In arabo gli Slavi
intorno al X-XI sec. si chiamano Saqalibi sing. e Saqaliba(t)
plur. La s enfatica
iniziale invece di s semplice e la q
enfatica invece di k, più la forma
quadrilittera (per il lettore che non conosce l’arabo forse sarebbe meglio
qui dire quadriconsononantica), denunciano con grande probabilità
che la parola è stata mutuata da un’altra lingua diversa dall’araba.
Gli arabi compravano schiavi dai mercanti ebrei (i famosi rahdaniti),
persiani, etc. (ma non dai greci) i quali si approvvigionavano presso gli
Slavi orientali del nord (odierna Bielorussia perlopiù) e quindi
la Terra di questi Slavi fornitori divenne nota per gli Arabi come Bilad
as-Saqalibat ossia Paese “degli schiavi”. In questa espressione
è difficile individuare un significato etnico poiché saqalibi
non l’aveva, né indicava una persona proveniente da un luogo particolare,
ma era solo di “marchio di fabbrica”, di “tipo di merce”, come noi oggi
diremmo che una borsa di pelle di un qualsiasi design italiano è
“italiana”. Tanto è vero che al-Idrisi
il grande geografo
arabo-siciliano (XII sec.) nelle sue carte indica il paese di as-Saqaliba
ma senza porre confini riconoscibili. I viaggiatori arabi del X e
XI sec. riconoscono invece l’esistenza di una città (Novgorod,
non ancora con tale nome!) come Madinat as-Salauiya o al-Islabija,
e, senza averla mai visitata, indicandola come Città degli
Slaveni, ma non degli schiavi, ossia Madinat as-Saqalabiya!
E’ probabile che la lingua dalla quale gli arabi mutuarono la parola sia
quella greca che chiamava gli Slavi con il nome generale di Sklavinoì
( ) perché in greco non è ammessa la forma
Slavinoì (v. Dizionario Etimologico della Lingua Araba Classica
di P. K. Zhuzé, Kazan’ 1903). Questa stessa parola infatti era stata
mutuata già dai Veneziani, allora colonia bizantina, che chiamavano
gli Slavi del dalmatico fiume Neretva Schiavoni (Sclavoni)
ed avevano uno scalo del loro porto giusto riservata per loro (Riva degli
Schiavoni). La parola sklavinoì è facilmente
analizzabile come la riproduzione secondo la parlata greca di una parola
tipo Slavine, Slovene, Slavene etc. che indicasse gli Slavi del Centro
Europa che migravano verso il sud in Macedonia e nel Peloponneso.
In questa parola si può distinguere Slav-/Šlav- da una parte
e dall’altra la desinenza slava –an(in)
usata negli etnonimi (Rim-Roma
dà in russo Romano: Rimljan-in, ad esempio), ma meno
facile è spiegare l’adattamento latino che dice Sclavones
e non Sclavinae. Il problema primario però è
definire che cosa significhi Šlav/Slav. Secondo Max Vasmer
(Dizionario Etimologico della Lingua Russa) la parola non ha niente a che
vedere con slavà (gloria e sim.) e forse neanche con slovo
(parola etc.), così da contrapporre allo straniero che è
chiamato nelle lingue slave “l’incomprensibile” o nemet/nemez, perché
in tal caso non si spiegherebbe perché gli etnonimi come gli Slovacchi
(Slovaki), Sloveni (Sloveni) e Slaveni (Slavjene)
risultino poi così sparsi “a macchia di leopardo” sull’area slavo-parlante.
D'altronde ammettere che gli Slavi (Slavjane, Slavane e sim.) chiamassero
sé stessi in questo modo non giustifica gli altri numerosi nomi
delle tribù slave del VII-IX sec. B.A. Rybakov propone
l’etimo s’lo + vene ossia s’lo come selò
(villaggio agricolo) e vene, come forma orientale (senza i suoni
nasali) di Vendi e quindi Slovene significherebbe i Vendi
Agricoltori. L’ipotesi è affascinante, ma poco credibile.
