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la Storia attraverso gli atti
Alto Medioevo
La ricerca dello storico, più si addentra nel passato e più diventa difficile, vuoi per la scarsità di documenti, vuoi per la difficoltà di capirli, rendendo molto approssimativa la ricostruzione storica.  In questo caso, ci ha dato una mano la fortuna, conservandoci dei documenti, che ci parlano, delle terre, con le loro coltivazioni, delle case, delle chiese, dei feudi con i loro proprietari, lasciandoci ben immaginare come si svolgeva la vita sociale nei nostri paesi, nei secoli a cavallo tra l'Alto ed il Basso Medio Evo.  Il 10 dicembre 859 Autelmo de Audiciago, fu Agimundi, compera, per 40 denari d'argento, una casa con torchio, aia, corte, orto e vitigno in Comazzo, da Ermenperto de vico Aello, del fu Adreverto, che abitava a Comazzo, nel rogito sono menzionati anche i proprietari dei terreni confinanti, Otoni e Senedochii (1).
Ventisei anni dopo, sono due illustri rappresentanti del clero lombardo a scambiarsi terre, che faranno parte del Comune di Comazzo, Gerardo, Vescovo di Lodi e Pietro II, abate del monastero di Sant'Ambrogio, cambiano dieci "patias" di terra "apertas" aratoria, nel fondo del paese di Levania (Lavagna), che erano di diritto della Chiesa Laudense, con quattro pezzi di terreno a prato e sei "petias" di terra "apertas" aratoria  in paese e nel fondo Rossiate (Rossate), che erano di diritto del monastero di Santa Maria Auruni, a sua volta legato al Monastero di Sant'Ambrogio (2).  Sono indicati i confini e le colture presenti su parte del terreno di Lavagna, la I patias è coltivata a fichi, la II è divisa in tre parti di cui una a vigna e confina con la proprietà di Ursoni, negoziante di Grato, la III con Sancte Eufomie, la IV con tal Murzolino e la V con Sancti Petri in Pectoriano, mentre la X patias, si trova in loco Magreniano(3).
Cambiato il Vescovo Laudense, che ora si chiama Aldegrauso, cambiano ancora di proprietà alcuni terreni  in Rossate. Riccardo, prete della chiesa di San Giorgio in Palazzo, dandogli in cambio, il castello di Bargano ed alcune proprietà nei paesi vicini, riceve dal Vescovo Laudense, ben trentasette campi ed una cappella, con casa e pozzo, dedicata ai SS Nazzaro e Celso ed ai  SS Verdastro e  Martino, "in vico et fundo Rossiate". Nel rogito datato 25 gennaio 970, oltre ai confini, alla grandezza, al tipo di terreno ed alla coltivazione, presente nei campi, al momento del rogito, di alcuni ne è menzionato il nome che riporto in originale : "badalauco, prado adelberga, a felesto, felesto, a tredelli, limido, a tareseto, in levania, a cereto, rabulli, a silungla, silungla, a silungla, ceregalioli, in campo sancti Petri, a morgula, a taluvro,  casubio e prato cluso", di questi ultimi due campi, sono dati i confini come fossero uno solo, veniamo cosi a sapere che a "sera" cioè ad ovest, confinano con il "rio calendone(4)" (odierno fosso del Calandrone).
Il nome Badalauco, potrebbe segnare il punto dove si è svolta una lunga battaglia, Felesto : forse dal peggiorativo di "Fele", fiele, cioè amaro, nel senso di poco fertile, Limido, per la sua posizione, da "limes", limite, campo di confine, oppure da "limis", di traverso, meno probabile, ma possibile, da "limo", coperto di fango, Calandrone , nome di etimologia vegetale nel toponimo volgare, zoologica in quello moderno, la definizione di "rio", ipotizzerebbe un canale costruito su un preesistente avvallamento.  Aldegrauso, che è l'ultimo vescovo laudense, ancora non legato all'Imperatore, gode per poco tempo del castello di Bargano e dei terreni in Lavagna e Rossate rimasti di sua pertinenza, infatti nei documenti successivi, dello stesso anno,  è menzionato il vescovo Andrea.  Ottone II, in un diploma del 24 Ottobre 975, dichiara di prendere la chiesa di Lodi sotto la propria protezione e di riconfermare tutte le possessioni e le concessioni feudali(5), accordate ai vescovi precedenti.
Nel XI secolo, Ariberto d'Intimiano Arcivescovo di Milano, in cambio dell'appoggio a Corrado II, (detto il Salico, duca di Franconia e re di Germania dal 4/9/1024), per ottenere la corona d'Italia, volle la facoltà di eleggere i Vescovi di Lodi, all'epoca ancora feudatari dell'Imperatore, e di tenerli come suoi vassalli, con lo scopo di controllare Lodi e cosi le principali vie fluviali, come il Lambro, che mettevano in comunicazione Milano, con  il Po e l'Adriatico.  Alla morte del Vescovo laudense, ci fu pero, il rifiuto dell'Imperatore a mantenere gli accordi, ed anche i Lodigiani, che fino ad allora, erano stati tenuti all'oscuro degli stessi, si ribellarono ad essere assoggettati a Milano. Questa fu la scintilla che innescò la secolare rivalità tra milanesi e lodigiani. 
Ma dalla lettura dei prossimi documenti, appare chiaro il legame della Chiesa Milanese con quella Lodigiana.
Immagine di in fossato di cui si hanno tracce storiche risalenti al IX° secolo
1)Autografo in Archivio di S. Fedele di Milano - C.odice D.iplomatico di L.aus P.ompeia (C.D.L.P.) n° 4 pagg. 8/9
      Senedochii : forse dalla volgarizzazione, plurale di "Xenodochus", spedalingo, inteso come albergatore.
2)Autografo in Archivio di S. Fedele in Milano - C.D.L.P. n° 6 pagg. 11/13
3)Magreniano, nel lodigiano, forse vicino alla Muzza.
4)Apografo del XIII sec. in Archivio di S. Fedele in Milano - C.D.L.P. n° 15 pagg. 22/24
5)Sammarati L. - I Vescovi di Lodi - Ed. Pierre - Milano 1965

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