I
Franchi furono un'antica popolazione germanica composta di diverse tribù
(ampsivari, camavi, catti, casuari, salii, sigambri), stanziatasi nel sec.
III° lungo le rive del medio e basso Reno. Gli attacchi e le scorrerie
dei franchi furono ripetutamente respinti dai romani; nel secolo IV°
i franchi salii si stabilirono come federati nella Tossandria (Brabante)
e diedero un importante apporto all'esercito romano. Nel sec. V° i franchi
ripuari (denominazione che accomunava le tribù stanziate a destra
del Reno) conquistarono la regione di Treviri e Colonia, mentre i salii
si stabilirono coi re Clodione e Meroveo († 457 ca) nella regione di Turnai,
Cambrai e Arras. Le forti tendenze particolaristiche delle tribù
franche furono vinte progressivamente dall'affermazione del potere del re.
Con Clodoveo (481 - 511), capostipite della dinastia merovingia, ebbe inizio
la costituzione di una salda organizzazione statale che ottenne la sottomissione
di altre tribù franche. Clodoveo sconfisse il governatore romano
della Gallia Siagrio, si impadronì dell'Aquitania ai danni dei visigoti
e sottomise i bavari e i turingi, si impose sugli alamanni e sui burgundi
e che, dopo aver dilagato per quasi tutta la regione, avviò il processo
di cristianizzazione. Dagoberto I (629-39), fu l’ultimo sovrano di una certa
importanza, dopo di lui il regno si sfaldò. Nell'organizzazione
statale, basata sul potere dei comites del re (comites o conti, cioè
i compagni del Re), grande rilievo aveva il maggiordomo, amministratore
dei beni della corona, che divenne la figura centrale nel periodo dei cosiddetti
`re fannulloni', segnato da torbidi dinastici e guerre tra le due parti
in cui si era diviso il regno, Austrasia e Neustria. Pipino di Héristal,
un discendente di Arnolfo (militare, politico, vescovo di Metz (614) e santo),
era maggiordomo d'Austrasia, nel 680, egli compì il processo di formazione
nazionale; Pipino riunificò sotto di sé la Neustria, mentre
il nipote Pipino il Breve nel 751 fece deporre Childerico III († 754), dando
così inizio alla dinastia dei Carolingi. I maggiordomi all’epoca
medioevale erano dei centri di potere assoluto, nelle loro mani si concentravano
tutte le prerogative di governo, dalla gestione della giustizia, al comando
degli eserciti, alla riscossione delle imposte. Dalle ceneri della
dinastia dei Merovingi, i "re fannulloni", nacque quella Carolingia destinata
a governare per molto tempo, toccando con Carlomagno il culmine del
suo potere. I Pipini furono una famiglia di grandi proprietari terrieri,
che riuscì, in una situazione ai limiti dell’anarchia, ad esprimere
un maggiordomo unico per le varie regioni della Francia che si contendevano
il potere. Pipino in breve tempo ottenne il controllo di tutte le
cariche importanti nel regno di Francia tanto da poter imporre pochi mesi
prima della sua morte la nomina di un bimbo di sei anni Teodobaldo, un nipote
bastardo, come maggiordomo della Neustria. Per Pipino la carica di maggiordomo
era, di fatto, un bene di famiglia oltre ad essere una "monarchia parallela".
Quando nel dicembre del 714 morì Pipino di Heristal, i proprietari
schiavisti appoggiati dai Frisoni e dagli Aquitani si ribellarono non riconoscendo
la successione di Pipino. Carlo, detto il "Martello" figlio naturale di
Pipino, evaso dalla prigione dove era stato rinchiuso dalla vedova di Pipino,
Plectrude, all’età di soli venticinque anni assunse il comando degli
eserciti dei grandi signori feudali austrasiani, sconfisse i Frisoni e schiacciò
il duca d’Aquitania, che, per contrastare Carlo, si rivolse ai Musulmani
in cerca d'aiuto. L’unico effetto che ottenne fu quello di permettere ai
Musulmani di spadroneggiare nel suo territorio, e alla fine, fu costretto
a chiedere a Carlo Martello di intervenire per evitare il prolungarsi dell’invasione.
