Computers | I Variaghi
come organizzazione mercantile mafiosa nel Medioevo Russo scritto di: Aldo C. Marturano |
Dedicato
ai Variaghi
all’organizzazione
di tipo mafioso apparsa
in Terra Russa nel primo Medioevo Quando
si parla di Variaghi di solito si pensa, quasi naturalmente!,
al Mar Baltico e alla Russia ed è sicuramente giusto immaginare
queste persone vissute secoli fa come gente alla ricerca di un loro modo
di vita proprio nella zona del Grande Nord (che a noi sta a cuore più
di altre per i nostri studi) e cioè nella grande Pianura Russa.
Tuttavia erroneamente li si associa con i Vichinghi e di
qui si arriva a identificarli con i Rus’. Si continua infatti
a leggere su Internet (ma anche su libri scritti da storici professionisti)
etichette e didascalie dove i Variaghi sono descritti come Vichinghi
dell’Est e simili. Noi diciamo che confondere Variaghi e Vichinghi
non è solo una questione di termini non pertinenti, ma denuncia
tutta una serie di atteggiamenti culturali creati e fissati da una filmografia
dello spettacolare di tanti anni fa nei confronti di questi avventurieri
e tutto al fine di omologarli agli schemi più popolari dell’eroe
nordico vittorioso, imbattibile e senza regole, alla Kirk Douglas per intenderci. Questo
però non ha un gran fondamento storico. A
quel che pare questi scandinavi se venivano dalle coste norvegesi, portavano
con sé un certo tipo di spirito di avventura, mentre se venivano
da quelle svedesi partivano forse con un molto minor impeto. A nostro avviso,
i norvegesi partivano davvero verso l’ignoto quando si avventuravano nel
Mar del Nord in cui un viaggio verso le coste più vicine in realtà
comportava una navigazione, minimo!, di una giornata intera con correnti
contrarie e tempeste frequenti. Al contrario, gli svedesi si muovevano
in un mare interno, relativamente calmo e con brevi distanze da costa a
costa. Nella
discussione che qui segue cercheremo di chiarire proprio questi punti. Prima
di tutto prendiamo una carta della Scandinavia fisica e mettiamocela sotto
gli occhi. Se teniamo presente che nei tempi passati essa era considerata
un’isola circondata dal Mare Oceano (cioè la si vedeva situata ai
Limiti del Mondo, secondo le concezioni degli antichi geografi) possiamo
subito accorgerci che per quanto riguarda i norvegesi, data una ragione
per lasciare le proprie terre e cercarne delle altre lontane, recarsi nelle
Terre Russe avrebbe significato dover fare tutto un giro vizioso intorno
alle loro coste piene di fiordi fino a Capo Nord per poi virare verso sudest.
Un’impresa certamente “spaventosa” perché condotta con le navi lungo
le correnti dell’Oceano (Atlantico, come lo chiamiamo noi oggi sapendo
che non finisce nell’orizzonte) popolato di mostri e che versava le sue
acque attraverso vortici mortali (il Mælstrom, ad es., se avete letto
Edgar Allan Poe) nell’abisso! Sappiamo
dalle saghe islandesi che malgrado questi estremi pericoli ci fu chi riuscì,
forse casualmente, ad aggirare il Capo Nord ed entrare nell’odierno Mar
Bianco. Vagando sperduti nella taigà costoro capitarono
presso un tempio dei Finni che lì abitavano e lo saccheggiarono
delle pellicce e della altre cose preziose lì custodite, ma fu una
di quelle imprese isolate che non furono più reiterate! A parte
atti isolati comunque che rimanevano nelle favole, un’alternativa per “norvegesi”
intraprendenti che volevano evitare l’Oceano avrebbe potuto essere quella
di passare le montagne che dividono le coste svedesi da quelle norvegesi
(le cosiddette Alpi Scandinave) e portarsi sulle coste baltiche. In questo
caso però ci sarebbero state delle difficoltà ancora maggiori
perché si entrava in terre non proprie e dove gli intrusi sarebbero
stati trattati da nemici! A questo punto si può soltanto dire che,
se non vogliamo far diventare i Vichinghi del passato degli eroi onnipresenti
a tutti i costi, già dovremmo rinunciare ad immaginarli a spasso
nel Baltico! Dalla
carta aperta davanti a noi invece l’impresa di esplorare il Baltico (già
lo si può immaginare) era più facile e più semplice
per gli svedesi… Detto
questo però, dobbiamo chiederci: Che cosa poteva spingere questi
Variaghi (li chiamiamo così da subito) a migrare proprio ora, nel
VIII-IX sec. d.C.? Lasciare le coste di casa propria per andare in terra
straniera? Così impostata la questione però in realtà
è falsa, se non si corregge una questione di fondo: Non bisogna
assolutamente pensare a migrazioni di interi popoli come già quelle
nei secoli anteriori dei Germani diretti a sud del continente verso l’Impero
Romano alla ricerca di nuove occasioni da sfruttare! Non c’è prova
infatti, dopo la vera e massiccia migrazione dei Goti partiti dalle stesse
lande nel II sec. d.C., di spostamenti esodali in epoche successive! Il
clima infatti che aveva ridotto i frutti della terra spingendo i Goti fuori
casa ora si andava riscaldando. E
diciamo qualcosa a proposito dei Goti. Il loro storico è Jordanes
o Jornandes, vescovo di Crotone di probabile origine alana, che raccolse
le tradizioni orali (che allora si conservavano molto bene nei ricordi
degli anziani) nella sua famosa opera nota come Gesta dei Goti (ca.
