Carlo
IV° di Lussemburgo nacque a Praga il 6 maggio 1316. Suo padre Giovanni,
detto il Ceco, era figlio dell’imperatore Arrigo VII° e sua madre Elisabetta
era sorella di Venceslao III°, re di Boemia. Come ultima discendente
diretta dei Premyslidi Elisabetta ereditò la corona boema che trasferì
al marito. Alla nascita il futuro imperatore fu chiamato Venceslao, nome
dei nonno materno, anche lui Venceslao. Nel XIV° secolo le alleanze
matrimoniali giocavano un ruolo importante, sia per i Capetingi ed i Valois
che per i Lussemburgo (Carlo IV° si sposò 4 volte, sempre con
eredi di case principesche: Bianca Margherita di Valois nel 1324, Anna
del Palatinato nel 1349, Anna di Scheidnitz nel 1353 ed Elisabetta di Pomerania
nel 1365). Nel 1309 veniva eletto papa il francese Bertrand de Got, arcivescovo
di Bordeaux, con il nome di Clemente V°, il quale, dopo aver rifiutata
la sede di Roma, si fece incoronare a Lione e fissò la sua sede
ad Avignone in Provenza, dove il papato poi sarebbe rimasto per circa 70
anni. La completa subordinazione della curia pontificia al re di Francia
permise così al giovane pincipe Venceslao di Lussemburgo di poter
mirare alla corona tedesca. Nel 1324 venne mandato alla corte di Parigi,
grazie al matrimonio di sua zia Bianca con Carlo IV° il Bello, re di
Francia ed ultimo dei Capetingi (1294-1328) ed in onore del potente zio
cambiò il suo nome da Venceslao a Carlo. Ricevette una educazione
da sovrano, frequentando la Sorbona di Parigi, dove ebbe come insegnanti
i più illustri maestri del tempo, occupandosi di problemi giuridici
e filosofici ed interessandosi probabilmente anche alla “De Monarchia”
che Dante Alighieri aveva scritto verso il 1300, opera in cui si teorizzava
sulla necessità di un impero universale e di una netta distinzione
tra Impero e Papato, ipotizzando una nuova specie di principe democratico
mediatore di pace e di giustizia. Nel 1324 si sposò la prima volta
con Bianca Margherita di Valois, sorella del re di Francia Filippo VI°
(1328-1350) e tornò a Praga, incominciando ad amministrare, insieme
al padre Giovanni, il difficile regno boemo, partecipando anche attivamente
a molte campagne espansionistiche. Carlo aveva soprattutto analizzato le
esperienze dei suoi predecessori, imparando a destreggiarsi nella delicata
situazione imperiale germanica e nel ginepraio italiano, rinunciando saggiamente
ad un” Romerzug “ a tutti i costi e rivalutando gli antichi princìpi
di sacralità dell’impero, ben lontano dal proposito di diventare
un tiranno prevaricatore e mettendo in pratica un nuovo modo di esercitare
il potere. Nel 1331 venne chiamato in Italia dal padre Giovanni, il quale
sperava di poter trasformare il ginepraio italiano in un regno unitario
per poter poi iniziare, con buone possibilità di riuscita, la scalata
al trono imperiale. Carlo attraversò la Savoia e la zona di Losanna,
arrivando a Pavia, a Lucca, a Parma e poi di nuovo a Pavia. In Italia il
giovane principe ebbe subito occasione di dimostrare il suo valore quando,
nel novembre del 1332 al comando delle truppe boeme e tedesche, sconfisse
nella battaglia di San Felice di Moneda la coalizione italiana degli Estensi,
degli Scaligeri e dei Gonzaga. Tornato in Boemia, il padre gli conferì
il titolo di margravio di Moravia e Carlo si dedicò al governo del
regno, organizzando una solida amministrazione, che gli permetteva una
sufficiente raccolta di fondi per mantenere l’apparato militare. Tornò
in Italia nel 1339 soprattutto per creare un’intesa con Bertrando de Saint
Genies, principe del Sacro Romano Impero, nominato patriarca di Aquileia.
