Tutto era cominciato quasi per caso quando il priore del Monastero Solovezkii, Zosima, aveva cercato di avvicinare Marta per cercare il di lei aiuto contro il comportamento ingiurioso dei funzionari verso i monaci lungo la Dvina, dove i Borezkii avevano vastissime proprietà. A Marta erano state riferite dapprima molte calunnie sul conto del Priore e per questo aveva rifiutato di vederlo, ma poi convinta della inconsistenza delle male lingue, lo aveva accolto nella sua casa con grandi onori e si era fatta raccontare che cosa era realmente successo. Mentre il Priore era a cena con Marta e i suoi, costui si spaventò improvvisamente poiché aveva avuto una visione: Aveva visto alcuni dei convitati presenti senza la testa! In quel momento non raccontò niente a nessuno, ma quando tornò in convento svelò al suo collega monaco che cose terribili si stavano preparando…
Comunque sia Marta portò il Priore col il problema delle terre alla Vece che riconobbe la giustezza di aiutare il convento e con grande magnanimità anche Marta concesse una bella fetta delle sue terre in quella regione affinché, d’ora in poi, questa comunità religiosa non dovesse più dipendere da alcun lascito o concessione estranea. Con il suo saper fare dunque, con le continue feste e riunioni Marta nella sua ricca casa ubicata nel quartiere Nerevskii della Riva di Santa Sofia, aveva raccolto in quegli ultimi tempi intorno a lei il consenso di molte famiglie bojare, fra cui la famiglia del famoso Anania, non troppo inclini a sottostare ai voleri di Mosca e questo gruppo ora costituiva un nucleo veramente potente, almeno economicamente, che avrebbe potuto trasformare la realtà politica di Novgorod, non appena lo avesse voluto dato che anche gran parte del popolo minuto era dalla sua parte.
Intanto il gruppo di bojari intorno a Marta Borezkaja aveva deciso di riprendersi lo sfruttamento delle enormi distese di terra di cui erano da sempre proprietari lungo la Dvina Settentrionale, benché ora fossero occupate dai funzionari moscoviti e ciò era giunto alle orecchie di Giovanni che vedeva in questo un’evidente violazione degli accordi presi a suo tempo con suo padre.
Monsignor Giona muore e il partito di Marta Borezkaja tira un sospiro di sollievo poiché questo prelato era stato sempre contrario ad alleanze coi polacchi “latini” impedendo a Marta di muoversi liberamente.
Marta era fortemente convinta che ce l’avrebbe fatta a legare Novgorod al carro di Casimiro e così continuò ad invitare nel suo salotto chiunque volesse parlare e concordare qualcosa con lei su questo progetto e chiunque venisse a visitarla riceveva sempre la stessa incitazione: Abbasso Mosca ed evviva Casimiro! Uno dei più fedeli amici di Marta era diventato il dispensiere di Santa Sofia, Pimen, il quale da tempo usava, di nascosto di Monsignor Giona, il denaro della cattedrale per sostenere il partito di Marta in ogni riunione popolare.
Questo Pimen fu uno dei nomi che furono proposti per esser scelti come Arcivescovo di Novgorod, ma sfortuna volle che la sorte cadesse sul protodiacono (primo segretario) del defunto monsignore, Teofilo.
Si trattava ora di decidere da quale Metropolita far confermare la nomina dell’Arcivescovo, se da quello di Kiev o da Filippo a Mosca. Vennero allo scoperto le manovre di Pimen e costui, accusato e condannato per aver rubato il “santo” denaro della chiesa, finì in prigione con una multa di 1000 rubli.
A questo punto, il partito moscovita ebbe la meglio e si decise che Teofilo andasse a Mosca. Si chiese dunque il salvacondotto per il nuovo Monsignore per il suo viaggio a sud.
Per vendetta e sicuramente sostenuto da Marta Borezkaja, Pimen intanto dalla sua cella riuscì a far avere informazioni calunniose su Teofilo al Metropolita Filippo, sperando di salvare se stesso e la sua anima e mettere l’uno contro l’altro i due prelati.
Ci furono di nuovo litigi nella Vece, ma il partito moscovita si ritrovò in minoranza e il partito lituano diventato ora potente chiese a Casimiro Jagellone, dopo aver stipulato con lui un accordo sulla base delle condizioni che leggeremo nella lettera sequestrata a Demetrio Borezkii, di mandare un bravo generale per Novgorod perché ci si attendeva un attacco dalla Bassa moscovita. Casimiro mandò subito Michele Olelkovic’, il fratello del principe lituano di Kiev, Simeone, che fu accolto in città con grandi onori insieme col suo numeroso seguito armato.
E’ il 1470!
A Novgorod ormai quasi ogni giorno ci sono manifestazioni e dimostrazioni contro Giovanni III dove Marta Borezkaja fa da ispiratrice incitando la gente con gli slogans contro Mosca e a favore di Casimiro.
L’unica ritorsione possibile al momento a queste azioni antimoscovite che i suoi gli riferiscono per Giovanni è rifiutarsi di ricevere il nuovo Monsignore. Gli vieta persino di recarsi a Mosca per il resto della sua vita e, quando il bojaro Niceta che ha portato con sé la lettera di richiesta della Vece per la consacrazione di Teofilo e che subito dopo è venuto a chiedere il perchè del rifiuto, Giovanni fa sapere che le colpe di Novgorod sono ormai tante e, la più grande fra tutte, è quella di non riconoscere Giovanni quale suo sovrano. Non ci sono altre ragioni da discutere!
Giovanni intanto segue abbastanza attentamente le mosse della “terribile” vedova Borezkaja ed addirittura propone per neutralizzarla il posto di bojaro di corte per suo figlio Demetrio, posadnik in carica, … a Mosca, però! Quasi in ostaggio… Ed addirittura, ma non sappiamo quanto sia vero, si disse in una Cronaca che Marta si fosse sposata una terza volta con un certo polacco con il quale, una volta resa indipendente ed autonoma Novgorod, sognava di essere la signora della città (o posadniza, come venne poi soprannominata), in nome di Casimiro.
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