551 d.C.). Qui si trovano non solo gli itinerari seguiti da questi svedesi
intorno al II sec. d.C., l’accenno alle necessità che spingevano
a lasciare la terra avita, ma anche i nomi delle genti del Grande Nord
con le quali vennero a contatto durante il loro peregrinare, accompagnati
talvolta da descrizioni anche puntuali sui costumi e sulle lingue. Sono
notizie di questa regione che appaiono la prima volta nella storia europea
e ci aiutano a capire molte cose di queste terre. Siccome
è utile riferirsi a quest’opera, ne riportiamo qui di seguito qualche
rigo a conferma di quanto detto prima: “Nel
Nord nei flutti salati del Mare Oceano c’è una grande isola: La
Scandinavia (Scandza). Ha la forma di una foglia di albero di limone con
i lati frastagliati, distesa per il lungo e chiusa in se stessa. Pomponio
Mela informa che essa si trova sul Kattegat dove infatti il Mar Oceano
arriva con le sue onde. La parte anteriore (orientale) è proprio
davanti alla foce della Vistola che nasce nei Monti della Sarmazia e arrivato
in vista della Scandinavia si divide in tre rami e si versa nell’Oceano
(qui c’è una qualche confusione con il fiume Elba) dividendo la
Germania dalla Scizia.L’isola scandinava
ad Oriente ha un grande lago (è il Malaren) …. e in Occidente è
bagnata da un mare immenso che la tocca fin nel nord e non è
navigabile…” Leggendo
oltre in questa opera preziosissima ecco che apprendiamo come un fosco
mattino nella Terra dei Goti si raccogliessero a concione le famiglie dei
maggiorenti per discutere di una situazione che ormai stava diventando
invivibile. La comunità si era talmente accresciuta che la precarietà
della locale agricoltura e delle altre risorse di cibo disponibili non
permetteva più di nutrire a sufficienza tutti. Si decise allora
di dividere il popolo in tre gruppi e poi di tirare a sorte per decidere
quale di questi avrebbe lasciato la patria per sempre. Nel
150 d.C. il gruppo scelto dalla sorte lascia dunque le coste svedesi più
o meno dalle parti dove si trova oggi Stoccolma e si dirige verso sudest.
La geografia che illustra la penetrazione dei Goti attraverso terre oggi
polacche è abbastanza chiara. Il primo fiume che incontrano sul
continente è la Vistola che viene percorsa contro corrente. Ad ogni
buon conto, senza andare oltre nei particolari, la spedizione ebbe successo
e il nome dei Goti si sparse per tutta l’Europa insieme con la fama di
quell’impresa. Questa fama fu tale che rimbalzò nel nord fissandosi
nelle tradizioni locali come la realizzazione di un grande sogno. E’ quasi
sicuro che da essa nacque quel desiderio di volgersi a sud dove c’era la
vera ricchezza (intesa come abbondanza di cibo soprattutto), dove il calore
del sole ti avvolge per tutto l’anno e dove ci sono città bellissime
etc. etc. Non solo! La validità dell’itinerario scelto era ben confermata
per chi ne avesse voglia nei secoli seguenti di ripercorrerlo. Secondo
noi, se per i Goti di Ermanarico (fu costui il capo della famosa spedizione)
la meta ultima era Roma in Italia, in seguito, dopo la devastazione vandala
e lo spostamento del centro politico romano-imperiale sul Bosforo, la meta
ambita diventò ora Roma Nova o Secunda
ossia Costantinopoli. Questa mitica città che le genti
del nord chiamavano semplicemente la Città Grande
(Mikla Gårdhr) riconoscendola (come tutti i contemporanei
d’altronde) come la più grande città del mondo, rimase invitta,
accessibile e ricchissima almeno fino al XIII sec. Per
i nostri Variaghi, sebbene le condizioni incontrate nell’ambiente attraversato
dai loro antenati fossero molto cambiate nel VIII-IX sec. d. C., le sollecitazioni
che li spingono verso le coste baltiche meridionali e orientali sono più
o meno le solite, ma diverse nella sostanza da quelle che muovono
invece i loro congeneri norvegesi verso la Scozia etc. Sappiamo bene che
è difficile distinguere i Norvegesi dagli Svedesi in base a costumi
e lingua ancora oggi, ma siccome il nome di Vichinghi o, rispettivamente,
di Variaghi è stato loro attribuito da altri (non scandinavi), pensiamo
che sia importante distinguere nettamente i due epiteti per poter ricostruire
le rispettive differenti prospettive. Né dobbiamo dimenticare che
in quest’epoca (e fino al XII sec.) la Scandinavia non era unita sotto
un unico signore, ma era una congerie di città-stato gelosissime
dei propri territori. Il
danese J. Brøndsted mette Norvegesi e Svedesi in un unico fascio
e, secondo noi, sbaglia. Addirittura esagera nel voler dimostrare che la
misteriosa città di Volin sull’Oder fosse anch’essa “vichinga”.
Alla stessa stregua bisognerebbe allora dirlo di Björkö… in Svezia
o no? E’ vero che, addirittura, nella Thidrekssaga (XIII
sec.) si accenna ad una Grande Svezia da un estremo all’altro del Baltico
comprendendo la Russia in un immaginario grande regno, ma ciò, a
nostro avviso, è un’idealizzazione della realtà. Insomma,
visto che i Vichinghi conquistarono la lontana Islanda e che, come sembra,
si spinsero fino alle coste del Canada, perché non attribuire a
questi eroici navigatori anche la scoperta e la colonizzazione delle coste
balto-russe per completare il quadro trionfante? E’
anche vero che in Norvegia arrivavano più frequentemente informazioni
del Sud del continente dagli insediamenti cristiani dei monaci cristiani
irlandesi. Costoro furono i primi a colonizzare le coste della lontana
Islanda proprio passando e facendo tappa lungo le coste e nei fiordi dell’odierna
Norvegia. Qui essi narravano delle loro abbazie, dei loro conventi organizzati
con i villaggi annessi lungo le coste francesi e inglesi e sulle isole
ancor più a occidente. Hibernia è una di quelle da dove essi
stessi provenivano situata in mezzo “all’innavigabile” mare Oceano che
solo un santo monaco come san Brandano poteva attraversare. Con questi
racconti e con i loro libri i monaci tentavano naturalmente allo stesso
tempo di evangelizzare questi popoli pagani! E invece il loro raccontare
attirò di certo l’attenzione e l’avidità di qualcuno e provocò
le malaugurate imprese vichinghe su quelle abbazie e su quei villaggi indifesi…
con base di partenza proprio da questo lato della Scandinavia. In
Svezia al contrario furono i mercanti a portare la notizia dell’esistenza
dell’altra Roma situata più ad oriente e delle capitali musulmane
altrettanto magnifiche e ciò, secondo noi, risulterà molto
accattivante quando gli Svedesi capiranno di trovarsi geograficamente più
vicini di altri a queste città ricchissime… sempreché riescano
ad individuare le strade più corte per giungervi. Qui nel Nord arriverà
persino l’informazione che ci siano le possibilità di essere ingaggiati
a far da scorta armata a convogli commerciali oppure a diventare guardie
a re ed imperatori o ancora a far da truppa speciale nelle spedizioni guerresche
dell’Impero Romano e… molto ben pagati! Questo è quello che è
documentato! Dove
trovare un mondo migliore per vivere invece di restare a penare in questo
duro e precario nord? Come un qualsiasi avventuriero disperato o deciso
a dare una svolta alla sua vita, il futuro Variago intraprendente cerca
perciò una vita più agiata e, siccome l’unica cosa che sa
far meglio è la lotta armata (anche per ragioni di dimensioni corporee
e visto che il migrante è sempre un giovane in ottima salute e ben
in forze). Attenzione però, non la guerra come la intendiamo oggi,
ma l’arte di combattere nel corpo a corpo. Sarà uno
di questi arditi a mettere insieme un giorno un gruppo di intenzionati
come lui a partire! Seleziona i suoi compagni, si procura i finanziatori,
acquista le armi (le migliori spade sono le lame importate dai Franchi
che a quei tempi contavano fior di maestri nella lavorazione dell’acciaio),
costruisce la sua nave e, giunta la buona stagione, se ne va per mare alla
ricerca delle vie che portino a sud. Se
osserviamo bene il Mar Baltico esso è un mare interno pochissimo
esteso in confronto al Mediterraneo. E’ pienissimo di isole, quasi come
l’Egeo e dunque facile da attraversare cabotando da un’isola all’altra
o… persino a nuoto! Muoversi da una costa all’altra è molto agevole
e non c’è neppur bisogno di navi attrezzate per le tempeste “oceaniche”
del Mare del Nord o per lunghe traversate. Le famose impressionanti e enormi
navi “vichinghe”, i knoerrar o i drakkar trionfali, qui sono
superflue ed è inutile credere a quei documentari o a quelle storie
di Vichinghi che viaggiano in queste acque su queste pittoresche navi!