nel 1334 dal papa Giovanni XXII°, che lo stimava per la sua saggezza
e per le sue abilità diplomatiche. Bertrando, nato in Francia nel
1260, era docente all’università di Toulouse ed era ormai abbastanza
in là con gli anni quando il papa lo aveva scelto per reggere il
patriarcato. Entrò in Aquileia il 28 ottobre del 1334, dimostrando
subito, non ostante l’età, grande fermezza ed impegno nella riorganizzazione
del suo principato friulano, regione di estrema delicatezza ed importanza
del Sacro Romano Impero, soprattutto come frontiera orientale ed abituale
via d’entrata in Italia delle scorrerie degli Avari, Ungari, Slavi e degli
Unni. Carlo fu ospite di Bertrando in Cividale e ad Udine e qui perfezionarono
accordi in base ai quali Carlo dava completo appoggio all’opera di Bertrando,
il quale da parte sua lo aiutava nel controllare la situazione del Tirolo,
una delle vie di transito di grande importanza tra la Germania e l’Italia,
tenendo d’occhio anche la Carinzia. Bertrando, nella lotta contro i conti
di Gorizia, appoggiati dagli Absburgo ed antagonisti abituali del patriarcato,
aveva dimostrato una grande determinazione ed audacia, quasi una seconda
giovinezza (“virga ferrea”) e dopo un periodo di relativa pace e chiariti
i rapporti con i duchi d’Austria, a 76 anni compiuti, aveva impugnato la
spada ed alla testa dei suoi soldati dapprima conquistava Venzone, sconfiggendo
a Braulins nel 1336 le truppe dei conti di Gorizia, poi occupava Cormons
e nel Natale del 1340, dopo aver celebrato la messa indossando l’armatura,
assediava la stessa Gorizia, con i conti rinchiusi nel Castello. Raggiunta
una specie di tregua con i goriziani, aveva molto migliorato la situazione
nel suo principato, favorendo il commercio ed arricchendo la zona mediante
l’istituzione di un libero mercato a Venzone, piccola cittadina, però
perno del sistema difensivo della strada Pontebbana, via di collegamento
tra l’Impero e l’Italia. A Cividale poi aveva creato una specie di università
ed aveva molto favorito l’espansione della piccola città di Udine.
Purtroppo non ostante le sue benefiche iniziative, la situazione nel Friuli
stava lentamente peggiorando, anche a causa della continua contesa tra
Udine e Cividale e per di più nel 1348 si era verificato un terribile
terremoto, con migliaia di morti, seguito da una grave pestilenza. Il 6
giugno 1350 il vecchio patriarca Bertrando, ormai novantenne, era di ritorno
da Padova, scortato da Federico da Savorgnano, quando un gruppo di congiurati,
complici i cividalesi ed il conte di Gorizia, uscirono da Spilinbergo,
lo attesero al guado dei fiume Tagliamento nei pressi di San Giorgio di
Richinvelda, e qui lo aggredirono ed uccisero selvaggiamente. Trasportata
la salma ad Udine, Bertrando ricevette funerali solenni, venne subito beatificato
per iniziativa del suo successore, Nicolò di Lussemburgo, fratellastro
di Carlo e da allora riposa in una teca della chiesa di Santa Maria, ai
piedi del Castello di Udine, chiesa che per suo volere era diventata il
Duomo della città. Per Carlo IV° la morte di Bertrando significò
una pericolosa destabilizzazione della regione orientale dell’Impero, per
di più nel luglio dello stesso anno le truppe del duca d’Austria,
approfittando della situazione e con il pretesto di difendere i diritti
della Chiesa di Aquileia, avevano occupato il Patriarcato, realizzando
il vecchio progetto degli Asburgo di annettersi definitivamente il Patriarcato.
