223.
Circulus ut patuit Lunae, secuere meatus
224. Diversos: italas senior
tendebat in oras:
225. At pater, intranten
Pontum qua Bosporos arctat,
226. Arcadii thalamis, urbique
illapsus Eoae.
227. Quem simul ut vidit
natus, (nam clara nitebat
228. Cynthia) permixto tremuerunt
gaudia fletu;
229. Complexuque fovens,
quos non speraverat, artus,
230. O mihi post Alpes nunc
primum reddite, dixit,
231. Unde tuis optatus ades?
Da tangere dextram ,
232. Qua gentes cecidere
ferae: quis tale removit
233. Praesidium terris? Ut
te mortalia pridem
234. Implorant, lugentque
pium, fortemque requirunt!
235. Cui pater in tales rupuit
suspiria voces:
236. Hoc erat? In fratres
medio discodia Mauro
237. Nascitur; et mundus,
germanaque dissidet aula?
238. Gildonisque salus tanti
sit palma furoris?
239. Scilicet egregius morum,
magnoque tuendus,
240. Et cuius meritis pietas
a fratre recedat!
241. In primo genitore, (vide)
civilecalebat
242. Dissidium: dubio stabant
Romana sub ictu.
243. Quis procul Armenius,
vel quis Maeotide ripa
244. Rex ignotus agit, qui
me non iuvit euntem?
245. Auxilio fovere Getae,
venere Geloni.
246. Solus at hic, non puppe
data, non milite misso,
247. Subsedit, fluitante
fide: si signa petisset
248. Obvia, detecto submissius
hoste dolorem.
249. Restitit in speculis
fati; turbaque reductus,
250. Libravit geminas, eventu
iudice, vires,
251. Ad rerum momenta cliens,
seseque daturus
252. Victori: fortuna simul
cum Marte pependit.
253. Et si non cupidis essem
praereptus ab astris,
254. Exemplum sequerer Tulli,
lauiandaque dumis
255. Impia diversis raptarem
membra quadrugis.
256. Germani nunc usque tui
responsa colebat:
257. En, iterum calcat. Tali
te credere monstro,
258. Post patrem fratremque,
paras? Sed magna rependit
259. Inque tuam sortem numerosas
trantulit urbes.
260. Ergo fas pretio cedet?
Mercede placebit
261. Seditio? Taceo, laesi
quod transfuga fratris,
262. Quod levis ingenio:
quamvis, discrimine summo,
263. Proditor apportet suspensa
morte salutem,
264. Nusquam gratus erit:
damnamus, luce reperta,
265. Perfidiam: nec nos patimur
committere tali
266. Hoc genus emtori: cives
cum moenibus offert?
267. Hoc vendit patriam.
Plerique, in tempus abusi,
268. Mox odere tamen: tenuit
sic Graia Philippus
269. Oppida. Pellaeo libertas
concidit auro.
270. Romani scelerum semper
sprevere ministros.
271. Noxia pollicitum domino
miscere venena
272. Fabricius regi, nudata
fraude, remisit,
273. Infesto quem Marte petit;
bellumque negavit
274. Per famuli patrare nefas:
ductosque Camillus
275. Trans murum pueros obsessae
reddidit urbi.
276. Traduntur poenis alii,
cum praelia solvant;
277. Hic manet, ut moveat;
quod respuit alter in hostem
278. Suscipis in fratrem?
Longi pro dedecus aevi!
279. Cui placet Australes
Gildon condonat habenas;
280. Tantaque mutatos sequitur
provincia mores.
281.