Un qualsiasi svedese alla ricerca di avventure non aveva difficoltà
ad approdare sulle coste di fronte a lui, come fanno ancora oggi i suoi
epigoni con le popolarissime barche a vela, senza dover necessariamente
essere attrezzato con mezzi marittimi costosi… Ribadiamo che le grandi
navi ritrovate dagli archeologi danesi e svedesi e ricostruite in vari
musei, erano più necessarie sull’Oceano che non nel Baltico e, figuriamoci
poi, lungo i fiumi russi! Lasciamo dunque i norvegesi nel loro Mare del
Nord… a fare i Vichinghi e spostiamoci in Svezia sud-orientale. Ad
esempio qui, partendo dall’Uppland dove oggi c’è Uppsala o da Sigtuna,
apoche miglia c’è subito
la grande isola di Gotland o verso nord, lungo le isolette chiamate oggi
Åland, la costa finnica. Poco oltre, verso nordest, s’incontra già
la costa della Curlandia e le isole che chiudono il Golfo di Riga e ancora
dopo, qualche miglio più avanti, si entra nell’odierno Golfo di
Finlandia per giungere così alle isolette che sbarrano oggi ancora
il porto della moderna San Pietroburgo. Questo
è il Baltico e questi sono i suoi navigatori medievali: i detti
Variaghi! Né sono soltanto e sempre grossi gruppi organizzati in
viaggio, poiché c’è anche qualche navigatore solitario. Anzi!
Qualcuno di questi ultimi, se aveva fortuna, si stabiliva nei dintorni
dell’approdo più favorevole e si rifaceva una vita sposando una
figlia delle genti locali e la sua vita si concludeva felicemente. Di tanto
in tanto sarebbe anche tornato in patria dai suoi vecchi, proprio in vista
del facile viaggio di andata e ritorno e avrebbe raccontato nel vecchio
giro di amicizie delle esperienze fatte da lui in quelle terre straniere
che ora erano la sua nuova patria offrendosi come guida esperta per la
zona da lui abitata. Anche questo è documentato nelle saghe scandinave… Se
riusciamo ad avere in mente questo scenario e la sua epoca ecco che il
quadro dei Variaghi nel Baltico diventa più realistico, rispetto
alle fantasiose ricostruzioni di autori poco informati. Pensiamo a questo
punto che sia chiaro che l’attività sanguinaria (giudicata tale
dal nostro modo di vedere moderno) e la necessità di scorrerie lampo
come quelle intraprese dai Vichinghi non possono essere ribaltate, sic
et simpliciter, sui Variaghi! Un
altro punto serve evidenziare e sottolineare ancora una volta per non deviare
il nostro lettore lungo sentieri errati: Non è mai esistito un “popolo
variago” alla ricerca di una terra dove fondare una nazione variaga nuova
e perciò neppure la ricerca di un focolaio d’origine in un esatto
punto della costa svedese ha ragion d’essere. A noi consta che i Variaghi
costituissero delle bande armate organizzate per imprese di saccheggio.
L’impresa doveva fruttare tanta ricchezza da poter tornare in patria a
riprendersi un posto sociale nella comunità, migliore di quello
che avevano lasciato. Forse erano emarginati o fuori-legge e comunque giovani
che non avevano altra possibilità che darsi all’avventura in mare.
Questi viaggi, ricordiamo anche questo, nel Medioevo erano pari alla morte!
Si sapeva quando si partiva, ma si ignorava se si sarebbe mai tornati e,
se è vera la nostra ipotesi degli emarginati, con quel viaggio faceva
comodo alla comunità che costoro scomparissero per sempre socialmente. Con
queste premesse, se non lo sono ancora, diventano insomma dei corsari,
dei predoni armati che si presentano nella veste di mercanti, più
o meno “pacifici”, e infine, oseremmo dire, li possiamo vedere come i precursori
sia della “legale” Hansa germanica sia degli “illegali” Vitalienbrüder
di qualche secolo dopo che batteranno le loro stesse rotte! Ciò
non contraddice il fatto che altri loro congeneri (di certo non esclusi
i danesi e i frisoni, tanto per non far torto a Saxo Grammaticus) si possano
trovare invece già integrati nelle realtà straniere della
costa baltica meridionale come abbiamo detto, perché da un’analisi
linguistica del termine Variaghi si evidenzia che esso si
riferisse solitamente agli armati che andavano verso il Baltico
orientale più remoto e non a quelli che s’insediavano sulle coste
o vivevano ospiti in qualche città delle Terre Russe “pacificamente”
o in altre Terre Slave del Baltico. Il termine Variago infatti
appare intorno all’XI sec. presso i cronografi greci ed è attribuito
genericamente a gruppi armati di gente del nord e perciò, secondo
la nostra lettura, le Cronache Russe errano (sono state scritte alcuni
secoli dopo questi avvenimenti!), nell’elencare i Variaghi fra i “popoli”
del Baltico, visto che un popolo non sono! E’ chiaro che questi elenchi
che si trovano in quelle Cronache vanno visti come le solite classificazioni
dei popoli secondo la Bibbia (la famosa dispersione per il mondo dopo la
Torre di Babele) in cui un “apolide” come uno svedese fuggiasco o pellegrino
è inconcepibile se non fa parte di un popolo. Per di più
ci pare di poter distinguere nella nomenclatura fissatasi nelle lingue
russe due tipi di svedesi: i Variaghie
i Kolbjaghi. Kolbjag
è anch’esso un termine che compare tardi (XI sec. in Michele Attaliate,
bizantino, e XVI sec. accettato nelle Cronache Russe) per un portapacchi,
un trasportatore, un traghettatore o in realtà una specie
di postino o guida che sa dove andare, se gli affidate qualcosa da consegnare
ad un determinato destinatario, ma... straniero e svedese
della zona di Polozk e di Pskov! Il termine ha un etimo nella parola kylfingr
che in norreno (la lingua degli scandinavi in cui sono scritte
le saghe islandesi e antenata del moderno svedese e delle due lingue norvegesi
ancora in uso) indica uno che usa la pertica o il bastone (per viaggiare,
per indicare o come pegola), dunque più pittorescamente uno sperticatore
(più avanti capiremo il perché di questa interpretazione)!
