I Longobardi
Non si era ancora spenta l'eco
della guerra gotica che un numeroso
popolo nordico, guidato da re Alboino, si riversò sull'Italia nord-orientale.
I Longobardi erano una popolazione di stirpe
germanica affine per lingua, organizzazione politica, usi e costumi ai
Frisi, agli Angli ed ai Sassoni, il loro nome sembra derivi da lang
bart ossia popolo dalla lunga barba, oppure
da lang barte,
dalla lunga alabarda, vennero citati da Tacito come popolo ricco di coraggio
e valore guerriero. Insediati originariamente nel basso corso del fiume
Elba e poi migrati in Pannonia, l'odierna Ungheria occidentale e di lì
pure in Moravia, attuale repubblica Ceca. Alboino nel 568 mosse dalla Pannonia
verso l'Italia assieme ad altre popolazioni germaniche, nel marzo 569 occupò
Forum Iulii, l'attuale Cividale del Friuli, superò quindi ogni sbarramento
difensivo, discese dalla pianura veneta occupando Aquileia, Vicenza, Verona,
Milano, che era allora la città più romanizzata del settentrione
d'Italia e tutta la regione allora chiamata Liguria, che poi avrebbe preso
il nome di Longobardia, l'attuale Lombardia. Dalla Lombardia i Longobardi
dilagarono attraverso l' Emilia, nella Tuscia, l'attuale Toscana e giunsero
quasi fino a Roma, la superarono e occuparono Benevento. Milano doveva
la sua condizione egemonica sia alla sua posizione strategica come centro
naturale di un sistema di strade e di vie d’acqua navigabili dell’Italia
del Nord sia alla ricchezza del suo contado, che comprendeva: zone di collina
asciutta assieme a terre umide di pianura, ma soprattutto fu lo spirito
di iniziativa delle popolazioni milanesi che, trasformò un Castrum
Latino in una delle regioni più produttive d'Europa, quanto a sviluppo
agricolo, commercio ed industria. Dopo ben trè anni di assedio crollò
Pavia , che divenne la capitale sede del Re e dei parlamenti generali dei
Longobardi,
cuore dell'organismo feudale del regno italico. Già da qui nasce
l'antagonismo fra Pavia e Milano, la prima vista come la sede del potere
tirannico antireligioso il gau,
la seconda, la civitas,di
origine romana, cattolica retta da secoli da un'arcivescovo, era la più
antica sede arcivescovile del nord Italia. I Longobardi
sostituirono i Bizantini nell'organizzazione sia politica che giudiziaria
suddividendo il territorio in Ducati. Durante
i primi dieci anni di occupazione, i vari Duchi, privi del controllo di
una forte struttura monarchica, in modo autonomo e spesso in contrasto
tra loro, spogliarono i nobili romani delle loro terre e dei loro beni.
Il regno longobardo, mancava di spirito unitario e fu pertanto sempre indebolito
in modo strutturale dall'indipendentismo dei ducati
delle
regioni periferiche, convertiti da poco all'arianesimo, in parte ancora
pagani avversarono la religione cattolica. All'inizio l'economia subì
una forte recessione, poi, col passar del tempo, lo spirito romano e cristiano
ebbero il sopravvento portando alla civilizzazione dei
Longobardi
e ad una lenta conversione dall'arianesimo al cattolicesimo; fenomeno che
ebbe il suo massimo durante il regno di Agilulfo e della regina Teodolinda
(591-615) che favorirono il programma missionario di san Gregorio Magno,
battezzarono secondo il rito cattolico il figlio Adaloaldo e favorirono
la conversione dei loro sudditi. Al tempo dei Longobardi
fu compilata una descrizione dell'Italia nel monastero di Bobbio. L'Italia
risultò divisa in 15 provincie; il nostro territorio milanese era
nella Seconda provincia. L'ordinamento amministrativo dei Longobardi
fissava per Milano la sede di un duca, che
stabilì la residenza dove oggi è il luogo detto Cordusio
( la corte del duca). Il duca
longobardo aveva il controllo diretto sulle terre circostanti fino a 20
miglia di raggio, cioè un raggio di circa 35-40 chilometri. Quindi
anche la nostra zona dipendeva dall'amministrazione longobarda di Milano.
I duchi non riconobbero alcun diritto ai cittadini di legge romana i quali,
privi di ogni garanzia giuridica e politica scomparvero dalla storia dell’Italia
longobarda, e gli imperatori bizantini che dovevano difendere l’Italia
da ogni invasione si trovarono in grosse difficoltà. L'Italia
non fu tutta longobarda, perchè intere zone rimasero ancora ai Bizantini:
Istria, il Litorale veneto, l'Esarcato e la Pentapoli (all'incirca, le
attuali Emilia-Romagna e Marche), i ducati
di Roma, di Napoli, di Gaeta, di Amalfi e di Sorrento oltre all'odierna
Puglia e all'odierna Calabria, e le isole Corsica, Sardegna, Sicilia.