Quaslibet ad partes animus nutaverit anceps:
282. Transfundit secum Libyam,
refluumque malignus
283. Commodat imperium. Mauri
fuit Africa munus. |
Appena
il disco lunare si scopre, essi seguono vie diverse: l’avo si volge alle
spiagge italiche mentre il padre, entrando nel Ponto (51)
per quella parte che il Bosforo restringe (52),
si introduce nella capitale orientale (53)
e nel letto di Arcadio. E appena il figlio lo scorge al chiarore luminoso
della luna, la gioia si mescola al pianto; stringendo tra le braccia quelle
membra che mai avrebbe sperato di rivedere, dice: “O tu che ritorni per
la prima volta dopo aver conquistato le Alpi, da quale luogo ti mostri
ora, tanto desiderato dai tuoi figli? Lasciami toccare questa mano che
ha sbaragliato popoli così feroci. Chi ha rapito alla terra un baluardo
così grande? Come prima, il mondo ti invoca, piange l’uomo giusto
e reclama il valoroso!”
Il padre interrompe questi sospiri
così dicendo: “Ma è proprio vero? Tra i fratelli nasce la
discordia per colpa di un mauro e tutto l’universo, insieme alla casa dei
due fratelli, è in armi? La salvezza di Gildone sarà il premio
di un simile furore? Ma è così fornito di egregie virtù,
quell’uomo, da essere difeso con tanto ardore, che per i suoi meriti scompare
l’amore fraterno? Vedi come si è comportato con tuo padre: infuriava
la guerra civile e Roma stava aspettando il colpo fatale. V’è stato
forse un lontano re dell’Armenia (54)
o delle rive meotidi (55)
che non mi abbia aiutato quando mi sono rivolto a lui? I Geti mi offrirono
il loro aiuto, i Geloni (56)
i loro guerrieri. Soltanto costui non si mosse serbando una fedeltà
ormai infida, senza avermi fornito alcuna nave né mandato un solo
soldato. Meno avrei da dolermi se avesse seguito insegne in marcia contro
di me, da nemico dichiarato. Ma quegli restò spettatore degli eventi,
lontano dal trambusto, tenendo in equilibrio due forze e aspettando il
verdetto della sorte, pronto a sottomettersi al vario mutare della fortuna
umana per consegnarsi al vincitore. Per lui il destino dipendeva da Marte.
Se il cielo geloso non mi avesse
rapito alla terra, imitando Tullio, farei tirare da cavalli spinti in senso
contrario e strappare sui rovi le membra del barbaro.58 Fino ad oggi egli
ha rispettato gli ordini di tuo fratello, oggi li calpesta. Come! Infedele
a tuo padre, a tuo fratello, questo mostro otterrebbe la tua fiducia? Ma
forse egli ti ripaga e sottomette città in gran numero alle tue
leggi. Così la giustizia cederà all’interesse? Così
per il profitto si applaudirà la perfidia? Devo aggiungere che ha
oltraggiato, abbandonato tuo fratello, che il tratto distintivo del suo
carattere è l’incostanza? Sebbene in un pericolo estremo sospenda
il mio trapasso e prolunghi i miei giorni, quel traditore non mi riuscirà
mai gradito: aborrisco il tradimento al quale debbo la vita! No, non mi
fiderò mai di un uomo del genere. Che egli trovi un acquirente,
gli offra abitanti e città, gli venda la sua patria. Questo crimine
può essere utile, il suo autore è presto detestato. Così
Filippo conquistò la Grecia e la libertà soccombette all’oro
del macedone. (58)
Per il ministro di misfatti Roma non ebbe mai che disprezzo: il mostro
che promise di dare una coppa avvelenata al suo padrone, Fabrizio lo rimandò
smascherato a Pirro, suo rivale sui campi di battaglia, e rifiutò,
per por fine alla guerra, la mano di uno schiavo (59);
e Camillo, dopo aver condotto oltre le mura i fanciulli, li riconsegnò
alla città assediata. (60)
Vengono condotti al supplizio uomini
capaci di metter fine alle battaglie e costui vive per suscitarle; quello
che altri disdegnerebbe di fare contro il nemico, tu lo intraprendi contro
il fratello? Vergogna della nostra epoca! Se gli aggrada, Gildone concede
in dono la Libia e una provincia così grande è costretta
a seguirne i capricci: da qualunque parte oscilli il suo animo incerto,
quel perfido trascina con sé la Libia, incurante del resto dell’impero.
L’Africa è un regalo di quel Mauro.
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