In realtà poi un Kolbjag è molto importante per chi voglia
viaggiare lungo i numerosi corsi d’acqua della Pianura Russa. Infatti
chi naviga contro corrente, se non conosce la strada per giungere al luogo
prefissato, corre il rischio ad una confluenza di perdersi nella corrente
sbagliata! Da Costantino Porfirogenito sappiamo che addirittura lungo i
grandi fiumi russi (e moltissimi lo sono, avendo percorsi lunghi centinaia
di km) sono da individuare ed evitare rapide e secche! Una guida che conosca
bene l’itinerario, man mano che ci si addentra nel folto, è quindi
importantissima a questo scopo. Non solo deve conoscere il luogo, ma saper
anche parlare le lingue dei nativi che si incontrano per accordarsi con
loro, per avere informazioni aggiornate giacché le correnti possono
aver cambiato alveo etc. Insomma in altre parole deve essere uno che vive
nella zona e che si presenta come persona affidabile in terra straniera.
Dagli storici del tempo sappiamo (ma si fa così ancor oggi in tutto
il mondo) che il costume dei locali, una volta sorpresi e fattisi abbordare
da chi viaggia nelle loro terre, é di dare informazioni sbagliate
agli stranieri troppo curiosi (si aspettavano sempre guai dagli intrusi)
proprio per sviarli e tenerli lontani dai propri villaggi nascosti nel
fitto della foresta. Ecco dunque che dobbiamo immaginare il Kolbjag, ingaggiato
dal capo-spedizione appena arrivato, mettersi a capo (ben pagato!) della
carovana di barche per guidarle lungo un percorso scelto, con la sicurezza
delle proprie conoscenze. Vediamo
allora come si organizzano i Variaghi all’inizio dell’avventura. La
parola Varjag ci dà il primo indizio! Anch’essa ha
un etimo norreno ossia nella parola varing/væring e
significa colui che ha fatto un patto oppure meglio
colui che ha un contratto d’ingaggio e, ripetiamo, anche questa
parola è più tarda rispetto alle origini della storia russa.
I Variaghi sono dei giovani scapoli presi a contratto a tempo determinato!
A capo del gruppo c’è uno che comanda e organizza, che sa dove andare
e che cosa fare, che ha raccolto notizie e informazioni su un certo luogo
dove si trova un certo bottino. Ci si impadronirà di quella ricchezza
e, questi assicura, farà tornare tutti ricchi a casa. Altri particolari
sull’intrapresa? Nessuno! I dettagli non vengono mai svelati, naturalmente! Quali
sono i requisiti per la scelta dei partecipanti? Li abbiamo già
delineati prima: Innanzitutto bisogna essere ben prestanti, saper maneggiare
le armi e cioè spada e ascia di guerra e saper ingegnarsi a lavorare
legno e ferro quando occorra, cucinare e cucire vele etc. perché
qui si fa tutto insieme e senza alcun aiuto esterno. Se ci sarà
da battersi tuttavia, ci si batterà fino alla morte. Per
essere ingaggiati occorre però prestare giuramento e accettare la
vara ossia i termini del contratto nelle mani del capo-spedizione
da cui varing. A questo scopo prima di partire ci sarà
una grande cerimonia conviviale in cui si preparerà il cibo e lo
si mangerà tutti insieme. Soltanto in questo modo il patto sarà
sancito e chiuso con una solenne bevuta come è costume qui nel nord! A
proposito! Nel gruppo non sono ammesse donne, salvo talvolta quella del
capo… Quando
il tempo è arrivato, non appena il mare è libero dai ghiacci,
si può salpare! Aggiungiamo
che non sappiamo se i Variaghi ricorressero anche loro al berserkr
nel modo di combattere, come facevano i loro congeneri Vichinghi ubriacandosi
o usando l’Amanita muscaria, ma certamente erano buoni bevitori
e pronti a tirar fuori le armi per farsi giustizia da sé alla prima
offesa ritenuta lesiva. Le navi che armano, è stato già detto,
non sono grandi ed ogni equipaggio non supera la quarantina di persone
(anche questo lo sappiamo dalle Cronache) ed ha vela e remi. Probabilmente
hanno prora doppia come il knoerr vichingo in modo da non
doverle manovrare troppo laboriosamente quando si inverte il senso di navigazione
dopo un approdo. Addirittura siamo convinti che, dopo la traversata via
mare e prima di addentrarsi nelle correnti fluviali, le si lasciasse a
secco in un posto sicuro proprio perché per le imbarcazioni più
adeguate bisognava rivolgersi agli Slavi o ai Finni locali per averne o
farsene fabbricare. Nel
IX sec. quando l’avventura dei Variaghi è meglio documentata per
la loro intrusione nelle Terre Russe la situazione “politica” delle coste
baltiche dipendeva ancora dalle “voglie” dei Vendi (in questo
etnonimo sono conglobati tutti gli slavi presenti nel bacino dell’Elba
e della Vistola) che si erano attestati a nord lungo la costa ad est dell’arcipelago
danese da Lubecca fino alla Curlandia, dopo lo spazio lasciato dalle migrazioni
germaniche verso il sud (Völkerwanderungen). I Vendi
avevano un santuario nazionale ad Arkona nell’isola di Rügen e difendevano
le loro terre dagli intrusi con le armi e le imboscate fino al XII-XIII
sec.! Arenarsi perciò sulle loro spiagge era molto pericoloso perché
si correva il rischio, mentre si facevano i tentativi di rimettere la propria
barca in mare, di essere improvvisamente circondati (i Vendi erano solitamente
in agguato fra gli alberi fitti presenti già a venti trenta metri
dal bagnasciuga!), spogliati letteralmente di tutto, fatti prigionieri
e venduti schiavi nel sud! Anzi! A parte l’affidabilità storica
di Saxo Grammaticus, questo ecclesiastico danese del XII sec. d. C. ci
riferisce che una spedizione approdata sulle coste baltiche meridionali
fu impedita a proseguire perché i Vendi avevano sparso il terreno
con dei chiodi a quattro punte (tetraedrici) che non facevano camminare,
se non con delle spesse scarpe di legno! Dunque le coste dove ci sono i
Vendi non sono ospitali e senza sostare si proseguirà oltre verso
est. Se
una banda si può affidare ad una guida esperta che è già
a bordo, magari si passa fra le isole (oggi) estoni (Saare- e Hiu-maa,
soprattutto) che chiudono a nord nel cosiddetto Stretto di Irbes l’enorme
“lago di mare” che è il Golfo di Riga, e costeggiando verso sud
si giunge facilmente alla foce della Dvinà (chiamata dai lettoni
Daugava). Anche qui però ci sono i Vendi (Ventspils
sullo stretto, significa in lettone proprio Città dei Vendi!)
