Computers | I nomi nel mondo slavo
scritto di: Aldo C. Marturano |
Mille e più anni fa il
nome indicava non solo l’individuo, ma veniva attribuito al neonato quale
contenuto di un auspicio da parte dei genitori per la sua vita futura.
Più o meno era ovunque in Europa allo stesso periodo, salvo quelle
genti già convertite al Cristianesimo o all’Islam o fra le famiglie
ebraiche.
Per quanto riguarda gli Slavi bisogna subito dire quella slava era una famiglia allargata e quindi comprendeva all’interno di sé tutte le generazioni ancora viventi nate da un capostipite comune il quale poteva addirittura essere ancora in vita. I membri della famiglia abitavano tutti insieme in una o più case vicine. Il capostipite, convenzionalmente chiamato sciur o ciur (nessun accostamento con assonanze di parole italiane!), dava il nome a tutti e la famiglia veniva chiamata quindi Figli di…Una o più famiglie formavano parte o tutto un villaggio o selò. Questo villaggio viveva del frutto della terra che coltivava e quindi cercava in tutti i modi allora conosciuti di non allargarsi mai troppo, altrimenti la coltivazione della terra posseduta non sarebbe bastata per tutti. Le femmine venivano già date in sposa all’esterno della cerchia famigliare e i maschi invece, quando potevano e come potevano, fondavano altre famiglie, migrando lontano. Vigeva tuttavia anche l’abbandono dei bambini o la vendita dei minori in soprannumero. Esisteva tutta una lista di nomi tradizionali di quella famiglia ai quali andavano aggiunti quei nomi che venivano usati in caso di alleanze con altre famiglie e, in tutti i casi, i nomi potevano essere cambiati anche in età adulta, specialmente le femmine. Di solito al nome veniva apposto un soprannome che scaturiva magari da qualche evento particolare o da qualche difetto fisico o dalla qualità intellettuale dell’individuo portatore il quale era conosciuto a volte più per quest’ultimo distintivo che per il nome ricevuto dai genitori. Da tutto ciò si può capire come, prima dell’introduzione del Cristianesimo, i nomi fossero abbastanza tipici. Di solito ai maschi si davano nomi che auguravano gloria in guerra o qualità fisiche eccezionali e simili, mentre alle donne si mettevano in evidenza altre qualità come la bellezza o la costanza o la pazienza. La società slava orientale con la nascita dei primi stati organizzati sotto una dinastia di non slava, ma scandinava (e successivamente anche lituana), adottò tutta una serie di regole per l’imposizione del nome personale (proprio) ai propri membri. Così nel primo stato russo di Kiev i principi variaghi (scandinavi) ricevettero nomi scandinavi finché la politica di avvicinamento e di assimilazione agli slavi non prevalse. Al principio fra i “nobili” russi i nomi erano: ROGHNEDA, OLGA, OLEG, IGOR, GLEB (o ULEB), ROGHVOLOD, RJURIK, ASKOLD, DIR etc. tutti ci chiaro suono scandinavo anche se letti secondo l’uso slavo. Ad esempio OLGA e OLEG corrispondono a Helga e Helghi o IGOR a Yngvar, ROGHNEDA a Ragnhild etc. Quando poi l’élite russa cominciò ad assimilarsi sempre di più a quella slava ecco comparire nomi come SVJATOSLAV, JAROPOLK, PREDSLAVA, DOBROGHNEVA, LJUDMILA, BOLESLAV e simili di cui l’interpretazione del significato talvolta è controversa. Ad esempio SVJATOSLAV significa Gloria del Mondo e DOBROGHNEVA Di buon carattere etc. I nomi femminili slavi poi sono facilmente riconoscibili perché finiscono in –A. Successivamente fu introdotto il Cristianesimo bizantino (988 d.C.) e cominciarono a circolare i nomi biblici o greco-romani e si instaurò l’uso di dare un nome slavo al bimbo appena nato e successivamente, quando il bimbo era sopravvissuto alla morte perinatale, battezzarlo con un nome cristiano. I principi russi quindi avranno d’ora in poi due nomi: uno tradizionale slavo (o scandinavo-slavo) e l’altro “cristiano”. Quest’ultimo, seguendo una vecchia tradizione