Nel frattempo il padre di Carlo, Giovanni, per accattivarsi il re di Francia,
aveva combattuto al suo fianco nella campagna contro gli Inglesi, rimanendo
ucciso in combattimento il 23 agosto 1346 a Crecy, per cui Carlo gli succedette
sul trono di Boemia, venendo anche incoronato re di Germania a Bonn il
23 novembre dei 1346. In quegli anni l’attività di Carlo fu prevalentemente
assorbita dal tentativo di imporre il suo dominio in Germania contro il
partito di Ludovico il Bavaro, la cui morte prematura nell’ottobre 1347
spianò a Carlo la strada per una buona pacificazione in Germania
e per un miglioramento dei rapporti tra Impero e curia papale. Un primo
successo di questa politica fu la nomina, da parte del papa Clemente VI°,
del fratellastro di Carlo, Nicolò di Lussemburgo e vescovo di Naumburg
a Patriarca di Aquileia e questa nomina garantiva a Carlo l’apertura dei
valichi alpini per l’Italia. La situazione con gli austriaci, accampati
nel patriarcato, era abbastanza drammatica, ma Nicolò, appoggiato
da Carlo IV°, riuscì a trovare un accordo con Alberto II°
(patto di Budweis - Boemia - maggio 1351). In base al principio di scendere
sempre a trattative e compromessi con i potenti ed essere spietati con
i piccoli e considerata l’omertà che proteggeva gli uccisori di
Bertrando, Nicolò iniziò subito in Friuli una politica di
dura e sanguinosa repressione contro i feudatari ribelli, con la loro eliminazione
violenta. Udine era diventata con Nicolò la sede del patriarcato,
anche perché ormai la vita ad Aquileia, a causa della malaria, era
diventata impossibile. Nel frattempo Carlo, come futuro imperatore, aveva
fatto ogni sforzo per migliorare la situazione fmanziaria, diventata una
vera emergenza per le ingenti spese sostenute per mantenere valido un apparato
militare e per le monumentali opere pubbliche da lui iniziate con il preciso
scopo di migliorare Praga e trasformarla nella capitale dell’ Impero. Nel
1354-1355 intraprese finalmente il viaggio in Italia per farsi incoronare
imperatore a Roma. Aiutato dal fratellastro Nicolò, patriarca di
Aquileia, attraversò le varie signorie italiane: nel 1354, passando
per Gemona, era arrivato ad Udine il 14 ottobre ed il 3 novembre era a
Padova. Riuscì a convincere Lucca e Siena ad essere a lui fedeli
e finalmente a Roma ottenne la corona imperiale, suscitando lungo la penisola
grande entusiasmo per la restaurazione imperiale che molti speravano potesse
portare ad una pacificazione generale. Non è chiaro per quale ragione
nel giro di pochi mesi il grande consenso venne meno, anche Lucca e Siena
si ribellarono e Carlo fu costretto a rivalicare rapidamente le Alpi. Tra
il 1366 ed il 1368 si dedicò alle cure dell’Impero, emanando nel
1356 la famosa “Goldene Bulle” strumento giuridico con il quale veniva
regolata la successione imperiale ed il corpo degli elettori, veniva modificato
l’assetto dei principati tedeschi ed i rapporti tra principati ecclesiastici
e laici, stabilendo l’esatta estensione del potere temporale delle giurisdizioni
ecclesiastiche. Nel frattempo nel 1358 era morto il suo fratellastro Nicolò,
patriarca di Aquileia e veniva nominato suo successore Ludovico della Torre,
nipote del vescovo di Trieste. Questo patriarca, nonostante avesse dimostrato
fin dall’inizio una buona volontà, cercando in qualche modo di restaurare
il prestigio patriarcale, non ebbe una vita facile, dovendo fronteggiare
il partito filo-asburgico capeggiato da un signorotto di Spilinbergo, per
di più amico di Carlo IV°, il quale, preoccupato di salvaguardare
gli accordi con gli Absburgo, si mantenne neutrale, ma soprattutto dovette
fronteggiare lo stesso duca d’Austria, Rodolfo d’Asburgo, che nel 1362
era diventato praticamente padrone del Patriarcato. Ludovico della Torre
intraprese contro di lui, senza una adeguata preparazione, senza grandi
mezzi e con una esperienza limitata, una disgraziata campagna militare
che si concluse con la sua sconfitta e prigionia a Vienna. Ormai ammalato,
esautorato ed abbandonato da tutti, morì a Suffumbergo nel 1365.