Carlo allontanò senza difficoltà i Mori e vincendo a
Poitiers nel 733 pose fine all'espansione dell'Islam in Europa. Per alcuni
storici i Musulmani non vollero mai penetrare in Europa, perché
qui vi avrebbero trovato una società frantumata dalla quale non avrebbero
tratto nulla di tanto conveniente da giustificare una simile impresa. La
dinastia dei Pipinidi, conosciuta d’ora in poi come dinastia carolingia
da Carlo Martello, consolidò definitivamente il suo potere nel regno.
Le rivolte in Frisia e in Aquitania non rappresentarono più un problema.
Sostanzialmente con Carlo Martello si affermò, in nord Europa, il
feudalesimo e terminò lo scontro che andava avanti dai tempi di Pipino,
che contrapponeva i proprietari terrieri vicini al feudalesimo ai grandi
proprietari schiavisti ancora legati ad un commercio. La regressione dei
mercati indeboliva il ceto schiavistico, che comincia ad assumere un ruolo
sempre meno rilevante nelle vicende del regno, almeno fino a quando l’Impero
di Carlomagno non entrò in una crisi che ne procurò la fine.
Nel regno si diffuse il modello feudale. Il potere di banno concesso dal
re ai grandi proprietari terrieri, frazionò la sovranità,
cedendo ai privati le prerogative di una struttura statale: i signori possono
raccogliere decime, reclutare eserciti, istituire organi di polizia e giudiziari
in una situazione di fusione tra la dimensione privata e pubblica della
vita degli individui. Carlo Martello diede inizio ad una nuova politica
volta a dare un volto unitario alle vicende del regno franco, componendo
il potere secondo un rapporto di vassallaggio. Il vassallo è beneficiario
di un diritto, che consente il prelievo delle decime sui terreni concessi
in cambio, della fedeltà militare. Quando le terre del regno furono
insufficienti, Carlo Martello non esitò e comandò l’espropriazione
dei possedimenti della Chiesa che ospitava ancora nelle sue proprietà
gli ultimi rappresentanti della società schiavista. Come Napoleone
aveva diffuso nel continente le idee della rivoluzione così Carlo
diffuse in nuovo sistema di produzione dei beni per il sostentamento degli
uomini: il feudalesimo, come oggi siamo abituati a pensarlo, vale a dire
il feudalesimo dei signori e dei servi della gleba. Questo tipo di struttura
sociale nasce nel nord dell’Europa lontana dalla culla del commercio che
fu il Mediterraneo. Secondo alcuni storici il Mediterraneo non perse
mai il suo primato commerciale, neanche durante il Medioevo. Ma allora perché
si affermò il feudalesimo che nella sua struttura si contrapponeva
all’economia di mercato? Gli scambi nel sistema feudale non rappresentavano
un fattore che potesse indirizzare la produzione in maniera decisiva. E’
ragionevole pensare che la chiusura del mercato Mediterraneo abbia, in una
certa misura, soffocato le attività di distribuzione dei beni determinando
una conseguente penuria monetaria. La mancanza di denaro, derivata dall’arresto
degli scambi, produsse effetti sulla struttura statale nel senso che venne
a mancare una classe dirigente stipendiata, mancò in sostanza la
burocrazia. La presenza sul territorio dello stato si realizzava attraverso
i poteri che l’imperatore concedeva ai suoi beneficiari. Quindi la prima
conseguenza della chiusura dei mercati fu la scomparsa quasi totale della
moneta che a sua volta implicò l’impossibilità di creare una
struttura centralizzata di controllo del potere e l’inevitabile frazionamento
della sovranità. Carlo Martello morì il 21 Ottobre del 741
e solo uno dei suoi due figli, Pipino, continuò a governare il regno,
dopo che nel 747 Carlomanno si fece monaco a Montecassino. Pipino fu sicuramente
il maggiordomo più potente della dinastia dei Carolingi. Tanto
potente che i nobili giuravano a lui fedeltà, svuotando di autorità
la carica del re. Inoltre Pipino cominciò una politica d'intesa con
la Chiesa che lo riconobbe, di fatto, come suo protettore. Nel 754 Papa
Stefano II° dichiara Pipino re dei Franchi. A questo punto tutto è
pronto per l’ascesa di Carlomagno. Carlomagno salì al trono come
patrizio il 9 Ottobre 768, ma solo nel 771, con la morte del fratello Carlomanno,
inizia ad esercitare in pieno i suoi poteri. Dal padre oltre al regno e
al rapporto di fiducia con il Papa ereditò anche la questione italiana
che Carlomagno seppe risolvere meglio di quanto non avesse fatto Pipino,
che non schiacciò mai Astolfo, ma si limitò a controllare
che le cose in Italia non degenerassero, contenendo le azioni del re longobardo
e rimanendo in ogni modo subordinato al Papa. Come i suoi predecessori
Carlomagno s'impegnò militarmente per contrastare chi si opponeva
al suo potere che cresceva di giorno in giorno. Le campagne militari intraprese
da Carlomagno furono molte, circa sessanta, tutte tese ad aumentare il dominio
in Europa per l’Impero e per la Chiesa. Gli Arabi in Spagna, i Sassoni nella
Germania orientale, gli Avari nell'attuale Ungheria, i Longobardi in Italia.
