolo a.C. quando fu a sua volta travolto nel 695 a.C. dalla invasione dei cimmeri, antico popolo di nomadi a cavallo, che abitavano i territori a nord del Mar Nero. Poi nel VII secolo a.C. arrivarono i lidi, che fondarono nell’Anatolia occidentale un regno con capitale Sardi, oggi Sart presso Izmir. Erodoto, nel primo libro delle sue storie, racconta una brutta storia del re della Lidia Candaule e della moglie che lo tradisce con il servo Gige, il quale poi lo uccide per sposare la vedova. Gli dei non approvarono come si erano svolti i fatti, per loro Gige era una nullità per la quale non vale la pena di sporcarsi le mani e decisero di deviare la vendetta su un discendente di Gige, il famoso Creso, ultimo re della Lidia, sconfitto nel 547 a.C. da Ciro II, re di Persia della antica dinastia achemenide, per cui la Lidia divenne una delle province del suo impero. 
Nel 334 a.C. Alessandro Magno conquistò tutta l'Anatolia, la quale nel 133 a.C. venne incorporata nell'impero romano, nel 395 d.C., alla morte dell'imperatore Teodosio, nacque l’Impero Romano d’Oriente, con la funzione di avamposto della civiltà greco-romana contro le invasioni dei barbari. 
Nel 1071 i selgiuchidi sconfissero clamorosamente l’imperatore di Bisanzio Romano IV Diogene nella battaglia di Mantzikert, aprendo ai turchi le porte dell’Anatolia.
Concludo con qualche considerazione sul cosiddetto diluvio universale, per il quale hanno anche calcolata una data: circa 7000 anni a.C. 
Questo cataclisma venne chiamato diluvio universale perché si verificò quando la Grecia e Roma ancora non esistevano e colpì quello che era l’universo di allora, in modo particolare le coste del Mar Nero, dove sconvolse la vita delle popolazioni delle regioni costiere della Russia meridionale, della penisola balcanica e della Anatolia settentrionale. Circa dodicimila anni or sono l’ultima glaciazione di Wurm stava per finire, il clima del mondo divenne più caldo, provocando lo scioglimento dei ghiacci polari ed un aumento notevole del livello dei vari oceani. Enormi masse di acqua passarono dall'oceano Atlantico al mare Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra. Il Mar Nero, come il Mar Caspio attualmente, era soltanto un grande lago, con una specie di diga naturale a livello dei Dardanelli, tra Gallipoli e Canakkale. 
Con l'aumento del livello dell'acqua del Mediterraneo, verso il 7.500 a.C. le sue acque superarono la diga e una cascata di acqua salata continuò a riversarsi nel Mar Nero per almeno cento anni, sommergendo estesi territori abitati ed obbligando gli abitanti alla fuga.
Due studiosi americani, William Ryan e Walter Pitman, che nel 1997 avevano ipotizzato il meccanismo di questa catastrofe naturale, ebbero la conferma che la loro ipotesi era esatta grazie a Robert Ballard, il quale con il suo piccolo sommergibile Argo, lo stesso che aveva fotografato il transatlantico Titanic nel 1985, riuscì ad individuare e a fotografare a 90 metri di profondità e a 12 chilometri al largo della costa turca i resti di un edificio sommerso 7000 anni fa, la cui struttura aveva le stesse caratteristiche di altri edifici neolitici della terraferma.
Tutta la storia del diluvio e dell’arca era stata scritta accuratamente dai sumeri sulle famose tavolette di argilla, che Moshè ebbe varie volte occasione di consultare, riportando poi il tutto nel suo Pentateuco. 
Non so se per dimenticanza o deliberatamente non raccontò a nessuno di aver riportato nel Pentateuco solo quello che aveva letto nelle tavolette dei sumeri, non potendo certo immaginare che dopo qualche millennio un archeologo fosse in grado di riesumare la verità.
BIBLIOGRAFIA:
Lehmann J. Gli ittiti  Garzanti 1982
Burkert W. Da Omero ai Maggi Sagi Marsilio 1999
Otto W.F. I Culti Misterici  red edizioni 1995
Assmann J. Moshè Adelphi 2000
McCall H. Miti Mesopotamici Mondadori 1995
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