Carlo IV° si rese conto dell’eccessivo aumento di potenza degli Absburgo
e delle mire che Rodolfo aveva sul Tirolo, probabilmente si pentì
del suo atteggiamento verso Ludovico della Torre e comprese che il patriarcato
aveva bisogno al suo vertice di un uomo energico e preparato, per cui,
dopo la morte di Ludovico, riuscì a far prevalere il suo candidato,
praticamente imponendo alla curia papale di Urbano V° di nominare nuovo
patriarca lo svevo Marquando di Randeck, vescovo di Augsburg, nel passato
suo personale collaboratore e suo cancelliere imperiale, uomo con grande
esperienza d’arme. La linea politica del nuovo patriarca era in sostanza
quella dell’imperatore, privilegiare l’asse transalpino, evitare scontri
con i principi tedeschi, cercare di farla finita con le guerre intestine
e con gli scandali. Nell’estate 1368 Marquando aveva formulato un corpo
legislativo uniforme per tutto il Friuli, noto come le “Costitutiones Patriae
Fori Julii”, leggi che resteranno in vigore fino al 1797. Nel 1369 Carlo
fece il suo ultimo viaggio in Italia, per tentare di consolidare il potere
imperiale, che andava indebolendosi sempre più, per celebrare l’effimero
rientro del papato a Roma e per l’incoronazione della quarta moglie Elisabetta
di Pomerania, ma soprattutto per tentare di riprendere in mano la situazione
toscana. Scese in Italia attraverso il Friuli ed il 24 aprile era ad Udine
con una sontuosa corte di vari vescovi e ventimila cavalieri. Da Aquileia
Carlo partì per Roma, sempre accompagnato dal nuovo patriarca Marquando.
La popolazione di Pisa acclamò l’imperatore, anche i rapporti con
Firenze furono moto buoni, a Siena rovesciò il governo della città,
costituendo una specie di stato democratico in cui la stessa popolazione
aveva la funzione di “vicario imperiale”. Finalmente a Roma il papa Urbano
V° incoronò la quarta ed ultima moglie di Carlo. Ma, in pratica,
questo viaggio si concluse con un insuccesso, perché, dopo l’effimero
entusiasmo popolare iniziale, emerse l’ostilità delle varie città
e signorie, che mal tolleravano l’autorità imperiale. Carlo lasciò
Roma il 17 dicembre e passando per Udine rientrò a Praga il 20 agosto
1369, stanco e sfiduciato. Usò tutte le sue forze per preparare
alla successione il figlio primogenito Venceslao, che in effetti nel 1376
venne designato per la corona tedesca. Carlo morì nella sua
amata Praga il 18 novembre 1378, di ritorno da un viaggio a Parigi, dove
aveva tentato di smorzare, senza grande successo, l’opposizione francese
al rientro del papato a Roma. Carlo IV° fu un buon imperatore, che
cercò un equilibrio tra l’anima slava della sua gente e le pretese
egemoniche germaniche, che avevano creato uno stato amministrato da una
efficiente burocrazia tedesca. Seppe fondere in un unico culto nazionale
la sacralità imperiale di Carlo Magno ed il ricordo di San Venceslao,
elevato a simbolo e patrono della Boemia, il quale, educato nella fede
cristiana dalla nonna santa Ludmilla, aveva evangelizzato la sua gente.
Marquando di Randeck, che aveva cercato in tutti i modi di far rinascere
il prestigio del Patriarcato di Aquileia, si trovò invischiato in
una lunga guerra con Venezia, con il Friuli sconvolto dalle continue e
disastrose scorrerie di armati. Morì nel 1380, quando ormai anche
il suo amico ed imperatore Carlo IV° era morto da due anni. Il figlio
di Carlo, Venceslao, era un intrigante, in Boemia appoggiò l’elemento
boemo contro quello tedesco, venne deposto nel 1400 e morì assassinato
nel 1419. La corona passò a suo fratello Sigismondo (1368-1437),
che fu l’ultimo imperatore della dinastia dei Lussemburgo(1 433-1437).
Il matrimonio di sua figlia Elisabetta con Alberto V° favorì
il passaggio della corona imperiale agli Asburgo e la Bosnia diventò
parte integrante dell’impero austro-ungarico. |