bizantina, era dato in modo che la prima lettera fosse uguale alla prima del nome slavo. Ad esempio, Vladimiro che fu battezzato nel 988 prese il nome di Basilio perché in greco questo nome suonava VASILIOS (in russo VASILII) come VLADIMIR come suo figlio JAROSLAV battezzato col nome di Giorgio (in greco JORJOS - Gheorghios) che in russo suona JURII e così via. Una volta formatosi un patrimonio di nomi “regali” questi venivano ripetuti regolarmente immettendone raramente di nuovi, per cui anche per i nobili ne scaturì la necessità di introdurre un soprannome o nomignolo. Per questa ragione conosciamo qualche principe meglio col suo soprannome che col suo vero nome, anche perché talvolta nella stessa epoca si incontrano in un evento più principi con lo stesso nome. I soprannomi sono naturalmente i più impensati. Ad esempio: lo Zoppo (Hromez), il Gobbo (Gorbatyi), lo Strabico (Kosoi), l’Ardito (Udalyi) o addirittura l’Oscurato (ossia l’accecato: Tjomnyi) oppure Otto-pensieri (Osmomysl) o Grande-Nido (Bolscioe Gnezdò). Talvolta indicano la provenienza o perché in un certo luogo era accaduto un evento che aveva segnato la vita del portatore come Andrea detto BOGOLJUBSKII (dal villaggio dove questo principe costruì la sua reggia: Bogoljubovo) o Giovanni detto BERLADNIK (dalla città di Berlad in Moldavia dove questo principe aveva vissuto certe avventure) o Alessandro detto NEVSKII (ossia del fiume Nevà dove costui aveva vinto una famosa battaglia). I nobili inferiori o bojari invece avevano il diritto di portare un nome slavo o cristiano, ma sempre accompagnato dal come del padre che non era obbligatorio per i principi, dato che questi erano tutti parenti. Ad esempio quest’uso era comunissimo a Novgorod dove i bojari erano la classe dominante. Le persone di classe inferiore invece avevano nomi da soli o accompagnati da un soprannome che solitamente indicava un’impresa o un mestiere od altro, ma non avevano il diritto di nominare il nome del proprio padre. Le persone senza nome erano invece gli schiavi o i debitori insolventi. Per gli uomini di chiesa, salvo i gradini più bassi come i preti o i diaconi, una volta entrati nella gerarchia ecclesiastica di solito lasciavano i nomi laici e prendevano quelli nuovi del loro rango ai quali talvolta si aggiungeva un soprannome dato dalla gente o che semplicemente indicava il convento nel quale l’ecclesiastico lavorava. Ad esempio il ven. Sergio era priore del convento vicino a Mosca e proveniva da un piccolo eremo in zona Radonezh e quindi era chiamato Sergio di Radonezh e così di seguito. Un altro uso slavo era quello di non riportare il nome del defunto sulla tomba e i sarcofaghi dei principi che venivano posti all’interno delle chiese da loro costruite di solito non hanno nessun nome sulla pietra ed è difficile sapere se le spoglie tradizionalmente a attribuite a certi principi o principesse siano davvero i resti del personaggio indicato, né era in uso far sapere il proprio nome agli estranei perché si temeva che poi si potesse subire qualche sortilegio e la prima domanda che un signore faceva al suo sottoposto di rango inferiore, non era: Come ti chiami? ma: Da dove vieni? perché si sapeva che l’eventuale risposta alla prima domanda poteva non essere la verità. La donna, come ancora oggi nella maggior parte delle nostre società occidentali, prendeva il nome del marito e cioè veniva chiamata Moglie di… e talvolta anche quello di partenza! Ecco un elenco di nomi slavi maschili del tempo passato:
Una curiosità è che il nome Nicola (in russo Mìkula o Nikolai) era molto popolare, ma considerato nome plebeo e per questa ragione non fu mai dato fra i maschi della dinastia rjurikide e solo quando questa si estinse al tempo di Giovanni il Terribile e lo scettro passò ai bojari-mercanti Romanov comparve fra i sovrani russi! |
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