Carlo
V° nacque il 24 febbraio del 1500 a Gand nella Fiandra Orientale e
morì a Yuste in Estremadura nel 1558. Era figlio di Filippo il Bello
d’Asburgo, arciduca d’Austria e di Giovanna la Pazza, figlia di Ferdinando
d’Aragona e di Isabella di Castiglia. Carlo ed il fratello Ferdinando,
nato a Madrid nel 1503, dopo la morte del nonno Massimiliano I° (1519)
e la morte precoce del padre Filippo (1506), si trovarono, ancora giovanissimi
e senza colpo ferire, a capo di un impero immenso, grazie alle eredità
di varie casate: quella tradizionale asburgica con Austria, Carinzia, Stiria,
Tirolo e Carniola con Trieste, quella di Borgogna con le Fiandre e quelle
di Castiglia e di Aragona, con il regno di Spagna, con tutti i territori
del Nuovo Mondo e del regno di Napoli e di Sicilia. Per comprendere meglio
come nacque questo immenso impero è utile, anche se ripetitivo,
risalire a Massimiliano I°, l’imperatore grande mecenate, fondatore,
tra l’altro, dell’Università di Vienna ed organizzatore di una solida
ed efficiente amministrazione dell’impero. Il matrimonio di Massimiliano
con Maria, figlia di Carlo il Temerario, duca di Borgogna, assicurò
alla famiglia il possesso dei Paesi Bassi e della Franca Contea, situata
nella Francia centro orientale. Suo figlio, l’arciduca d’Austria Filippo
il Bello, si sposò con Giovanna la Pazza, figlia di Ferdinando d’Aragona
e di Isabella di Castiglia, i “re cattolici” che nel 1478 fondarono l’Inquisizione.
Alla loro morte Giovanna, diventata regina, trasmise la corona a suo marito,
che la resse fino alla maggiore età di Carlo, che a 16 anni divenne
re di Spagna, di Napoli e di Sicilia. I due fratelli Carlo e Ferdinando,
rimasti orfani precocemente per la morte a 28 anni del padre Filippo, con
la madre, Giovanna la Pazza, malata di mente, non ostante avessero un carattere
ed una educazione diversa per aver passato la fanciullezza molto lontani
l’uno dall’altro, Ferdinando in Spagna dal nonno re d’Aragona e Carlo nei
Paesi Bassi, grazie al loro innato amore per la pace, collaborarono sempre
tra di loro, andando perfettamente d’accordo, salvo qualche lieve ombra
sorta per la divisione dei beni. Per Carlo, nato a Gand, la vera patria
era il mondo della Borgogna e delle Fiandre, non avendo mai avuto contatti
con l’Austria asburgica del sud-est. Senti molto l’influsso della profonda
religiosità fiamminga inculcatagli dal suo precettore Adriano di
Utrecht, che diverrà poi papa Adriano VI°. Contribuì
molto a plasmare il carattere dei due principi, ma soprattutto a preparare
Carlo al compito di sovrano, la sorella del loro padre, l’arciduchessa
Margherita, governatrice dei Paesi Bassi, molto simile come carattere a
suo padre Massimiliano. L’Europa stava attraversando un periodo particolarmente
difficile, l’immensa potenza raggiunta dagli Asburgo, senza alcuna guerra
di espansione, con la nascita di un impero sul quale veramente “non tramontava
mai il sole”, aveva in se qualcosa di miracoloso, per cui la fede nella
loro missione di guida dell’umanità e di difesa della cristianità
dai Turchi sembrava veramente confermata e benedetta da Dio, che poneva
il destino del mondo nelle mano di Carlo e di Ferdinando. I due principi
erano dei cattolici convinti, ma il loro atteggiamento religioso era soprattutto
improntato dallo spirito del grande umanista Erasmo da Rotterdam, che esercitò
un persistente influsso su entrambi i fratelli. Come Erasmo, aspiravano
ad una armoniosa fusione della morale evangelica e della grande cultura
classica, cercando di trarre dalla saggezza e dalla purezza del Vangelo
la forza per lottare contro l’ignoranza, l’immoralità, l’impostura,
il gretto dogmatismo e l’intolleranza ecclesiastica, cercando di non chiudere
mai le proprie idee morali nei rigidi schemi di un sistema. Come Erasmo,
furono profondamente turbati dalla riforma luterana, che respinsero e combatterono
a lungo per impedirne la diffusione. Le difficoltà che Carlo ebbe
con il papato, e successivamente anche suo figlio Filippo, rafforzarono
lo spirito di indipendenza degli Asburgo, che si consideravano, per l’origine