Questi furono i fronti sui quali Carlomagno s'impegnò militarmente.
Solo in Spagna, dove Carlo incontrò il Califfo di Cordoba, il successo
non fu nettissimo, per non dire fallimentare. Il regno franco si accontentò
di costituire la Marca Spagnola che si estendeva fino alla Catalogna e all’Ebro.
Sebbene il risultato fu assai modesto, stranamente le gesta di Carlo in
Spagna alimentarono leggende talmente potenti da influenzare la Chanson
de Roland e l’Orlando furioso. Roncisvalle divenne teatro di una battaglia
a dir poco epica, sebbene vi perdessero la vita alcuni dei migliori guerrieri
franchi. Bisogna ricordare che non si trattò di una battaglia in
campo aperto, ma di un’imboscata dei Mori in una gola dei Pirenei, imboscata
alla quale parteciparono anche dei montanari baschi che già da allora
si ribellavano, al dominio di Carlo. L’unica cosa degna di nota è
la cronaca d'Eginardo; ci riferisce della morte di Hruotlandus meglio conosciuto
come Rolando e poi, in Italia, come Orlando, il più famoso tra i
paladini di Carlo. L’organizzazione degli Arabi ridusse le ambizioni di
Carlo arrestando definitivamente l’espansione ad ovest dell’Impero.
Le cose andarono diversamente
sugli altri fronti: i Sassoni furono piegati in una guerra che impegnò
le truppe franche per venti anni. Diciotto furono le spedizioni necessarie
per piegare Vitichindo e il suo popolo. Una volta sconfitti i Sassoni furono
"evangelizzati" con metodi a dir poco disumani. La vicenda rappresenta
forse la pagina più buia della storia dell’Impero. Decapitazioni
e deportazioni erano all’ordine del giorno, a Werden si contano quattromilacinquecento
esecuzioni in un solo giorno, in uno stato di terrore dove anche il trasgredire
il più piccolo precetto significava irrimediabilmente la pena di
morte. Le poche teste che rimasero sui corpi alla fine, accettarono il
battesimo e l’opera di civilizzazione/cristianizzazione si realizzò
(così) senza troppi ostacoli. Alla fine del 804 i Sassoni
furono completamente assoggettati. Agli Avari Carlo confiscò tesori
di grandissimo valore, dopo aver distrutto i loro territori e averli respinti
di là del Tibisco tra il 793 e il 794. Le frontiere ad est erano
ormai sicure e le invasioni da ovest non erano più in pericolo.
Sul fronte italiano la causa che portò alla guerra fu l’elezione
sul soglio pontificio d'Adriano I° nel 772, il quale favorì
l’intesa con i Franchi. Questo bastò ai Longobardi del principe
Adelchi, figlio di Desiderio, per dichiarare guerra allo Stato Pontificio.