I Bizantini non rinunciarono all'idea di una riconquista. Ma ormai da soli,
con le loro sole forze, non ne erano più capaci, nonostante il carattere
militarizzato della loro amministrazione civile, oltretutto accentrata
nelle mani di un solo magistrato. L’imperatore Maurizio (582-602)
da Bizanzio, allora, cercò nuovi alleati, trovandoli nel popolo
dei Franchi, eredi dei Galli (che sono gli
odierni Francesi). Essi accettarono e per tre volte scesero in Italia,
guidati da Childeberto. Uno dei tanti scontri avvenne nella nostra
zona. Gregorio di Tours, lo storico dei Franchi
ed amico di Childeberto, lasciò scritto che il re giunse a Milano
e pose gli accampamenti militari fuori dalla città in luoghi campestri
di pianura; e più espliciti sono i cronisti posteriori, i quali
descrissero la battaglia avvenuta precisamente a Melegnano sulle rive del
Lambro, con lunga durata e con tanto sangue versato dall'una e dall'altra
parte. Una altra fonte storica è quella di Paolo Diacono, lo storico
dei Longobardi, che scrive sulle tre discese in Italia di Childeberto .
Ma la citazione che la battaglia sia avvenuta a Melegnano è portata
dallo storico Galvano Fiamma, nella sua opera dal titolo Manipulos florum,
seu Historia Mediolanensis, in Rerum Italicarum Scriptores ,1727 tomo XII,
cap. LXVI, ed ecco il suo testo in traduzione italiana: “…. i Longobardi
uscirono da Milano verso Melegnano. Allora i Bizantini arrivando sulla
riva del Lambro e mentre tentavano di passarlo, ebbero di fronte i Longobardi;
qui avvenne una battaglia così feroce come nessuna età ricordava
e lo scontro durò sette giorni “. (Vien
fatto di pensare che Melegnano abbia un certo effetto scatenante sulla
ferocia di quanti si trovino a dover combattere nelle sue vicinanze.
La nostra storia infatti è piena di battaglie di Giganti.)
L’avventura di Childeberto, che decise di tornare in patria, si concluse
ingloriosamente. Era circa l'anno 590.
L'ordinamento
economico longobardo: le arimannie
A capo dello stato Longobardo
c'era il re, da cui dipendeva l'esercito, il potere giudiziario e amministrativo.
Il re demandava ai Duchi (duces - iudices)
nominati a vita il potere sulle terre e sulle genti ma molte proprietà
restavano direttamente sotto la corona tramite dei Gastaldi, con nomine
a scadenza e non a vita. Il comune, da commune
= la comunità e il patrimonio comune, inteso come comprensivo del
territorio suburbano, si suddivideva in gau,
cioè in chi deteneva potere a vario livello ed in civitas,
cioè la classe dei vinti, ,che doveva obbedire e subire, composta
dagli indigeni italiani e dai cittadini romani residui. L'economia locale
era fondamentalmente basata sull'agricoltura, che da secoli immemorabili,
nella nostra zona, era attivizzata e intensificata, specialmente dopo ogni
catastrofe bellica o naturale: nel periodo del re longobardo Ariberto II
(702-712) la nostra Bassa Milanese è segnalata per la fertilità
dei campi. Attorno a Milano esisteva un tipico ordinamento longobardo
per cui i signori di stirpe militare longobarda erano i proprietari, ma
non lavoravano direttamente le loro terre e il loro fondo rustico: San
Giuliano Milanese, la vicina Zivido, Locate Triulzi, la cascina Decima,
Mediglia, nel secolo ottavo erano la residenza di uomini liberi che militavano
nell'esercito longobardo e vivevano in questi luoghi: le proprietà
fondiarie erano prima a regime di grande dominio, ora erano quasi accampamenti
militari. Tali uomini erano chiamati Arimanni
(nel latino medioevale arimanus, che deriva dal longobardo hariman, che
vuol dire guerriero), ed il loro territorio era l'arimannia. Gli
arimanni
erano dunque, nell'ordinamento statale longobardo e poi anche in quello
franco-feudale, i soldati appartenenti ad una guarnigione stabile: a loro
era assegnata la terra dal loro re, a titolo di proprietà ereditaria
e inalienabile, per il loro mantenimento; mentre in origine gli arimanni
erano i liberi, cioè coloro che, pur essendo sudditi, godevano di
speciali diritti civili e politici. L'amministrazione delle terre
del sovrano e la riscossione dei redditi furono affidate ai gastaldi, speciali
amministratori con attribuzioni civili, militari e giudiziarie, e con il
compito di controllare i duchi. L'ordinamento sociale della popolazione
longobarda si fondava sulla fara, che era un gruppo gentilizio o parentale-famigliare,
con finalità anche militari, i cui membri o discendevano da un antenato
comune o erano aggregati da particolari di nascita e di matrimonio.
Il nome fara è rimasto in alcuni nomi di paesi o di città:
Fara di Gera d'Adda; Fara Olivana; Fara Basiliana; Fara di Gallarate; Fara
Novarese; Fara Sabina; Fara Vicentino; Fara San Martino. La rete
degli insediamenti longobardi è riconoscibile
anche da altri nomi, gaggio che è il bosco cintato e riservato,
cafaggio (il nome longobardo era gahagi) che vuol dire luogo appartato
per custodirvi le bestie. |