divina della monarchia, i veri protettori della Chiesa, con il pieno diritto
ed il dovere di controllarla e reprimerne gli abusi. Basandosi su questo
principio Carlo V°, durante il suo impero, trasse la motivazione e
la giustificazione per tutto quello che decise di fare, dalla guerra contro
i Turchi alla lotta contro i principi tedeschi protestanti, perchè
riteneva suo compito combattere i nemici della cristianità e tra
i nemici della fede primeggiava il re di Francia, Francesco I°, il
quale, pur di contrastarlo e danneggiarlo, si era alleato con i luterani
e persino con i Turchi che premevano verso Vienna. Con la guerra combattuta
in Italia Carlo aveva voluto dimostrare di essere l’erede della politica
ghibellina imperiale, esattamente come aveva fatto suo nonno Massimiliano
e nel 1527, dopo una spedizione di lanzichenecchi a Roma, con messa a sacco
della città, giunse ad una completa rappacificazione con il papa,
che finì per incoronarlo imperatore non a Roma ma a Bologna nel
1530. La grande estensione dell’impero aveva creato qualche problema tra
Carlo e Ferdinando, in quanto il centro di gravità della potenza
asburgica si era spostato verso occidente ed esisteva il problema delle
diverse leggi di successione, che in una parte dell’impero sostenevano
la primogenitura, in un’altra parte la successione collettiva. Una prima
dieta imperiale a Worms nel 1521 aveva proposto una divisione dell’impero,
ma l’anno successivo a Bruxelles Ferdinando aveva ottenuto una diversa
divisione, in base alla quale passarono a lui tutti i territori asburgici,
dall’Alsazia fino al confine ungarico, mentre Carlo, oltre la corona imperiale,
ottenne la Spagna con i relativi possedimenti del Mondo Nuovo e dell’Italia,
più l’eredità burgunda. Si delineò così una
linea spagnola ed una linea tedesca, che con il tempo finì per inglobare
anche la Boemia e l’Ungheria, ponendo così le basi della nazione
spagnola da un lato e dall’altro la struttura del futuro impero austro-ungarico.
Carlo nel 1519, con l’aiuto molto interessato dei banchieri Fugger, che
comprarono i voti dei principi elettori, era stato riconosciuto imperatore
del Sacro Romano Impero, battendo il suo principale concorrente Francesco
I° di Francia. Questa qualifica creò a Carlo più che
altro dei gravi problemi; anzitutto perché era praticamente impossibile
creare una organizzazione unitaria efficiente per tutto il vastissimo impero,
per lo spirito d’indipendenza di molti territori con le continue rivolte
interne in vari territori, per le continue guerre con Francesco I°,
che era riuscito a sconfiggere nel 1525 nei pressi di Pavia, aggiungendo
all’impero anche tutto il Milanese, poi per il problema della guerra contro
i Turchi, che premevano continuamente ai confini con le loro scorrerie,
ma soprattutto per tutti i problemi che gli creava la lotta contro l’eresia
protestante allora in rapida diffusione, con l’anarchia dilagante in Germania
e l’ostilità di molti principi tedeschi favorevoli a Lutero. Carlo,
senza avere un momento di rilassamento, dovette subito impegnarsi a fondo
contro la dilagante diffusione del luteranesimo in Germania e contemporaneamente
bloccare l’avanzata dei Turchi, che si erano alleati con Francesco I°,
arrivando alle porte di Vienna. Riuscì a sconfiggerli nel 1526,
liberando Vienna e questo gli permise di impegnarsi maggiormente contro
i principi tedeschi protestanti, che si erano uniti (Lega di Smalcalda),
alleandosi persino con Francesco I°. Nel 1544 Carlo V° e Francesco
I°, vista l’impossibilità di prevalere l’uno sull’altro, conclusero
a Crépy una pace, che riconosceva a Carlo il possesso di Milano
e nel 1547 a Muehlberg otteneva anche una grande vittoria contro la Lega
dei luterani. Ma in realtà la verità era ben diversa, perché
né i luterani né il successore di Francesco I°, il re
di Francia Enrico II°, si consideravano sconfitti, per cui Calo V°
con la pace di Augusta del 1555 dovette riconoscere il famoso principio
“cuius regio eius religio”, in base al quale i principi della Lega potevano
seguire la religione che preferivano, costringendo i sudditi ad adeguarsi.