Carlo sceso in Italia liquidò la questione in pochi mesi. Mentre
Carlomagno festeggiava la Pasqua del 774 a Roma con Adriano, il suo esercito
assediò Pavia. Si narra che il re Desiderio rimase abbagliato dalla
luce riflessa dalle armate carolingie che avanzavano su Pavia, capitale
del regno di Longobardi. Dopo la cattura del padre, Adelchi trovò
rifugio a Costantinopoli. In questi anni Carlo ridimensiona le mire espansionistiche
del Papa che cercava di annettere il ducato di Spoleto, riconoscendo come
suddito il Duca in questione. I confini del regno erano ora il fiume Ebro
ad ovest, il mar Baltico a Nord, il Danubio ad est ed infine l’Adriatico
a Sud. Dopo queste conquiste l’autorità di Carlo crebbe in tutta
Europa e, fatta eccezione per qualche re e principe spagnolo e inglese,
Carlo ormai era il sovrano incontrastato dell’Europa da lui conquistata
ed evangelizzata.
Intanto a Bisanzio la situazione
era come non mai instabile. Costantino VI fu detronizzato dalla madre,
la basilissa Irene, la quale prese il potere nelle sue mani. Purtroppo,
essendo una donna, la sua carica non fu mai riconosciuta e l’impero fu
sempre considerato vacante. Irene cominciò una politica di riavvicinamento
combinando un matrimonio dinastico tra Rotreude figlia di Carlo e il nuovo
imperatore, e rinunciò all’iconoclastia. Ormai c’erano tutti i presupposti
per l’incoronazione di Carlomagno come Imperatore del Sacro Romano Impero.
La notte di Natale, durante la messa celebrata a San Pietro a Roma, Carlo
fu investo della carica imperiale dal succesore di Adriano I°, Papa
Leone III°. Del resto Leone III° siedieva ancora sul soglio pontificio
grazie ad un intervento di Carlo, che nella primavera del 799, lo liberò
dalle prigioni in cui era stato rinchiuso da un gruppo di nobili romani.
L’incoronazione fu vista dai contemporanei in maniere diverse. A Bisanzio
Carlo appari come un usurpatore. Carlo però prese sul serio
la carica che l’incoronazione gli conferiva e s'impegnò per riunire
l’impero. Una delegazione d'ambasciatori, giunse a Bisanzio per proporre
il matrimonio di Carlo con la non più giovane Irene. Un colpo di
stato depose Irene, la quale finì i suoi giorni in un convento,
e pose fine al viaggio della delegazione. Non furono più felici
dei Bizantini i ribelli Longobardi e gli aristocratici romani. Alcuni storici
hanno visto nella vicenda dell’incoronazione quasi un colpo di stato da
parte di Carlomagno. Sicuramente gli eventi della notte di Natale furono
organizzati nei minimi dettagli al contrario di quanto voglia far credere
Eginardo, biografo di Carlomagno, dal Papa e dai nobili franchi. Forse
Carlomagno rimase sorpreso, ma ormai i tempi erano maturi ed egli sapeva
che l’incoronazione era solo questione di tempo. Da quel momento Carlo
diventa definitivamente il protettore della chiesa. In un mosaico del IX
secolo, tuttora conservato a Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano,
Carlo (Carulo Regi) riceve la sua investitura direttamente da San Pietro
(SCS Petrus), che gli porge una bandiera, per difendere con il potere temporale
la chiesa, mentre il Papa (DN Leo PP) riceve il Pallio, un panno di lana
bianca, che rappresenta il potere spirituale. Prima con il regno poi con
l’impero Carlo creò una struttura amministrativa per governare un
territorio vastissimo. Come suo nonno, Carlo continuò nella concessione
dei benefici, organizzò i suoi territori in contee, marche e ducati.
Il conte è un rappresentante scelto dal sovrano,
che può essere rimosso dal suo incarico per volontà dell’imperatore.
La singola contea contiene molte signorie feudali, che fanno riferimento
al conte per questioni di carattere amministrativo e giudiziario. Durante
l’Impero di Carlo si contano quasi duecento contee. Le marche invece sono
territori più grandi delle contee e solitamente si trovano al confine.
La vastità del territorio si giustifica con il fatto che il marchese,
anch'egli revocabile dal sovrano, ha bisogno di molte risorse per organizzare
la difesa militare del territorio. Infine i ducati sono territori in cui
sono presenti etnie diverse, e molto spesso il duca è il capo di
un popolo sottomesso, che presta giuramento a Carlo. Il duca viene può
essere rimosso solo se viene meno al giuramento prestato al sovrano.
