La Riva Sinistra del Detinez, si chiamò, dopo l’introduzione del Cristianesimo, Riva di Santa Sofia, dal nome della cattedrale fatta costruire da Jaroslav, il quale riconobbe un eguale importanza di questa città rispetto a Kiev, dove pure era stata costruita una cattedrale con lo stesso nome (ad imitazione di Santa Sofia di Costantinopoli).
E’ bene fermarsi qualche momento su questa chiesa.
Rispetto all’omonima chiesa di Kiev, quella novgorodese è leggermente più piccola, perché così imponeva l’uso nel caso di una cattedrale in una città non capitale. Ricorderemo che il rjurikide Oleg quando decise di stabilire la sua centrale a Kiev, proclamò questa città, a detta delle Cronache Russe, la Madre delle Città Russe e quindi ne stabilì il rango di vera capitale della Rus.
Come le altre chiese cristiane del Medioevo, Santa Sofia costituì anche il luogo di sepoltura degli arcivescovi e anche dei principi più eminenti della città e quindi è anche logico trovarvi i sarcofaghi di Vladimiro figlio di Jaroslav, che completò la costruzione del tempio, con quello di sua madre Anna, come pure la tomba del primo arcivescovo della città, il greco Gioacchino di Chersoneso in Tauride o quella del famoso (vedremo poi perché) successore, monsignor Luca Zhidiata o ancora del vescovo Giovanni e di Martirio di Russa. Quest’ultimo vescovo mise a punto uno degli accessi (quello del lato sud) al tempio che perciò si chiamò “le Porte di san Martirio”.
Si raccontava che quando il Vescovo Luca Zhidiata aveva dato ordine ai pittori greci di dipingere la cupola con la mano di Gesù Cristo Pantocratore benedicente, costoro la mattina dopo avevano trovato il dipinto con la mano chiusa. Benché stupiti per il prodigio pensarono ad un proprio errore e così la ridipinsero. L’indomani questa stranezza invece si ripeté: La mano era di nuovo chiusa! Insomma il terzo giorno sentirono una voce che diceva: “Pittori, o miei pittori! Non mi dipingete con la mano benedicente perché io con questa mano mantengo in vita questa città! Quando vedrete la mia mano aperta che benedice, allora vorrà dire che è giunta l’ora della fine di Novgorod!” Ed ecco perché oggi il visitatore guardando il Cristo sulla volta della cupola lo vede con la mano benedicente: Perché la libera Monsignor Grande Novgorod è ormai solo un ricordo dei tempi lontani…
Il portale occidentale principale della chiesa viene chiamato “di Chersoneso” benché sia stato sicuramente fabbricato in Germania presso gli artigiani di Magdeburgo perché vi appare la figura del vescovo di questa città sassone e dunque risalirebbe al XII sec. Come sia arrivato fin qui non è invece assolutamente noto. Le altre porte del lato meridionale sono invece chiamate “le Svedesi” perché sembra che siano state smontate dalla chiesa della città svedese di Sigtuna, come bottino di una razzia compiuta dai novgorodesi insieme con i Careli e gli Estoni, sempre intorno al XII-XIII sec. Quanto ciò sia vero, neanche in questo caso possiamo dirlo!
Sicuramente Santa Sofia e l’arcivescovado annesso furono costruiti sulle rovine del Detinez e il complesso includeva non solo gli appartamenti del vescovo (in russo vladyka, corrispondente al cattolico monsignore), ma anche un salone che veniva chiamato, benché in realtà non lo fosse, il Vestibolo della Casa di Santa Sofia. Qui ebbero luogo le più importanti riunioni della storia della città, man mano che l’autorità del vescovo superò quella di qualsiasi altro personaggio o funzionario novgorodese. Qui il vescovo con una solenne cerimonia prendeva pieno possesso della sua funzione, dopo che gli erano state “imposte le mani” dal Metropolita di Kiev. Questa conferma e questa benedizione metropolitana avvenne fino al 1156, ma successivamente a causa dei disordini politici che accadevano in quegli anni a Kiev, i novgorodesi decisero di scegliersi il vescovo da soli, senza aspettare il greco nominato dal Patriarcato di Costantinopoli né la benedizione metropolitana.
In realtà un primo tempio di legno dedicato a Santa Sofia in quest’area del Detinez era esistito già prima della costruzione della chiesa in mattoni e questo tempio era andato a fuoco nel 1045. Così il suo spazio era stato concesso a Sadko Sytinic’, un ricco bojaro al quale furono attribuite famose, ma sicuramente leggendarie, imprese. Costui vi costruì la chiesa dei santi Boris e Gleb proprio in fondo alla via chiamata “del Vescovo” (in novgorodese Piskuplei).
Il Detinez (qui nelle città del circondario novgorodese i cremlini delle città si chiamano quasi sempre così al contrario che nelle altre città russe) era poi circondato da un muro proprio e da un fossato tutto intorno più una porta principale che guardava il Volhov e la testata sinistra del ponte. Al di là di questo muro si stendeva la parte di città dove abitavano i bojari più importanti e più ricchi, chiamati i Bojari di Santa Sofia. La Riva Sinistra era, a partire da queste seconde mura, divisa da due vie, tutte pavimentate con tronchi di legno orizzontali messi strettamente l’uno accanto all’altro come un meraviglioso tappeto srotolato, in tre settori chiamati rispettivamente dei Nèrevi (Nerevskii), della Periferia (Zàgorodskii) e degli Uomini (Ljudin).
Ogni settore era poi attraversato da strade proprie interne diritte e parallele che conducevano talvolta all’esterno della città attraverso porte secondarie.
Le porte delle mura erano fatte a forma di torri con tetto a quattro spioventi e talvolta avevano delle cappelle sulla cima dedicate a vari santi. Ad esempio la Porta che dava direttamente sul Ponte Vecchio era dedicata alla Vergine Maria Che Piange, la cui santa icona aveva salvato Novgorod nello scontro con Andrea Bogoljubskii, principe di Suzdal…
Analogamente alle porte, c’erano negli angoli delle mura, facenti da rinforzo, delle torri che portavano anch’esse dei nomignoli propri.
Di fronte a Santa Sofia c’era il glorioso Ponte Vecchio, un enorme ponte di legno forse ad una sola campata che costituiva l’orgoglio dell’arte dei carpentieri di Novgorod, il quale univa la Riva Sinistra con la Riva Destra.
A causa della presenza del grande mercato all’ingrosso (Torgovisce) proprio vicino al porto che naturalmente si stendeva lungo questo lato del fiume, la Riva Destra era chiamata “del Mercato”.
Il Ponte Vecchio era stato costruito proprio per unire immediatamente il Detinez con la residenza “pubblica” del Principe mandato da Kiev, il cosiddetto Palazzo di Jaroslav con la corte antistante che sorgeva vicino alle mura che costeggiavano il fiume sulla Riva del mercato. Dato che uno dei compiti del principe mandato da Kiev, il namestnik, era quello di dirimere le liti e di esprimere giudizi e sentenze, questa costruzione con il suo grande spiazzo era un vero e proprio tribunale principesco ed il ponte costituiva il luogo dove i boia locali, su ordine del principe, eseguivano le sentenze capitali, giustiziando i malfattori, gettandoli legati nelle acque del fiume. Successivamente quando al namestnik non fu più permesso abitare dentro le mura del Detinez, la Corte di Jaroslav diventò anche il luogo di riunione della Vece, l’Assemblea Cittadina che governava e legiferava nella città, oltre ad ospitare le cerimonie pubbliche più importanti, sia laiche che religiose.
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