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Matteo II° Visconti
 
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Figlio di Stefano Visconti, fratello Galeazzo e figlio a sua volta di Matteo Magno, fu signore di Arona nel 1325, fu Signore di Milano nel 1354 alla morte dello zio Giovanni. Sposò Egidiola o Gigliola di Filippino Gonzaga con la quale generò Caterina e Andreina, che divenne abbadessa del Monastero Maggiore di Milano. Così ne parla Paolo Giovio: "Tutto lo stato diviso con giustissima ragione in tre parti, secondo il testamento di Giovanni, toccò ai tre figliuoli di Stefano; con questa condizione, che Milano e Genova fossero comuni a tutti tre, e si reggessero da un podestà solo, il quale fosse da loro eletto con giudicio eguale. L'altre città e castella più nobili fedelmente stimate da gravissimi dottori ed amici comuni, e fattone tre parti, si traessero a sorte. Bologna toccò a Matteo, la quale per convenzion solenne tirava seco quattro città come membri suoi, cioè . Lodi, Piacenza, Parma e Bobbio posto nelle valli dell'Appennino, e Lugo e Massa della Romagna, e Pontremoli sopra il fiume della Magra capo dei Liguri Apuani, e Borgo San Donino, il quale posto nella via Emilia e lungi sette miglia dal fiume del Taro. Ma Matteo non tenne lungo tempo Bologna, occupando l'Oleggiano la signoria di quella città. Perciocchè egli in quel tempo che l'arcivescovo Giovanni era ammalato di quella infermità che gli fu ultima, aveva felicemente combattuto nella piazza coi gentiluomini, i quali si ribellavano e prendevano l'armi; ed avendo presi i capi della congiura, avea loro fatto tagliar la testa, nei quali erano stati alcuni de'Bianchi, de'Gozadini, de'Bentivogli e de'Sabadini. Fatto questo, e dappoi ch'egli ebbe fortificato benissimo la rocca vecchia edificata dall' arcivescovo Giovanni, gli venne pensiero di occupare per sè quello Stato, del quale egli era stato principal difensore. Perché dando la fortuna favore ai suoi malvagi disegni, tramando un singolare inganno cacciò della città il podestà e la guardia de’ soldati di Matteo, ed avendo spaventato i Bolognesi con l’arme se gli fece giurare fedeltà. Era Matteo d’ingegno piuttosto civile che militare, e però poco pronto a vendicarsi dell’ingiuria, siccome quello che, trattone la presenza del corpo, in altro che nel nome somigliava il Magno avolo suo; perciocchè dilettandosi d’un ozio vergognoso, non pigliava piacere alcuno dell’onor della guerra, e soprattutto grandissimo pensiero e contento si pigliava degli sparvieri, e di tutta quella cacciagione dove intervengono ancora le donne senza pudore alcuno: e dopo questi tali esercizj del giorno, continuava poi nelle lussurie della notte, nelle quali così disordinatamente s’aveva effeminato il corpo e l’animo, che spesse volte debilitato di forze, dormendo fra due femmine, gocciolava unguenti forestieri nei luoghi delle donne, per destare con essi la mostruosa foja della lussuria spenta."
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