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Luchino Visconti
 
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Fratello di Galeazzo Visconti e di Giovanni Visconti, rispettivamente signore di Milano e suo Arcivescovo, era conosciuto all'epoca come uomo disordinato e corrotto. Divenne signore di Milano nel 1339 assieme al fratello Giovanni, che divenne arcivescovo di Milano nel 1342 e vero signore della città. Luchino ebbe trè mogli: Violante di Saluzzo, Caterina di Oberto Spinola e Isabella di Carlo Fieschi. Ebbe sette figli: Caterina, Orsina, Giovanni, Luchino Novello, Bruzio, Forestino e Borso. Morì nel 1349.
Così ne tratta il Giovio: "Essendo morto Azzone d'immatura morte, perchè non avea lasciato dopo sè figliuoli maschi, di consentimento di tutti i Milanesi gli successero i due zii Luchino e Giovanni. Ma Giovanni mosso da equità liberale, come ben conveniva ad uno arcivescovo sacro, fu contento dell'autorità delle cose spirituali; acciocchè il maneggio intero di governare lo Stato restasse al fratello,illustre nelle cose di guerra, e nel governo della repubblica pieno di saldo e maturo ingegno. Costui subito nei principio ch'egli prese lo Stato, quello che molto gli giovava a confermare la sua potenza ed acquistarsi somma grazia appresso i cittadini, impetrò per suoi oratori da Benedetto XII°, che la città interdetta, allora veramente supplichevole, fosse assolta dalla clemenza e benignità del giustissimo pontefice. Riebbe ancora per la medesima cortesia del papa gli antichi tesori, i quali ne' travagliati tempi delle passate guerre erano stati portati fuor della chiesa di Monza in Avignone. Ma quando era chiamato a far guerra, guerreggiò quasi sempre per mezzo de' suoi luogotenenti, benchè da prima fosse stato valorosissimo guerriero."
L'indirizzo seguito da Luchino fu quello di proseguire nella politica di Azzone, rimanendo fedele al principio di pacificazione tra le diverse correnti e partiti. E' suo il merito di aver concesso agli esuli colpiti da bando di tornare nella loro città, restituendo loro tutti i beni confiscati. Intensificò invece la guerra al crimine e soprattutto a quanti mimetizzavano le loro malefatte dietro a parvenze di contrasti politici. Vietò le guerre private fra feudatari e condannò duramente chiunque commettesse soprusi nei confronti della  gente comune e dei mercanti in nome di diritti feudali o come gabelle da lui non più consentite.
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