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I contrasti tra Milano e Pavia e Lodi
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Il contrasto tra Milano e Pavia
Sedi di tradizioni politiche non solo diverse, ma addirittura contrastanti, Milano centro della potenza vescovile e Pavia del potere Reale e della feudalità rappresentano l'eterna contrapposizione fra il gau e la civitas, che possono intendersi come lo straniero contro l'italico, il barbaro contro il romano, chi detiene il potere contro chi lo subisce.  Già dall'epoca di Arduino, quando questi aveva cercato di sottrarre il regno dei Longobardi alla sudditanza alla corona germanica. Quando Corrado II° volle sottomettere Pavia, trovò come naturale alleato l'arcivescovo di Milano Ariberto, che gli mise a disposizione le proprie milizie.  Quando a Milano ferveva la lotta per ripulire la chiesa dai preti simoniaci e concubinarii, Pavia ne approfittò per entrare in guerra contro Milano, guerra che si concluse nel 1061 con la sanguinosissima battaglia di "Campo morto", dove i milanesi debellarono i pavesi, ma l'odio tra le due città rimase tanto che nei successivi cinquant'anni sfociò in altre tre guerre.  Non bastando i motivi di contrapposizione tra le due ci si misero anche piccoli comuni che, sfruttando la rivalità tra Pavia e Milano, diedero loro altri motivi o pretesti per scaramucce e guerre.  Nel 1107, ad esempio, Tortona, assalita dai Pavesi, si rivolge a Milano chiedendone la protezione, mentre Pavia si allea con Lodi e Cremona, Lodi viene messa a ferro e fuoco nel 1111, tanto da far dire ai superstiti, discendenti dei legionari di Pompeo, che i Milanesi si erano comportati con loro come gli Unni di Attila.. Nel 1110 Brescia, in lotta contro Cremona che si era alleata ai Pavesi, chiede e ottiene l'intervento di Milano.  Nel 1129 Crema, per sfuggire al controllo di Cremona, cui era stata ceduta dalla contessa Matilde, si dichiarò vassalla di Milano, con la conseguente entrata in campo di Pavia e Novara a fianco dei Cremonesi. Nel 1130 con la battaglia di Macognago i Pavesi ed i loro alleati vengono sconfitti e tutto ciò che restava del loro esercito venne condotto prigioniero a Milano.  La città ambrosiana poteva disporre di una posizione geografica unica, di una popolazione attiva e determinata in battaglia come nel lavoro.  Milano era già ricca allora di floride industrie e, sede dell'arcivescovado più importante dell'Italia settentrionale, coagulava attorno a sè una rete di comuni minori e di vassalli che ne aumentavano la capacità sia offensiva che difensiva. La contrapposizione tra Pavia e Milano portò quest'ultima ad una posizione di netto predominio in Lombardia, mentre Pavia rimase sempre ostile. 
I motivi della rivalità tra Milano e Lodi
I motivi della rivalità erano alquanto complessi; ma due soprattutto sembrano emergenti. Il primo motivo era la pretesa dell'arcivescovo di Milano di controllare il vescovato di Lodi, con l'imposizione dell'investitura milanese su quella lodigiana anche per i beni temporali, specialmente ai tempi di Ariberto d'Intimiano, arcivescovo milanese dal 1018 al 1045. Il rifiuto di Lodi di accettare il vescovo impostole da Milano sembra una motivazione più cercata che reale, appare molto più probabile che Ariberto volesse punire i Lodigiani per la loro alleanza con Pavia in occasione della guerra del 1107 contro Tortona, alleata dei milanesi.  Dicono i cronisti dell'epoca che questi, insuperbitosi, incominciasse a tiranneggiare i suoi vassalli, a vantaggio del popolo, schierandosi così per la civitas contro il gau. Ne nacquero malcontenti che nel 1035 sfociarono in una vera e propria rivolta durante la quale, inzialmente, i valvassori milanesi subiscono una sconfitta nell'area cittadiina, poi uscitine si uniscono ai cavalieri della Martesana, del Seprio ed ai Lodigiani e a molti militi di altre terre, formano una Lega o Motta (accozzaglia, contro la quale l'arcivescovo, ricorrendo alla coscrizione obbligatoria undecumque potuit, muove con un poderoso esercito carico di entusiasmo, ma povero di esperienza. Una sconfitta per entrambe le parti fu la battaglia di Campomalo, dove rimase ucciso il vescovo di Asti Olderico, alleato di Ariberto. Venuto a conoscenza di questa contesa, discende in Italia l'imperatore Corrado II°, che a Pavia, raccogliendo le istanze di valvassori e vassalli sostenendo per sua natura il gau, arresta Ariberto e con lui i vescovi di Vercelli, Cremona e Piacenza. Tradotto a Piacenza Ariberto riesce a fuggire e a tornare a Milano dove resterà, protetto dal popolo, fino al 1041, quando, insorto nuovamente il popolo contro la prepotenza dei nobili, si arrivò a combattere nelle vie, nei tuguri e nei palazzi, mentre l'arcivescovo restava indifferente a guardare. Il popolo stava per essere sopraffatto dalla vendetta patrizia, in quacumque urbis regione, capitanei et valvassores populum superabant, inhumaniter ipsum trucidabant, quando Lanzone, capitano di antica nobiltà si schiera con la plebe con quasi tutti i suoi valvassori e porta la rivolta alla vittoria i valvassori sconfitti e scacciati dalla città, seguiti di lì a poco da Ariberto che sconta così la sua indifferenza alle sofferenze della plebe. Nasce così la prima organizzazione popolare che definisce una costituzione municipale, consistente in un'assemblea popolare, in un consiglio minore e in un'autorità esecutiva rappresentata all'inizio da un dictator lo stesso Lanzone e poi dai consoli, quindi dal podestà (dal latino potestas = potere, perchè rappresentava il potere dell'imperatore) e infine dal capitano del popolo. Altro motivo della rivalità tra Milano e Lodi era  costituito dalla lotta per il possesso delle vie d'acqua, per la necessità di usarle come vie di comunicazione, perchè i corsi navigabili erano essenziali alla vita economica comunale, e la via d'acqua naturale che collegava Milano con paesi lontani era il fiume Lambro che, per lungo tratto, prima del Po, era controllato dai Lodigiani. Inoltre fin dal secolo X i vescovi di Lodi avevano diritti di pesca nelle acque del Lambro, ed il Comune di Lodi vi esercitava il diritto di pedaggio per le barche che ne risalivano la corrente. Le terre conquistate dall'arcivescovo Ariberto sui Lodigiani furono date in feudo ai valvassori milanesi, i quali da quel tempo incominciarono a dominare nel Basso Lodigiano, sulle sponde del Lambro, del Po e dell'Adda, in modo che i Milanesi, dai colli di San Colombano e dalle torri dei castelli di Valera, Cogozzo, San Colombano, Miradolo, Graffignana, Possadolto, Panizzago, Montemalo, Monte Ilderado, Maleo, Cavacurta, Vittadone e Bertonico dominavano le vicine città ed i loro territori, controllando ed osservando non solo Lodi, Pavia e Piacenza, ma anche la non lontana Cremona con le loro flottiglie commerciali; le flottiglie rimontavano il Po ed assicuravano un vasto scambio ed un vivace commercio. In questo contesto storico si inserisce la lotta tra l'imperatore ed i Comuni, ormai diventata inevitabile. Il primo che prese l'iniziativa programmata contro i Comuni fu Federico I Hohenstaufen detto Barbarossa.
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