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Computers Monsignor Grande Novgorod
scritto di: Aldo C. Marturano
Le Ghilde ed i Bojari e il territorio di Novgorod
Vicino alla Corte di Jaroslav c’era la famosa Chiesa di San Giovanni, detta “sulle marne (a causa delle fondamenta che poggiavano su questo tipo di argilla comunissima da queste parti)”, dove aveva sede la Congrega o Ghilda dei Giovannini ossia dei mercanti di miele e cera. Essa era la Ghilda più importante dato che riforniva i candelai di mezza Europa per l’illuminazione delle chiese e dei palazzi reali. Aveva proprie regole e per diventarne membri si pagava l’incredibile somma di 50 grivne d’argento, somma che non era a disposizione di chiunque! Era proprio la campana vicino a questa chiesa che chiamava la gente alle assemblee popolari di cui abbiamo parlato al principio del nostro racconto! Nel XII sec. era di moda ormai da qualche anno che i bojari o i mercanti appena arricchiti costruissero in città una chiesa dedicata al proprio santo protettore. Chi poteva la costruiva di mattoni e talvolta anche di pietra, mentre altri le innalzavano in legno, ma tutte artisticamente lavorate, e in esse si facevano poi seppellire insieme agli altri membri della famiglia. Su questa Riva si trovavano tutte le officine dei diversi mestieri esercitati a Novgorod e rigorosamente controllati dalle Ghilde e quindi c’erano intere vie dove ci si poteva approvvigionare di qualsiasi tipo di manufatto o di servizio di qualità. Lo storico Janin desume dai numerosi reperti di “ferri del mestiere” la presenza di ben 150 diverse specializzazioni… Anche la Riva del Mercato era divisa da un canale in grandi settori cittadini: quello Slaveno (Slavjanskii) e quello dei Falegnami (Plotnizkii). Questi due settori insieme con i tre della riva opposta costituivano l’inizio dei cosiddetti Quinti Novgorodesi (Pjatiny), ossia le divisioni dell’enorme territorio che dipendeva dalla città tutt’intorno fino agli Urali e fino alla Dvina di Polozk, come gli spicchi di un’enorme mela! Ma chi aveva costruito o finanziato la costruzione delle mura di cui abbiamo parlato? Dalla Cronaca detta Ipatevskaja leggiamo che nell’anno 1114, mentre era sindaco (posadnik in russo) di Ladoga un certo Paolo, il principe Mstislav di Kiev mise mano al rinnovo delle mura della città e nello stesso anno anche a quelle di Novgorod. Dunque una parte dei soldi che Kiev percepiva quale tributo da parte di Novgorod (ma pure per il mantenimento del suo namestnik) quella volta furono spesi per rafforzare e rinnovare la difesa della città… Sottolineiamo questo perché in altre occasioni sarà addirittura l’Arcivescovo della città che coprirà parte delle spese per il restauro delle mura! Perché avere delle mura difensive in un territorio che poi era già sotto controllo? Come faceva Novgorod a controllare gli immensi spazi intorno? Ne parleremo fra poco… Per intanto continuiamo il nostro viaggio verso nord. Lasciamo ora la città alle nostre spalle e proseguiamo lungo la corrente del Volhov. Lasciamo il Convento di sant’Antonio posto a guardia del fiume a nord e, ad una cinquantina di chilometri dalla foce, ci accorgiamo che il fiume non è più navigabile con sicurezza. Infatti le acque precipitano in una specie di bassa gola dove ci sono delle rapide insuperabili con le barche che abbiamo finora usato. Qui dobbiamo trasbordare il carico e trascinare le imbarcazioni con attenzione lungo le rive tirate dalle gomene a cui sono attaccati degli animali da tiro. Finalmente si giunge in vista della foce dopo aver percorso ca. 300 verste da Novgorod. Siamo in un villaggio tipicamente finnico (che esiste ancor oggi). Alla nostra sinistra si eleva una specie di basso promontorio, sulla sommità del quale si intravedono le torri del Detinez di Ladoga, verso la quale ci stiamo infatti dirigendo. Abbandoniamo ora definitivamente la lodka da fiume e ci imbarchiamo su una nave per la navigazione baltica. E’ probabile che incontreremo mercanti di Gotland a Ladoga perché per loro il proseguimento per Novgorod è interdetto, se non hanno il permesso speciale. E’ difficile capire, rimanendo su una nave, quando si passa dal lago al fiume poiché le acque entrano in un letto fluviale talmente largo che la Nevà sembra essere la semplice continuazione del lago, se non fosse per la maggiore rapidità della corrente in unica direzione. La Nevà è lunga una settantina di chilometri prima di sboccare nel Baltico, ma i novgorodesi avevano una piccola postazione proprio vicino alla foce del fiume: Koporiè, nella Terra degli Ingri (in russo Izhory), gente finnica che viveva lungo l’affluente Izhora, oggi parte del territorio della città di San Pietroburgo! Koporiè era forse il vero porto di mare di Novgorod. Tuttavia è bene dire che non dobbiamo immaginarci questo paesaggio che abbiamo attraversato simile a quello intensamente popolato di oggi. Assolutamente no! Da Ladoga fino al mare c’erano solo foreste fitte e paludi e… niente altro! I mercanti proseguivano di qui lungo la costa meridionale baltica verso la vicina isola di Gotland, dove avevano un loro insediamento nella città di Visby già nell’XI sec. Un’altra rotta che i novgorodesi seguivano per giungere ad esempio fino a Londra, dove c’era la loro chiesa e il loro deposito per le pellicce, era quella della Dvina settentrionale. Giunti alla foce di questa Dvina si proseguiva via mare dopo aver doppiato l’odierno Capo Nord proseguendo lungo la costa norvegese fino a Londra. In questo caso però era necessario l’accordo coi Norvegesi di Trondheim e di Bergen e la costanza di percorrere ben 3000 miglia marine, più o meno. Dalle Saghe islandesi però, per quanto esse siano credibili, sappiamo che questa via fu tentata anche dagli stessi Norvegesi. Da una saga regale raccolta da Snorri Sturluson nella sua Edda nel XII sec. si racconta di un certo Karl che d’estate si reca nella Terra di Perm. Karl e i suoi si fermano in un mercato locale finnico. Qui, spendendo pochi soldi e con qualche azione piratesca, accumulano un carico di tantissime pellicce di gran valore (scoiattolo, zibellino, castoro) e subito dopo si allontanano lungo il fiume settentrionale. Viene loro detto che è bene che si allontanino velocemente perché la tregua con i Permiani (sono i Finnici locali) è finita e si possono aspettare un loro agguato da un momento all’altro. Uno dei soci di Karl, un certo Torir, propone però, prima di abbandonare definitivamente la regione, di passare da uno dei santuari dei Permiani dedicato al loro dio Jumala perché qui di solito si trovano molte offerte di grandissimo valore. Basterà svuotarlo per essere davvero soddisfatti dell’impresa e poter così ritornare a casa. Infatti, superato l’ostacolo dei sacerdoti di guardia al santuario, Karl e Torir trovano collane e argento, oltre alle pellicce, che naturalmente caricano sulla loro imbarcazione e si allontanano inseguiti dai Permiani.! Abbiamo riportato questo evento perché è evidente che Novgorod doveva poter controllare queste intrusioni dal nord in qualche modo e vedremo che nel XIV sec. la città incoraggerà sempre più la Chiesa novgorodese a fondare monasteri fino sotto l’Artico, proprio a scopo di controllo delle coste settentrionali artiche.

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