Alla base della vetrata stanno le parole:'
"Nemo est in cognatione tua qui vocetur hoc nomine". Cioè, per una
maggiore comprensione della scena, riportiamo qui tradotto il testo di Luca:
"All' ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo
col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà
Giovanni". Le dissero: “Non c'è nessuno della tua parentela che si
chiami con questo nome". La
vetrata colorata di destra è lo sviluppo del testo di Luca 1, 62-64,
come sta. anche qui scritto in alto e in basso della vetrata: "Annuebant
autem patri eius quem vellet vocari eum". Al centro Zaccaria scrive su una
tavoletta le parole di risposta: "Joannes est nome eius". E bisogna leggere
pure le parole in basso che così stanno: “Et mirati sunt universi.
Apertum est autem illico os eius et lingua eius et loquebatur benedicens
Deum". La traduzione italiana è questa: “Allora domandavano con cenni
a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse:
"Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati. In quel medesimo
istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava
benedicendo Dio". Tutto il coro, per la semicircolarietà, è
occupato da scanni di noce in due gerarchie. La prima gerarchia di scanni
resta appoggiata alla parete del coro e serviva per i sacerdoti che erano
in più alta dignità e per i canonici del capitolo quando fu
istituito il capitolo nel 1654, soppresso poi da Napoleone. Gli scanni della
prima serie, in numero di 18 - uno di essi però è stato ridotto
a porta di servizio - hanno lo schienale lavorato a quadri con corniciatura.
Nei fianchi di ciascun schienale sta un cherubino ornato di fine intaglio
in cui posa una colonnetta scannellata con base e capitello di stile ionico;
le colonnette sostengono l'architrave e il cornicione ligneo che gira tutto
all'intorno. Gli scanni della seconda serie servivano per i semplici sacerdoti
senza particolari dignità ecclesiastiche o per i coadiutori che volevano
partecipare al coro. Sono in numero di 14 e in genere venivano occupati
nei giorni festivi e nelle solennità. Il loro schienale serve anche
da appoggio agli scanni superiori. In centro alla prima serie degli scanni
maggiori sta il posto quasi un tronetto che era riservato al prevosto, e
qui nella parte in alto è visibile un cartiglio ligneo con
la data di costruzione, il 1635, opera eseguita dal falegname Giovanni Scoto.
Nel coro si trova ancora oggi un mobile detto lettorino, di noce, collocato
sopra una specie di armadietto quadrato: esso serviva per riporre due grossi
libri corali in uso dei canonici; i libri erano coperti con cuoio conciato
e lastricati di ottone; il primo serviva per i giorni festivi ed è
di carta pecora o pergamena, eseguito nel 1717 dal sacerdote Vassalli del
duomo di Milano, e l'altro è di carta reale impresso nel 1745 dal
canonico Giovanni Battista Annoni, a spese del capitolo dei canonici. Oggi
i due grossi libri sono conservati fuori dal coro. Le misure del coro sono
queste: larghezza metri 7,70, con una profondità di metri 5,70. Sotto
l'arco che separa il coro dall'altare, stanno dipinti i puttini, alcuni
dei quali portano con una mano un ramo di alloro e con l’altra afferrano
un nastro che svolazza intorno in cui sono scritte a grosse lettere: “Ecce
Agnus Dei qui tollit peccata”. Questo scritto spiega la figura dell'Agnello
che sta dipinto nella sommità della volta. Tutta l'opera pittorica
è del pittore Paolo Pini, un pittore che è presente nel 1625
ai lavori del duomo di Milano che decorò la zona absidale e il presbiterio
del duomo stesso. La luce al coro è portata da quattro finestre,
due delle quali stanno sopra il cornicione e vicine alla volta del soffitto,
le altre due stanno sotto il cornicione ed hanno vetrate colorate raffiguranti
due momenti delle vita di san Giovanni Battista. Il coro fu costruito nel
1593 a forma semicircolare secondo i decreti emanati da san Carlo
Borromeo nella sua visita pastorale del 1581. Tuttavia il coro non fu costruito
come avrebbe voluto san Carlo. Il presbiterio, cioè la zona dell'altare
maggiore, terminava con una parete piatta e l'altare stava, dunque, addossato
direttamente alla parete piatta, e lì terminava la chiesa. Per la
costruzione del coro e per la sua stabilità strutturale muraria,
e nello stesso tempo per non chiudere la strada che passava dietro alla
chiesa, si dovette coprire la strada stessa con un grosso e basso arco di
robuste proporioni con grossi mattoni; l'arco esiste tuttora e sta sulla
via Stefano Bersani. |