Studiai giorno e notte e nell’agosto del 1945 mi laureai in medicina e chirurgia con l’aiuto del professor Parvis, che mi preparò una tesi sugli antibiotici ed accettava, senza alcuna critica, il mio passato di guerriero. Purtroppo zio Wienfrid aveva un cancro al fegato e feci il possibile per salvarlo. L’ultima notte chiesi ad Angelo Degasperis di aprirlo per cercare di bloccare le continue emorragia ma morì mentre stavamo operandolo. Mia madre volle per lui una tomba al Monumentale di Milano, città che amava molto e gli aveva permesso di lavorare e di vivere con la donna che aveva sempre amato. Gli piaceva parlare il dialetto milanese ed ostentava questa sua capacità. Non mi amava, ma con me fu sempre generoso, mi aiutò molto quando studiavo il greco antico, che suo padre insegnava in un liceo austriaco. Suonava molto bene il violino e mi insegnò a comprendere la musica sinfonica. Tutte le domeniche pomeriggio nel nostro salone, lui suonava il violino, suo fratello l’accompagnava al pianoforte e un amico, noto professore universitario, lo accompagnava con il violoncello. Volle che anch’io studiassi musica e, prima che scoppiasse la guerra, riuscivo ad accompagnarlo in pezzi facili. Quando morì piansi molto, come se fossi stato suo figlio. Ho sempre sottomano il suo testamento e l’ultima volta che mi fermai in Pusteria cercai il parroco del suo paese per lasciargli una somma perché nel testamento aveva chiesto una messa all’anno per la sua anima. Volle anche che il suo violino fosse consegnato al più giovane e più bisognoso allievo del Conservatorio di Milano. Quando nel 1945 finì la guerra, nei nostri ospedali non c’era alcun servizio che funzionasse in modo decente , mentre i vincitori avevano fatto passi da giganti in tutti i campi della medicina e della chirurgia, specie negli Stati Uniti ed in Svezia, per cui, chi aveva i mezzi, programmò un viaggio tipo “anno sabbatico “ in questi paesi. Dopo aver esaminato le nuove tecniche, sorse il problema delle nuove apparecchiature.
Superai tutte le difficoltà ed iniziai a lavorare nella Clinica Medica dell’Università di Firenze -Careggi, occupandomi di militari alleati affetti da Brucellosi o morbo di Bang. Dopo un mese ero ammalato di Brucellosi e dato che non esisteva ancora un antibiotico valido per la Brucella Melitensis, mi trasferirono all’ospedale di Cortina d’Ampezzo dove rimasi circa 10 mesi. Una volta guarito fui assunto dall’ospedale Maggiore di Milano come assistente chirurgo. Avendo ancora più di un mese di ferie chiesi al mio primario di poter andare a visitare qualche ospedale, uno a Parigi e un paio in USA. Mentre in Italia nessuno aveva sentito parlare di emodialisi e di lavaggio peritoneale, nel centro di Cleveland il prof. Kolf aveva già una notevole esperienza nel curare i malati di grave insufficienza renale. Riporto la letteratura americana di questo argomento che dimostra come in America alcuni studiosi si erano già occupati da molti anni, anche molto prima della seconda guerra mondiale, di questo grave problema. Ritornato dal mio giro in Francia ed in USA parlai con il mio primario Franco Nereo Rossi, proponendogli di interessarci di questo problema. Voglio ora raccontarvi molto schematicamente come si è sviluppato quello che definisco illuminismo medico e culturale che ha coinvolto la maggior parte delle cliniche universitarie italiane tra il 1950 e il 1980 quando, finita la guerra, hanno ripreso il loro ruolo fondamentale. Avevo conosciuto un medico tedesco che lavorava come primario chirurgo all’Ospedale di Nairobi. Quando gli dissi che speravo di potermi dedicare alla chirurgia, mi fece questo discorso: Vuoi fare il chirurgo ? Non sarai mai contento perché il mondo è già pieno di chirurghi.. Fai l’urologo, perché di urologi ce ne sono pochi, ed avrai sempre una lunga lista d’attesa, per cui farai sempre una vita da chirurgo. Il mio amico aveva ragione. Mi specializzai con una tesi basata su di un argomento per noi a quei tempi nuovo, descritto in un libro dal medico olandese W.J. Kolff “ New ways of treating uraemia.” Questo dottor Kolff aveva affrontato il problema già nel 1944, costruendo un apparecchio ideato da lui, con il quale aveva trattato, con buoni risultati vari pazienti. Come risulta da una bibliografia che allego, il problema era già stato studiato dal dottor Haas G. già nel 1935. Comunque nel 1944 il dottor Kolff aveva già fatto costruire in serie questo dializzatore e si era interessato anche dialisi peritoneale, sempre nell’Ospedale Municipale Engelegelenbergstichting di Kampen. Alla fine della guerra si trasferì in un grande Istituto di Cleveland nell’OHIO, dove sono andato varie volte a trovarlo. L’ultima volta mi diede un suo grande ritratto con scritto: Buona fortuna al dottor E. Milost.
|