ed è meglio evitarli, tenendo quelle isole a tribordo. Così
facendo si giunge alla foce della Narva (fiume non lontano
da Tallinn) che non è molto bene in vista dal mare, ma che è
l’unico accesso verso il grande lago Peipus (o, come lo chiamano i russi
“dei Ciudi” e “di Pskov”) giù fino a Pskov (anticamente Pleskov)
da dove si può proseguire verso sud. Neanche questa però
risulta una rotta molto battuta… Dunque
si procede oltre e si entra nel moderno Golfo di Finlandia fino alla foce
della
Nevà! Questo golfo è parte dell’estuario
molto largo di quel fiume e la corrente non è molto forte poiché
il dislivello fra il lago Nevo (oggi Ladoga) dal quale la
Nevà scaturisce e il Mar Baltico è di ca. 5 m distribuito
lungo una settantina di km! Si naviga perciò agevolmente persino
contro corrente. Mantenendosi
più o meno al centro (la Nevà non ha molti meandri e i suoi
pochi affluenti sono facilmente distinguibili dalla presenza di fitti canneti)
si evitano facilmente pericoli o agguati, sebbene non si sia vista un’anima
viva finora! La densità abitativa nella cosiddetta Ingria
(Ingermannsland in norreno e Izhora in russo,
è il nome della zona dove oggi si trova la provincia di San Pietroburgo)
ancor oggi è bassissima. A
questo punto occorre decidere il da farsi perché il tempo stringe
e, se si deve proseguire per il sud, sarà meglio affrettarsi per
organizzarsi adeguatamente, prima che il duro inverno ostacoli il cammino.
Dobbiamo tener presente che le visite di queste bande rispettavano sempre
delle date precise per non incappare nel ghiaccio invernale o nella fanghiglia
primaverile delle piste forestali e quindi se si partiva un certo giorno
dalla costa svedese occorreva prevedere di tornare ad un cert’altro giorno
per non rimanere bloccati dalla stagione sfavorevole. Possiamo pensare
che più o meno il periodo rispettato era lo stesso del calendario
marittimo dell’Hansa nel quale, ammesso che non ci siano stati notevolissimi
mutamenti di clima fra il IX e il XV sec. d.C., si prevedeva la chiusura
dei traffici fra Novgorod la Grande sul lago Ilmen’
e Lubecca a San Martino (11 novembre) lungo proprio quest’antica rotta
variaga… Novgorod
la Grande oggi non è molto lontana da San Pietroburgo e si trova
(ad est) sulla sponda nord del lago Ilmen proprio all’uscita dalle acque
di questo lago del fiume Volhov (che ne è l’unico emissario) e che,
come possiamo vedere sulla carta, scorre verso il Lago Nevo
(oggi Ladoga dal nome dell’antica città) e vi sfocia dopo ca. 200
km. Qual
è il legame fra la più antica repubblica europea e i nostri
Variaghi? Secondo
le Cronache Russe i Variaghi apparvero nei dintorni dell’area di Novgorod
intorno all’VIII sec. d.C. e s’insediarono sulla cosiddetta Cittadella
di Rjurik (Rjurìkovo Gorodìsc’ce) sulla sponda
nord-est del Lago Ilmen da dove vengono fuori le acque del Volhov e alle
loro prime apparizioni s’imposero come predoni e sfruttatori delle genti
locali assoggettandole a tributo. Tenendo presente anche questo per il
momento, proseguiamo il viaggio verso l’interno. La
risalita del fiume si presenta abbastanza difficile perché la corrente
in questo periodo storico era in magra da molto tempo e dunque presentava
alcune rapide fra cui l’ultima era proprio poco prima della caduta nel
lago Nevo. Il toponimo Ladoga (Aldeigja in
norreno) deriva infatti proprio da questa situazione perché in finno-carelico
con le parole Alode Jogi (di qui Aldeigja) si indica un
Fiume Basso. Ci
siamo procurati quindi una barca di quelle che usano qui senza chiglia
(strugy o paromy o simili) perché dovremo
affrontare molti problemi di trasbordo ed è l’unico tipo d’imbarcazione
agevole ad essere trascinata sul terreno. Con l’aiuto dei cavallini locali
aliamo la barca sui rulli lungo la riva per superare le rapide oppure,
dopo queste, con lunghe pertiche la teniamo al centro della corrente. Tutto
questo si può fare soltanto accordandosi coi Finni locali (che le
Cronache Russe chiamano genericamente Ciudi o talvolta
Vesi). Non è perciò plausibile che i Variaghi ricorrano
all’assalto o alla distruzione dei villaggi perché così agendo
ricaverebbero bottino (miserrimo) soltanto una volta. Dunque questo è
già l’inizio di una filosofia della violenza che in queste circostanze
i Variaghi saranno costretti un po’ alla volta ad abbandonare… Una
cosa è da notare qui, ma ci spiega anche tante altre di cui parleremo
più avanti: L’itinerario che stiamo percorrendo è, per così
dire in termini moderni, sperimentale! Abbiamo accennato prima alle prove
archeologiche relative all’antica presenza scandinava qui nel nord e ciò
– aggiunto ad altre tracce lungo i fiumi russi verso il sud – ci suggerisce
che questa rotta fu inaugurata proprio dai Variaghi! Andare
verso sud… ma per far che cosa? Certamente
il traffico Nord-Sud non era cosa nuova sul Baltico e dintorni giacché
già Tacito ce ne parla a proposito dell’ambra e dell’avorio, quest’ultimo
sia fossile dai mammut sotto il ghiaccio sia dai trichechi dell’Artico
ottenuto sempre tramite i Finni (gli Aestii?). Inoltre le informazioni
che i capi variaghi hanno raccolto dicono che Costantinopoli o Baghdad
sono lontane e per recarsi in quelle città occorre aver merce da
scambiare e tutte le relazioni necessarie (accordi, mercanti riconosciuti
etc.) per poter percorrere senza grandi intoppi l’itinerario abbastanza
lungo e irto di punti daziari in mano a genti genericamente ostili. A questo
punto dobbiamo ammettere che ci si accorse subito del valore delle merci
ottenibili qui e della possibilità che si offriva di organizzare
dei traffici molto proficui! Dunque
mettiamoci in cammino… La
prima tratta che stiamo navigando passa in una landa veramente desolata.