La mancanza d'introiti per lo stato non permetterà a questa struttura
amministrativa di esercitare in pieno i suoi poteri. I conti e marchesi
sono, di fatto, prigionieri delle volontà dei signori feudali. Per
imprimere una politica unitaria, Carlomagno istituisce un corpo di funzionari
noti come i Missi Dominici, i quali attraversano l’Impero in lungo e largo,
chiamati a risolvere le questioni d'interesse generale, secondo le direttive
che sono emanate dal nuovo centro di direzione politica che Carlo fissa
ad Aquisgrana. Da Aquisgrana Carlo gestirà il suo impero, vivendo
a corte in maniera stabile dal 796 fino alla sua morte. Le direttive erano
meglio note come capitolari, che solitamente erano emanati solitamente
durante i Campi di Maggio, delle grandi assemblee cui partecipavano
duchi, conti e marchesi. Nonostante tutti questi sforzi, Carlo non riuscì
mai a dare al regno un'organizzazione legale simile a quella della Roma
antica, fatta di leggi uniche emanate da un potere centrale. Anche in campo
culturale non mancarono tentativi di consolidare l’Impero. Per volere di
Carlo fu istituita la Schola Palatina, in altre parole la Scuola di Palazzo,
dove sotto la guida e il coordinamento d'Alcuino, i più grandi intellettuali
dell’epoca tenevano corsi per i figli dei nobili, vicini alla corte di
Carlo, i quali un giorno sarebbero stati investiti della carica di duca,
conte o marchese. Tra gli intellettuali più noti si ricorda Paolo
Diacono, Pietro da Pisa, Paolino d’Aquileia ed Eginardo, biografo personale
di Carlo di cui ci ha lasciato una biografia ricca di notizie, intitolata
Vita Karoli, contribuendo a consegnare alla leggenda la figura di Carlomagno.
Eginardo ci parla di Carlo come di un eroe: era appassionato di nuoto,
amava i bagni di vapore. Possedeva una sensibilità per
la cultura e lo studio che lo indusse ad imparare il latino fino a parlarlo
correntemente, e a studiare il greco. Alcuino stesso insegnò a Carlo
la retorica, la dialettica e l’astronomia. Sembra che fosse molto fedele
alle tradizioni ed in particolare all’abbigliamento: solo a Roma, e per
richiesta del Papa, accettò di non vestire il costume nazionale
dei Franchi per indossare la tunica. La sua figura era così potente
nell’immaginario collettivo che Federico Barbarossa, nel 1165, fece del
tutto affinché Carlo fosse ammesso nel novero dei santi. Del resto
anche Dante, come possiamo leggere nella Divina Commedia, gli riserva un
posto nel Paradiso: Così per Carlo Magno e per
Orlando due ne segui lo mio attento sguardo, com’occhio segue suo
falcon volando Una leggenda narra che il corpo di Carlomagno
si presentò intatto agli occhi d'Ottone III, che ne aveva disposto
la riesumazione nell’anno mille: "assiso su un seggio come
se vivesse...né alcuna delle sue membra si era corrotta"
Nella Chanson de Roland si legge a proposito della battaglia di Roncisvalle:
...Rolando è morto, l’anima n’è in cielo. L’imperatore giunge
a Roncisvalle.... ...Allor che il Re vede calar la sera, su l’erba di un
prato discende, si prostra a terra, prega Dio Signore che per lui faccia
che si fermi il sole, tardi la notte e si prolunghi il giorno. L’angel
che spesso parla al Re discende, rapidamente e quest’ordin gli dà:
"Carlo cavalca! non verrà tramonto. Dio sa che il fior di Francia
l’hai perduto, ma vendicarti puoi della rea gente". L’Imperator, ciò
udito in sella balza.... Sebbene la leggenda s'impadronì
della figura di Carlomagno, rendendola immortale, il suo Impero non ebbe
vita lunga. Del resto di Carlomagno si potrebbe dire che fu l’uomo giusto
al momento giusto. Le sue doti di capo, unite alla voglia di restaurazione
imperiale dei nobili europei, fecero di Carlo un imperatore. Il suo merito
fu quello di aver fondato un'idea d'impero che sopravvisse al suo impero
stesso ispirando i sovrani che vennero dopo di lui. Sebbene gli sforzi
compiuti da Carlo nella direzione dell’unificazione fossero tantissimi,
già durante la sua vecchiaia, l'Impero iniziò a spaccarsi.
