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Computers La caduta di Monsignor Grande Novgorod
scritto di: Aldo C. Marturano
La resa
A questo punto in una concitatissima Vece fu discusso il dafarsi. Novgorod aspettava ormai da due settimane l’intervento o l’aiuto di Casimiro, ma questo non venne. Fu mandato un ambasciatore attraverso la Livonia, ma costui tornò dicendo che il Gran Maestro non l’aveva lasciato passare… Che stava mai accadendo? In città addirittura fu scoperto che un novgorodese aveva bucato, insieme ad altri accoliti pagati da Mosca, tutti i cannoni degli spalti che ora erano là inservibili, sebbene fossero state proprio queste armi che aveva tenuto lontano Mosca e il suo esercito finora! Si riunirono i Gospodà con a capo la stessa Marta Borezkaja e fu decisa la difesa ad oltranza. Si ricorse ai metodi del passato della terra bruciata tutt’intorno alla città, ma qui c’era poco da distruggere, se non i numerosi conventi, ma si bruciarono anche questi oltre alla pochissime e povere izbe fuori le mura! Si misero vedette e sentinelle, si mandarono esploratori in giro e spie per sapere e prevenire le prossime mosse dei moscoviti. A questo punto cominciò ad aver la meglio la delusione e la disperazione, Marta era completamente depressa. Suo figlio Demetrio era stato giustiziato e le rimaneva solo la lotta e il figlio minore Teodoro, non molto intelligente in verità sul quale si poteva fare pochissimo affidamento. Alla fine prevalse la rassegnazione e una delegazione di Novgorod con a capo Teofilo, l’Arcivescovo, fu mandata a trattare. Giovanni affermò che fra Novgorod e Mosca c’era un patto che non era stato rispettato e che quindi quello scontro aveva lo scopo di ripristinare il vecchio ordine e soprattutto di battere il partito dei lituani con a capo Marta Borezkaja. Gli armati moscoviti e alleati quindi non sarebbero entrati in città, ma se ne sarebbero ritornati ed avrebbero lasciato la Scelon’ solo con la gloria della vittoria e Giovanni ordinò al suo bojaro Teodoro figlio di Davide di presiedere la Vece quello stesso giorno per raccogliere personalmente il giuramento di fedeltà di ogni novgorodese. Marta Borezkaja non fu mai nominata in tutti quei discorsi, secondo gli standard oscurantisti di Giovanni in cui una donna non poteva far politica e tanto meno trattare con la sua sacra persona! Quando Giovanni lasciò i dintorni del lago Ilmen, Novgorod piombò nella tristezza più buia. Si racconta che la folla di persone chiamate a rafforzare le difese della città e che ora erano costrette a ritornarsene a casa si trasformarono in numerose bande di masnadieri tanto che era difficile viaggiare fuori città, senza doversi difendere dall’assalto di questi banditi, anch’essi, si disse, pagati e sostenuti da Mosca per mettere confusione nelle Terre di Santa Sofia. Per gli abitanti di Russa invece la sorte fu più cruda. Mentre tornavano sulle navi attraversando il lago Ilmen per ritornare alle ceneri della loro città li colse una tale tempesta che ne morirono ben 7000! A Novgorod ci furono degli incendi e anche la casa di Marta andò a fuoco…

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