Gli informatori però hanno una sorpresa: Risalendo il fiume si arriva
al lago Ilmen’ (o Ilmer’) che è a due passi dalle sorgenti del Volga,
del
Dnepr e della Dvinà (occidentale)!
Questa è già una buona notizia perché è un
indizio sicuro che lungo questi fiumi si viaggia verso i mercati delle
città ambite! I Finni hanno informato che qui vicino, sulle rive
nord del lago, è un ottimo posto dove trovare roba perché
qui si formano i convogli e qui arrivano gli Slavi e gli Ebrei per commerciare. Vicino
alla Cittadella di Rjurik lo spazio per il mercato e il posto di scambio
c’era di certo poiché l’archeologia ha trovato sulla stessa riva
una postazione slava posta su un’elevazione del terreno e più a
nord non molto lontano una postazione finnica, ambedue abbastanza antiche.
Il lato in questione è più o meno quello che oggi costituisce
la cosiddetta Riva del Mercato di Novgorod la Grande odierna. Un
po’ più a sudovest, oltre il Lago Ilmen’, più o meno con
le stesse caratteristiche c’era Gnjòzdovo che poi
fu abbandonata e spostata qualche chilometro più in là, nella
moderna Smolensk prima del X sec. Che
intendiamo però per postazione, mercato, posto di scambio? Sappiamo
dalle Cronache Russe e da altri autori che i Finni raccoglievano gli animali
da pelliccia con trappole apposite affinché il pregiatissimo pelo
non si rovinasse. Con esse facevano scambio con il famoso metodo del “commercio
muto” contro derrate alimentari di origine agricola che gli Slavi portavano
dalle proprie coltivazioni più meridionali. Altri articoli erano
il miele e la cera che si raccoglievano invece nelle foreste più
fitte dell’odierna costa Baltica e delle Paludi del Pripjat’ poco a nord
di Kiev. Per quanto riguarda poi gli schiavi, altro articolo commerciale
importante per i quali tutta l’area diventò notissima nei paesi
musulmani, sappiamo poco in particolare sebbene possiamo immaginare che
le famiglie che vivevano di limitate risorse naturali non esitavano a cedere
i propri figli (bocche in più!) ai mediatori di schiavi in previsione
di una vita migliore all’estero. Ebbene tutte queste “merci” (insieme con
altre che qui tralasciamo di menzionare) venivano ben “impacchettate e
stipate” sulle dette imbarcazioni. Un luogo di riposo era costituito dai
posti di passaggio da una corrente all’altra (vòloki
e ne riparleremo più avanti) dove ci si rifocillava prima di ripartire. Detto
questo, quando la frequentazione variaga in queste zone si fece preoccupante
per le società slave più organizzate come quella di Kiev,
deve esser successo che, non appena saputo della “nuova via” aperta dai
Variaghi lungo la direttiva nord-sud, l’élite kieviana al potere
mandasse immediatamente gruppi di slavi (gli Slaveni/Sloveni)
per colonizzare massicciamente la zona e metterla sotto controllo (sec.
X sec.)! Questi colonizzatori si arrestano dapprima sulla riva meridionale
del lago Ilmen dove oggi forse lo prova la presenza della cittadina che
porta il nome di Rusa (oggi Stàraja Rusa),
ma poi si affacciano sulle sponde settentrionali dello stesso lago senza
però proseguire fino a Ladoga. La
presenza di Rusa è forse spiegabile col motivo già individuato
due secoli fa dallo storico S. Solovjòv e cioè che gli Slavi
da contadini quali erano non si spinsero oltre perché il clima non
favoriva le loro coltivazioni tradizionali. Forse per ragioni di sicurezza
o a causa del regime molto variabile del lago che a volte invadeva i terreni
sulle sponde per chilometri di qui si passò sulle sponde settentrionali
e così, insieme con gli alleati baltici in via di slavizzazione,
ossia Krivici e Dregovici, addirittura elevarono sulla riva opposta alla
Riva del Mercato un santuario al dio balto-slavo Peryn (Perun,
dio conosciuto anche a Kiev) eleggendo il luogo a loro sede di fronte ai
Variaghi di Rjurikovo Gorodisc’c’e. Finalmente
in periodi successivi (ca. X-XI sec.) si disegna la nuova città
cioè Novgorod (questo è il significato del toponimo) come
l’insieme di tre centri abitati vicini fra loro: Uno su un’altura, un altro
oltre un piccolo affluente del Volhov e un altro ancora sulla riva opposta
alla Riva del Mercato corrispondente alla tradizionale Riva di Santa
Sofia. E’ proprio dalla toponomastica conservatasi che possiamo
arguire che sull’altura abitavano gli Slavi, al di là del piccolo
affluente i Finni e nel terzo, separato in seguito nettamente dal resto
della città, vi abitavano i Variaghi. A
partire da questa situazione tutta nordica si offrono due possibilità
alle bande variaghe che si alternano da queste parti: Offrirsi come scorta
con ingaggio stagionale per i convogli che partono per il sud oppure rifornirsi
di merci e dirigersi autonomamente sulla stessa rotta. Per quest’ultima
ipotesi ancora una volta ciò significa o scambiare quello che si
ha oppure depredare con la forza quello che non si ha! La seconda soluzione
potrebbe essere applicata più facilmente visto che i Variaghi sono
superiori militarmente, ma è anche senza sbocco perché poi
bisognerà contattare gli intermediari che gestiscono i traffici
e questi non si possono sottoporre ad azioni di forza, se si vogliono realizzare
dei guadagni sicuri. Questa azione predatoria inoltre può riuscire
una volta, ma non sarà più possibile una seconda perché
tutto l’ambiente si ritorcerebbe ostilmente e addirittura verrebbe loro
preclusa la via del ritorno! Si possono anche rompere tutte le possibili
barriere lungo le rotte, ma qui s’incontrerebbe l’opposizione delle altre
bande variaghe eventualmente presenti ed è escluso poi che si possa
proseguire con le stesse intenzioni bellicose fino al prossimo punto daziario
perché qui si troverebbero gli armati locali della Bulgaria del
Volga e dei Cazari, molto più forti. Rivediamo
allora gli itinerari e la logicità della loro esistenza. Il
primo che restò in funzione per moltissimo tempo (fino al XVI sec.)