Carlo V°, stanco di governare un impero che gli procurava solo preoccupazioni,
arrivato a 55 anni, decise di affidare tutta la parte occidentale del suo
impero, compresi i Paesi Bassi ed i territori italiani, al figlio Filippo
e di cedere i territori ereditati, la Germania ed il titolo imperiale al
fratello Ferdinando, abdicando nelle sue mani nel 1556. L’abdicazione di
un imperatore che più di tutti si era avvicinato all’ideale del
monarca universale lasciò una profonda impressione nel mondo di
allora. La realtà è che Carlo V° d’Asburgo non
si ritirò in un convento, come si pensò per un certo tempo
e neppure si fece costruire un grande palazzo vicino al monastero di Jeronimo
de Yuste, nella regione spagnola dell’Estremadura, ma soltanto una piccola
e modesta casa su di un fianco del monastero, continuando ad interessarsi
sempre dell’impero, rimanendo consigliere dei figli e dei suoi ex collaboratori.
Poiché era molto religioso volle che nella sua camera da letto fosse
aperta una finestrella che dava nell’interno della chiesa del monastero,
in modo da poter sempre seguire le sacre funzioni anche quando le forze
cominciarono a venirgli meno e non fu più in grado di andare direttamente
in chiesa. Morì serenamente dopo due anni, nel 1558, a 58 anni,
molti per quei tempi, certamente pochi per il giorno d’oggi, probabilmente
per una lenta e progressiva insufficienza renale, malattia che gli permise
di essere lucido fino alla fine, interessandosi sempre dei problemi dello
stato. Non è semplice farsi un quadro di questo grande imperatore,
uomo profondamente religioso, amante soprattutto della pace, che si era
trovato al vertice del più grande impero mai esistito e che l’obbligò
a combattere continuamente, creandogli più preoccupazioni che soddisfazioni.
Accettò la situazione per profonda disciplina ed innato senso dei
dovere verso Dio, il quale, a suo giudizio, aveva posto nelle sue mani
la difesa della cristianità. A 55 anni era probabilmente stanco,
aveva capito di non poter più dare il meglio di se stesso per il
bene dello stato e passò il testimone nelle mani di suo figlio Filippo,
il quale, come re di Spagna, ebbe una vita ancor più travagliata
del padre ed in quelle del fratello Ferdinando, il quale, come imperatore,
ebbe il merito di lasciare in Austria una amministrazione efficiente, rimasta
in auge, tale e quale, fino al 1918. Tiziano ci lasciò vari ritratti
di Calo V°: uno dei primi, dipinto nel 1530, è quello del Prado
di Madrid, che lo ritrae su di un cavallo nero, con armatura ed elmo piumato,
quadro che non amo e non mi convince, perché Carlo V° era essenzialmente,
per indole e per cultura, un uomo di pace. Il ritratto, a mio parere, più
affascinante, dipinto nel 1540 e conservato nella pinacoteca di Monaco
di Baviera, lo ritrae seduto su di una grande poltrona di velluto cremisi
e frangiata d’oro. Carlo V° ha qui ormai quaranta anni, indossa un
abito nero, molto severo e dal volto traspare una assorta malinconia. Un
quadro molto simile lo possiamo trovare a Napoli al museo di Capodimonte.
In tutti i dipinti Carlo V° ci appare come un uomo maestoso, anche
se non molto alto, energico, con un grande autocontrollo, come poi lo descriveranno
gli ambasciatori veneti. Per saperne molto di più si può
risalire ai libri dello storico italiano Federico Chabod, “Carlo V ed il
suo impero”, oppure a quelli dell’olandese Johan Huizinga, alla Storia
d’Europa di H.A.L. Fisher ed il “Carlo V” di Karl Brandi. Certamente Carlo
V° fu nell’insieme uomo spiritualmente rinascimentale, un seguace di
Erasmo da Rotterdam, nato per comandare ma senza ambizioni di dominio,
un romantico della cultura franco-borgognese, punto di partenza della storia
moderna, degno successore di Carlo Magno ed ultimo vero imperatore del
Sacro Romano Impero. |