Innanzitutto perché meneghino?
Il termine deriva dal diminutivo di Domenico,
Domenichino che si trasforma prima in Menego e poi in Meneghino.
Come lingua parlata dai domenici, dal latino dominici, che appartengono
al Signore, per estensione dai servitori, cioè usata da chi era
uso servire, dal popolo minuto, come contrapposizione al latino o lingua
dotta, parlata dalla nobiltà e da quanti avessero un potere da esercitare.
Un'altra ipotesi si rifà sempre al vocabolo Domenichino, ma come
nome derivante dall'uso invalso presso i milanesi dell'epoca di assumere
temporaneamente, per il solo giorno di Domenica, un servo che permettesse
loro, così, di ostentare, nelle giornate delle visite e dei ricevimenti,
una dovizia di personale, in effetti inesistente. Il dialetto a Milano
e dintorni è solo la lingua di chi lavora, di chi è sottomesso,
e non come altrove la lingua di tutti gli abitanti di una zona. Il
dialetto milanese pur avendo ovviamente fondamenta latine, risente degli
influssi di quanti hanno governato, imponendo de facto, se non formalmente,
i loro usi e il loro linguaggio. Abbiamo quindi parole di chiara
origine gallica, gotica, longobarda, francese, spagnola, austriaca oltre
ad altre che sembrano nate spontaneamente non riuscendo a scoprirvi radici
straniere. I vocaboli che verranno via via citati, sono del dialetto
milanese, parlato a Porta Cicca (Porta Ticinese), precisazione necessaria
perché come tutti i dialetti anche quello milanese si differenzia
a volte, anche se di poco, da zona a zona della stessa città. Il
melegnanese, è una variante del dialetto milanese, con pronuncia
che risente della vicinanza con il lodigiano. La caratteristica più
appariscente è l’apertura della u che diventa spesso o che
viene pronunciata aperta come la o di Benetton. |