è quello lungo la Dvinà di Polozk. Gli
Slavi di Polozk, Krivici e Polociani, erano attestati molto all’interno
rispetto alla foce del fiume che sbocca dove oggi si trova Riga e ciò
si spiega con motivi sia ecologici che di spazi disponibili per la coltivazione.
Infatti le tribù slave in migrazione avevano dovuto fermarsi dove
la zona era occupata da popoli a loro affini: i Baltoslavi (da cui poi
scaturiranno Lituania e Lettonia). Nell’archeologia locale non troviamo
tracce clamorose di conflittualità e quindi possiamo pensare che
queste genti riuscissero a convivere e a mescolarsi senza litigare. La
presenza di bande variaghe lungo la Dvinà fino a Polozk è
più antica di Novgorod, ma non sembra imposta con la forza benché
Polozk (Polotesk) dai reperti archeologici risulti spostata
nel X sec. rispetto ad un centro originario anteriore andato a fuoco. Da
Polozk si risale il fiume Dvinà fino all’altezza del lago di Lepel’.
Dopo aver percorso un breve volok (spartiacque dove appunto
le imbarcazioni venivano tirate a secco e trascinate da una corrente all’altra
sui rulli, come abbiamo accennato prima), si entra a Borisov dove c’era
una famosa pietra morenica –valun
– che indicava la strada e che oggi, spostata dal suo luogo naturale,
porta incisa una croce e una benedizione. Ormai si è già
sulla Berezinà, l’affluente del Dnepr, che scorre nelle immense
Paludi del Pripjat e non molto lontano da Kiev. L’altro
itinerario lungo la Narva (o Néreva) segue il breve tratto di questo
emissario del lago Peipus. Si
entra nel lago attraversando il primo bacino, poi il secondo più
piccolo e inframmezzato da isole ed infine si prosegue per il terzo chiamato
più propriamente lago di Pskov. Di qui si entra sulla
corrente del fiume Grande (Velikaja) e si risale
fino ad un volok che separa quel fiume dalla Dvinà. Dalla
zona di Novgorod invece si attraversa il lago Ilmen’ dirigendosi verso
sudovest e si entra in uno degli immissari, la Lovat’ e si
risaliva fino a Holm. Qui c’è il volok che separa questa
stazione da Toropez sulla Dvinà e si prosegue fino
a Vitebsk. Di lì sul volok si passa ad Orscia
e si è già sul Dnepr. Questa rotta è quella che le
Cronache Russe chiamano la Via dai Variaghi ai Greci che
però stranamente è nominata pochissime volte rispetto a quella
che seguiva il Volga e il Don. Degli
itinerari appena sopra descritti quello lungo il Dnepr (Via dai Variaghi
ai Greci) fu in auge finché Costantinopoli costituì
il maggior mercato compratore delle merci del nord, ma poi decadde dapprima
a partire dalla conquista della capitale dell’Impero Romano d’Oriente da
parte dei Crociati nel 1204 e poi con le conquiste dei Tatari (Mongoli)
della steppa ucraina intorno alla metà del sec. XIII. Ed
infine c’è l’altra rotta per il sud la “Via
dei Figli di Sem” (perché diretta verso l’Impero Cazaro
ebraico), la più importante storicamente dato che qui si svolsero
le vicende più sofferte della storia russa. Questa
partiva sempre dal Lago Ilmen’ e, percorrendo la Lovat’ e deviando prima
di Vitebsk lungo il fiume Kasplija, ci si portava a Smolensk,
si risaliva il Dnepr, che qui è ancora un fiume giovane vicinissimo
alle sorgenti, e si giungeva a Dorogobuzh dove dopo aver
superato il volok con l’Ugrà si è già
quasi sull’Oka che confluisce nel Volga alcuni chilometri
più avanti. Tutta
questa rete (e abbiamo tralasciato altri itinerari percorsi di solito in
caso di guerre locali o di altri problemi di percorribilità) deve
essere tenuta sempre libera da impedimenti ed è proprio questo il
motivo per cui il mitico knjaz (russo per principe,
capo et sim.) variago Oleg scendendo verso Kiev fonda
lungo questi fiumi altri nodi “di servizio”. Come abbiamo detto, in questi
nodi i convogli si fermano per riposare, per mangiare, per riparare arnesi
e barche o per agganciarsi ad altri gruppi prima di proseguire. Questi
nodi vanno difesi… Da chi e contro chi? Ed
eccoci arrivati al punto cruciale del nostro discorso. Dunque
si rinuncia a fare i pirati “alla vichinga” e ci si adegua all’ambiente
presentandosi come vere e proprie “forze dell’ordine”, a servizio dei capi
locali! Ma… chi sono questi capi locali? Dalle
notizie che abbiamo, l’élite al potere a Kiev è formata da
Slavi. Altri insediamenti nel nord, pure slavi, sono: Polozk, Turov, Pskov,
Rusa etc. e diventeranno stabili soltanto intorno al X-XI sec. sotto l’egida
di Kiev. Per queste ragioni l’interlocutore privilegiato dei Variaghi non
possono essere che gli Slavi e magari proprio quelli che risiedono a Kiev,
prima di altri. A
questo punto perciò, almeno sul lago Ilmen’, i Variaghi urtano gl’interessi
degli Slavi, seppure gli ultimi arrivati qui nel nord. E’ vero che d’altra
parte questi non sono genti d’arme altrettanto esperte quanto i Variaghi,
ma sono residenti qui tutto l’anno e hanno i contatti adatti per il commercio
e dunque occorre trovare con loro un modus vivendi reciprocamente
vantaggioso. Dalle
Cronache, come abbiamo già detto, sappiamo che i Variaghi in un
primo tempo avevano imposto (naturalmente con la forza) un tributo alle
genti locali del Volhov e che questo regime era diventato talmente esoso
(parallelamente con la crescita della domanda dei mercati del sud) che
tutti si erano ribellati e avevano ricacciato i Variaghi nel Baltico! Tutto
questo è confermato indirettamente dall’archeologia… In
questa regione gli Slavi ormai formano la classe dominante insieme coi
capetti finnici ed hanno un’organizzazione societaria abbastanza avanzata.