Le forze centrifughe che tendevano a dividere l’Impero, non potevano essere
più contrastate. L’Impero di Carlo non poteva più allargare
i suoi domini compiendo nuove conquiste, ormai i nemici di Carlo e dell’Impero
erano in grado di contrastare il potere carolingio. La mancanza di conquiste
ebbe conseguenze enormi sull’assetto dell’Impero. Carlo non
poteva più finanziare conti e marchesi, i quali cominciarono a sentirsi
meno legati dal vincolo del giuramento ed esercitare una pressione enorme
sugli starti più deboli della popolazione: i contadini non potevano
coltivare le terre incolte, e dovevano prestare servizio su quelle del
loro signore. In questo periodo cresce la miseria e le carestie sono
sempre più frequenti. Tutto ciò è diretta conseguenza
della politica antifeudale che Carlo attua nel "Capitualre de villis".
Con questo capitolare si vieta ai signori di costituire eserciti privati,
di aumentare le prestazioni che possono esigere dai contadini, e si fissa
il prezzo dei beni di prima necessità. Sicuramente in contraddizione
con le forze che hanno permesso a Carlomagno di governare, il capitolare
tutela i settori antifeudali dell’economia. L’impossibilità di sottrarre
terre ai boschi non permise lo sfruttamento estensivo dei campi, ma favorì
la concentrazione di persone intorno ai possedimenti dei signori feudali.
Visto il rendimento dell’agricoltura dell’epoca non è difficile
immaginare le conseguenze che si ebbero sulla produzione. La quota di terreno
che i servi avevano per loro era nota come "manso". Un singolo manso poteva
ospitare più famiglie che sopravvivevano ai limiti della miseria.
La dieta delle persone dell’epoca sicuramente era poco varia, e carni e
latte non erano costantemente a disposizione, e la mortalità infantile
era altissima. In sostanza le forze sociali che spinsero i Carolingi al
potere, ora trovavano un nuovo equilibrio con le forze a queste antagoniste.
Fu proprio l’equilibrio tra i settori feudali e schiavistici a determinare
la fine dell’Impero di Carlo. Lo scenario che si presentava alla
fine dell’impero di Carlo, è sicuramente uno scenario fatto di povertà
crescente derivata dall’arresto dell’espansione carolingia. I problemi
interni indebolirono l’Impero e spinsero Carlo a ridurre i contrasti internazionali,
cercando il riconoscimento da parte di Bisanzio del suo titolo, ma ottenne
nel 812 solo il riconoscimento del titolo d'Imperatore d’Occidente: il
sogno di riunificare la cristianità sotto la sua corona era fallito.
Nel 806 a Thionville fu decretata la divisione dell’Impero a favore dei
tra figli Carlo. Carlo morì nel 814 lasciando il regno all’unico
figlio superstite: Ludovico il Pio. La fine della dinastia fu segnata da
una guerra civile, che vide contrapporsi Ludovico il Pio e il suo primogenito
Lotario contro gli altri due figli di Ludovico e di Ermengarda, Carlo il
Calvo e Ludovico il Germanico. Dopo anni di contrasti a Verdun nel
843 si decise l’assetto dell’Europa. L’Europa assume ora una forma moderna:
si tracciano i confini di nuovi territori uniti da una lingua comune,
e sebbene sia prematuro parlare di nazioni, prende vita in questi anni
l’Europa dei grandi stati nazionali. Una momentanea ricostituzione dell’eredità
di Carlomagno, del suo Impero, fu possibile sotto Carlo Il Grosso, il quale
fu poi deposto da un gruppo di potenti principi, legati agli interessi
feudali, e rinchiuso in convento. Fu la fine della dinastia carolingia. |