Ritorniamo allora agli arabi.
L’etimologia di Saqalibi
con riferimento ad una parola araba che indichi degli Uomini con la
Barba e che perciò potrebbe essere un’analogia con l’etnonimo
germanico (Lango)barden,
ossia Longobardi: “dalle lunghe
barbe”, non è neppure accettabile per quanto detto sopra proprio
perché i mercanti non compravano Saqalibat barbuti, ma bambini
e giovani appena puberi, appunto imberbi, o donne giovani (v. monografie
di I. Ja. Frojanov e spec. il suo Schiavitù e Soggezione – Rabstvo
i Dannicestvo). Inoltre a che serviva informare il compratore che i
popoli che vendevano questi ragazzi erano degli uomini con la barba, quando
tutti sapevano che i Saqalibat erano razziati solo dai pirati Rus
e intermediati dai Rahdaniti ebrei (questi ultimi fornivano persino
la possibilità di trasformare i maschietti in eunuchi per elevarne
il prezzo)? Allora Sklavinos che cosa voleva dire per i greci?
Secondo un’ipotesi (Sciakhmatov, fra gli altri) la parola originale è
Sklavinìa e Sklavinìa è un derivato
di una radice dove ci si riferiva ad un’organizzazione socio-politica di
alcune società slave del Centro Europa. Infatti sappiamo che i greci
si meravigliavano nel vedere che gli Slavi, ai quali furono cedute terre
per ripopolare le zone dell’Impero, si governassero attraverso assemblee
aperte a tutti i membri del villaggio e che ogni villaggio decideva per
sé come unità socioeconomica separata benché poi facesse
parte di una lega che aveva un pantheon e luoghi in comune per difesa e
per nascondiglio. Ammirarono, e dovettero anche subire, la trasformazione
dei latifondi quando gli Slavi nell’Impero frammentarono i fondi e li divisero
fra le famiglie dei villaggi che, in numero limitato, facevano sempre capo
ad un solo patriarca o capoclan (starez o ciur). Era forse
questa la Sklavinia? A questo punto bisogna pensare ad una
parola di partenza che suonasse più o meno come Slovenja
o Slavenja e allora ci si potrebbe riallacciare all’ipotesi di B.
A. Rybakov, sempreché la sequenza etimologica sia provata dai documenti
scritti. La presenza dell’affisso -SLAV nei nomi slavi di
solito è da riferirsi a SLOVO e quindi significa “che parla”
più che a slavà, gloria. Vladislav quindi sarebbe
“colui che sa parlare”, Svjatoslav “colui che parla chiaramente”,
Bratislav o Brjacislav “colui che parla compito”, Miroslav
“colui
che parla calmo”, Sudislav “colui che parla con giudizio”. Queste
interpretazioni sarebbero abbastanza normali come nomi di persona in quanto
comuni anche nel latino o nel greco o nel germanico. Ad esempio il greco
Eulogios
può corrispondere a Bratislav o Miroslav al latino
Pacificus o al germanico Friedrich etc. Se così
fosse, allora si avvalorerebbe di più l’ipotesi che Slav-
corrisponda a “colui che si capisce” opposto a Nemet “colui che
non si capisce”, ma allora come mai i Magiari, immigrati in una Pannonia
slava (i resti di questa regione rimangono oggi come “Slovacchia”), non
avevano un nome generale per gli Slavi che conquistarono e, addirittura,
presero il nome Német per i Germani confinanti e Olasz
per coloro che usavano parlate latine (ossia Valacco, comprendendo in questi
ancor oggi anche gli Italiani) dalla lingua slava, mentre la parola che
indica gli Slavi, Szláv, fu mutuata successivamente dal germanico?
E il germanico da chi l’ha ricevuta e come mai l’ha passata al greco o viceversa?
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