Si sono però accorti che non è una cosa così facile
scacciare una banda variaga giacché a quella ne segue subito un’altra.Se
dobbiamo credere a Tatiscev e alle Cronache riscritte nel XVI sec. a Mosca,
questa élite, capendo che senza una forza bene armata non sarebbe
mai riuscita a sostenere i vitali traffici, decise di recarsi a Gotland,
punto di concentramento delle bande svedesi, per negoziare un qualche accordo
con una banda più forte delle altre. Le Cronache in modo non credibile
dicono che fu espresso un invito a quella di Rjurik dandogli il benvenuto
nella zona di Ladoga: Che prendesse le redini del comando come “terzo membro
(militare)” nell’impresa commerciale slavo-finnica! Questa
Banda
di Rjurik si presenterà ora non più come sfruttatrice,
ma come la difesa ultima dagli attacchi di altre bande che eventualmente
capitino da queste parti! Questa è la legittimazione del ruolo di
Rjurik e dei suoi due fratelli giunti qui insieme con una ben nutrita banda
di armati (non più di una cinquantina di ragazzi ciascuno, comunque).
Naturalmente la ricompensa è adeguata: egemonia militare e politica
sul territorio e sfruttamento legittimato dai capetti slavi, finnici e
baltici. La Banda di Rjurik dunque è una vera e propria
organizzazione poliziesca privata: Né più né meno
come si presenta la mafia siciliana a chiedere il pizzo ai commercianti! Né
Rjurik è il solo ad essere presente come armato e impositore di
tributo nella zona. A Polozk, secondo lo storico del XIX sec. Belaev, c’era
già la banda di un certo variago Kvillan che poi passerà
il potere ad un altro variago a nome Ragnvald (in russo Rogvolod).
C’è anche Turov dove domina il variago Tur (ossia Thor) e, come
ci dice la Vita di Santa Olga, persino a Pleskov (oggi Pskov)
c’erano i Variaghi, stavolta integrati ai balto-slavi locali. Forse è
per questa ragione che uno dei fratelli di Rjurik (Sineus), non potendo
entrare in quest’ultima città già “occupata”, si era sistemato
lì vicino, a Izborsk su un’altura un po’ interna rispetto alle sponde
del lago. Il
biologo australiano Jared Diamond ha chiamato un sistema di dominio basato
sull’alienazione forzata dei beni altrui da parte di un’élite armata
cleptocrazia e che corrisponde, secondo noi, a quella che
conosciamo oggi in Europa sotto il nome siciliano di mafia.
Insomma, a nostro modo di vedere i Variaghi costituivano una vera e propria
organizzazione di questo tipo che si può chiamare tranquillamente
Mafia dell’Acqua: Varie
bande che si muovono e che non sono venute qui per servire o per guadagnare
quel che si può, ma per fare grandi imprese in cui si costruiscono
grandi ricchezze e si ritorna in patria in trionfo. Sono questi gli ideali
per i quali i Variaghi sono in giro e rischiano la loro vita. E’ tacito
che dove c’è la frequenza stabile di una banda, a meno di non volersi
scontrare, un’altra banda evita di penetrare. La mafia dunque s’imporrà
e si estenderà con Oleg, successore di Rjurik, fino a Kiev e, ancora
dopo, con Svjatoslav fino al Delta del Danubio e fino al Mar d’Azov, scompigliando
il monopolio dei corsi d’acqua del Volga e del Don (sul Danubio, la sua
sosta sarà breve) tenuto fino ad allora da altre potenze (i Cazari
soprattutto) e cucendo il tutto col terrore delle armi in un grande tessuto
politico che si estende dal Mar Bianco al Mar Nero! Disseminerà
le rive dei fiumi russi con i suoi forti blindati (gorod)
dove conserva le merci “raccolte” e (soprattutto) dove detiene in ostaggio
i figli dei capi locali che hanno concluso con loro rapporti permanenti!
Ogni città russa sarà sempre dominata da questo forte-deposito
che in seguito si allargherà e si abbellirà trasformandosinei
vari Cremlini (secondo la nostra interpretazione, per queste ragioni nel
nord il Cremlino è chiamato originariamente Detinez
o Deposito dei Bambini)! Ora
dobbiamo chiederci: Come mai questa Mafia dell’Acqua perde
la sua identità culturale svedese? E quale realtà nasce sotto
il nome di Rus’, il nome che probabilmente fu attribuita
ad essa dalla gente che la vide crescere nella Terra Russa? Qui
siamo disposti a dare una risposta solo alla prima domanda vista la lunga
(di secoli, ormai) polemica sull’origine del termine Rus’
nella quale non vogliamo entrare in questa sede. Secondo noi le bande hanno
una cultura “nazionale” bassissima o addirittura inesistente. Ed è
logico! Sono costituite da ragazzi scapoli e incolti, quasi dei disperati
reietti della loro società d’origine. Accolti in un consesso di
gente che invece ha un senso orgoglioso della propria identità slava
che rinnova ad ogni occasione possibile, assimilati attraverso matrimoni
in famiglie nuove non scandinave e perciò miste dal punto di vista
culturale (malgrado le regole più solite del matrimonio esogamico
praticato dagli Slavi che prevedevano la “morte” culturale della donna
e non dell’uomo), non avendo altro da offrire che la loro abilità
a predare… non possono che slavizzarsi (d’altronde imitando
le altre etnie finniche e baltiche che hanno già fatto altrettanto
rispetto alla marea slava circostante)! E
che nome darsi poi una volta penetrati nella nuova élite al potere?
Uno tutto nuovo, Rus’, che magari li identifica meglio di
altri o forse inventato lì per lì o ancora affibbiato loro
dai Cazari o da altri! Non possiamo dire con sicurezza a quale parola originaria
risalga la parola Rus’ e non vogliamo entrare in polemiche
oziose su normannismo e antinormannismo, ma accenniamo solo ad una nostra
ipotesi che si collega alla tesi “mafiosa”. E’ probabile che Rus’
fosse un nomignolo dato agli Scandinavi al loro primo apparire
dai Cazari (in ebraico una parola simile significa capetto)! ©
2007 di Aldo
C. Marturano |
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